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Channel: Storie di pascolo vagante
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Perchè le capre?

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Ci hai sempre parlato di pecore e poi ti sei presa delle capre…“. Esatto, è andata proprio così. Visto che me l’avete già chiesto più volte, adesso vi spiego come mai. Così do anche dei suggerimenti a chi, ogni tanto, mi scrive chiedendo dei consigli: “Ho un pezzo di terra, ho un giardino, ho un bosco… vorrei prendere degli animali.

Prendere degli animali non è mai un qualcosa da fare alla leggera. Vale per gli animali da compagnia più classici, cani e gatti, a maggior ragione vale per altri animali come gli erbivori che, oltre alle esigenze alimentari, presentano vincoli legati alle normative che regolano gli allevamenti. Per quanto il numero di capi sia esiguo, capre e pecore vengono comunque venduti con marche auricolari che li identificano, pertanto chi li acquista deve avere un codice di stalla (e una stalla! autorizzata dall’asl). Una volta che si è in regola con le strutture e la burocrazia, allora si può procedere alla scelta.

Io… ho preso delle capre. Ho preso delle capre per vari motivi. Innanzitutto il tipo di territorio dove posso tenerle. Le capre hanno esigenze alimentari diverse dalle pecore. Le capre mangiano volentieri le foglie, quindi in una zona dove i boschi sono prevalenti rispetto ai prati, è possibile alimentarle al meglio. Una pecora qui non riuscirebbe a mangiare a sufficienza.

Nei boschi, in questa stagione, le capre mangiano anche castagne e ghiande (l’autunno quest’anno è stato abbondante di questi frutti), che rappresentano per loro una fonte energetica più che mai soddisfacente per nutrirle anche quando manca il foraggio (erba). Non bisogna esagerare, ma… a differenza delle pecore, le capre hanno minore tendenza a far indigestione, sanno regolarsi e passare quando è necessario ad altri alimenti.

Oppure si fermano a ruminare e riposare, per poi riprendere il pascolo nel prato quando lo riterranno opportuno. A parte l’annata straordinaria (quante volte c’è stato questo clima nel mese di dicembre?), normalmente da queste parti, a questa stagione, delle pecore difficilmente si sazierebbero al pascolo. Sarebbe necessario intervenire abbondantemente con foraggio secco in stalla, se non si ha la possibilità di portarle in prati dove vi sia erba.

Il cane da pastore ce l’ho, ma con quattro capre potrei definirlo superfluo (non diteglielo! è indispensabile per me come compagnia!! Ma dal punto di vista “lavorativo”, posso affermare che “giochiamo” entrambi, fare i pastori è un’altra cosa). Sono comunque molto più semplici da condurre e gestire quattro capre che non quattro pecore. Avessi acquistato degli ovini, ho seri dubbi che, a pochi giorni dall’acquisto, questi mi avrebbero seguita al pascolo senza problemi.

In questo mese e mezzo mi è già capitato di essere al pascolo con un cane e due gatti come aiutanti, trovandomi a vivere scenette di una certa comicità. Certo, si possono anche prendere degli animali con una finalità “paesaggistica”, cioè come manutentori del territorio, ma il vero spirito della pastorizia sta nella passione. Così come cani e gatti, sono animali (non dimentichiamolo! non hanno le esigenze di un umano o di un cucciolo d’uomo!!), ma è possibile instaurare con loro un rapporto affettivo.

Certo, possiamo prendere questi animali, “metterli lì”, alimentarli e non sviluppare alcun sentimento nei loro confronti. Penso però ciò sia estremamente difficile. Sono loro stessi a cercare il contatto con l’uomo. Se poi si sta al pascolo, si impara a conoscerli uno ad uno, il loro carattere, le loro particolarità. Sicuramente le capre in questo possono dare molto più che non le pecore. Le mie non sembrano amare particolarmente lo stare nelle reti. Certo, mangiano, ma… molto meglio andare al pascolo in mia compagnia! Le definirei molto viziate…

La più piccola, Bisou, è stata battezzata grazie ad un bacetto che m ha dato la prima sera dopo il suo arrivo. Ha capito che, in virtù del suo essere piccolina, le dedicavo qualche attenzione supplementare, quindi ha imparato a rientrare in stalla mentre le altre escono, quando preparo la mangiatoia e metto un po’ di pane secco e fioccato, la sera. Così mangia qualche pezzetto in più prima delle compagne (altri vizi!). Sono animali, ma sono furbi!

E così, giorno dopo giorno, in questo strano autunno che sta scivolando verso l’inverno senza pioggia, senza neve e con temperature troppo alte, si va al pascolo, facendo attenzione quando si è sotto alle piante di ulivo (il clima cambia e così da queste parti, dove un tempo predominavano i meli, adesso hanno piantato ulivi…).

Chissà se si andrà avanti a pascolare fuori o se arriverà la neve? Le scorte di fieno ci sono… Sono aspetti da non trascurare quando si decide di tenere degli animali. Molti pensano di avere una riserva di pascolo infinita solo avendo un grosso giardino. Ma gli animali mangiano… e le capre sono esigenti, non brucano tutto quello che ad un occhio non esperto può sembrare “erba verde”.

Quindi ho preso le capre per il posto dove le tengo, le ho prese per il loro carattere… Perchè è bello il gregge bianco di pecore, ma come ho sempre detto, le capre hanno più carattere, nel bene e nel male. Queste ogni tanto mi deliziano con le loro battaglie e i loro giochi. Dove sono quelli che pensano che le “battaglie” siano un’imposizione dell’uomo?

Guardate questo video. Io ero solo una spettatrice, insieme al mio cane che mugola la sua disapprovazione in sottofondo… Perchè le ho prese? Perchè mi piacciono…!!



Qualche lamentela anche con il bel tempo

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Il titolo è volutamente ironico. Si sa che i pastori si lamentano sempre, ma si potrebbe pensare che quest’autunno asciutto non possa dare loro motivi per protestare e brontolare.

Sono andata ad accompagnare il gregge di amici che stavano venendo verso il mio paese. Gli altri anni non pascolavano da queste parti, ma è stata offerta loro dell’erba e allora… Apparentemente non dovrebbero esserci problemi di pascolo, quest’anno, ma il bel tempo sta favorendo non solo i pastori.

Mentre il gregge finisce di pascolare prima della partenza, il pastore mi racconta di essere in “anticipo sui tempi”. Lo scorso anno mangiava quei prati quasi un mese dopo, nonostante la pioggia e il maltempo che avevano caratterizzato l’autunno. Quest’anno, grazie al terreno asciutto, ci sono ancora allevatori di bovini che tagliano erba e la portano in stalla, invece di venderla ai pastori. Ci sono ancora mandrie al pascolo all’aperto (altro che Santa Caterina!). Ci sono contadini che si affrettano ad arare le stoppie e spargere il letame (non si sa mai che poi venga a piovere o nevicare e non si possa più entrare nei campi con i trattori).

Terminato di pascolare quel prato, il gregge si mette in cammino. Al pastore sono state offerte parecchie “giornate” d’erba (la giornata piemontese è una misura delle superfici agrarie), vale la pena andare in questa nuova zona di pascolo. Poi magari, una volta sul posto, si troveranno anche altri prati da pascolare, parlando con i contadini.

E’ un percorso già collaudato, ora si sfruttano le strade, ora la viabilità secondaria, in alcuni punti si può tagliare attraverso prati tagliati o stoppie. Come sempre splende il sole e, almeno durante la giornata, non fa troppo freddo.

Le giornate sono corte, i pomeriggi durano poco, i raggi si fanno presto obliqui e le ombre lunghe. Il cammino prosegue sulla ciclostrada, il gregge avanza veloce, le pecore paiono insaziabili, anche se hanno pascolato fino a poco tempo prima.

Si incrocia la strada in una zona di fabbriche e centri commerciali, è inevitabile che qualche auto debba attendere pochi minuti, poi il gregge sparisce di nuovo lontano dagli sguardi. Questa comunque è una zona dove di pecore ne girano parecchie, non è del tutto inconsueto incrociare un pastore vagante mentre si sposta seguendo questo itinerario.

Si approfitta di una stoppia per fare una pausa e per lasciare che gli animali mangino un po’. Il pastore valuta se riuscirà ad avere erba a sufficienza o se dovrà spostarsi ancora dal prato dove pensa di arrivare. Mentre gli animali mangiano, il tempo passa…

Si riparte e si percorre un altro tratto di ciclostrada, mentre il sole si avvia sempre più verso le montagne e il tramonto. L’aria si fa più fredda, qui in pianura ed in aperta campagna, più ancora che a ridosso delle montagne.

Si incontra un’altra stoppia e questa tappa fa sì che il successivo potrà essere l’ultimo spostamento. La moglie del pastore porta avanti l’auto e il trailer su cui sono caricati gli agnelli, va a tirare le reti dove si arriverà e dove il gregge verrà fatto dormire. Intanto gli animali continuano a brucare.

La pista viene invasa ancora una volta per raggiungere la meta finale, per gli animali ci sarà ancora un prato di erba verde da brucare, quella sera. Con il sole, senza fango, sembrerebbe proprio che i pastori non debbano lamentarsi, quest’anno!

E così, una volta arrivati, c’è solo più da consegnare gli agnelli alle mamme. Subito il gregge viene lasciato pascolare in tutto il prato, poi le reti verranno tirate per il recinto notturno. Il giorno successivo ci si rimetterà in cammino per raggiungere il comune confinante, dove si spera di pascolare per qualche settimana.


Arriva un gregge nel mio paese

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Continuiamo il viaggio con il gregge di Fabrizio e Sara… Dopo un veloce pascolo al mattino, nelle ore centrali della giornata, viene di nuovo il momento riprendere il cammino.

Incrocio il gregge che si è già rimesso in marcia. Continua ad esserci il sole e fa caldo, si può addirittura stare in camicia. Le pecore incalzano, hanno fretta, avanzano sicure ed impetuose anche se non conoscono la strada, è la prima volta che questo pastore viene a pascolare da queste parti.

Solitamente qui, con altre greggi, avevamo attraversato perpendicolarmente due volte la strada trafficata: in questo tratto non si può seguire la ciclostrada, stretta e parallela all’asfalto, poichè troppo pericolosa. Le pecore che dovessero uscire dalla pista, finirebbero subito contromano sulla strada, quindi sarebbe rischioso. Fabrizio preferisce però avanzare con tutto il gregge bloccando per qualche minuto la strada.

A quest’ora non c’è molto traffico, ma si forma lo stesso un po’ di coda. E’ questione forse di cinque minuti, forse anche meno, tempo che tutti gli animali percorrano quelle poche centinaia di metri. “Le macchine si fermano ed è meno rischioso che attraversare due volte.

Il traffico riprende a scorrere e il gregge fa una breve tappa in una stoppia. Le pecore sembrano proprio non volersi fermare, camminano in avanti pestando l’erba, fin quando il pastore non manderà il cane per bloccarne l’avanzata. Pochi minuti, poi si ripartirà verso la destinazione.

Si percorre quella che oggi è conosciuta come ciclostrada, ma che altrimenti è sempre stata una viabilità secondaria per i mezzi agricoli, di accesso ai vari campi e prati che ci sono in questa zona. A questo gregge non è consentito fermarsi da queste parti, saranno altri i pastori che porteranno i loro animali a mangiare molti dei prati accanto ai quali si sta transitando.

La fila si allunga, bisogna andare veloce, rallentare faciliterebbe lo sconfinamento degli animali nei prati circostanti. Per fortuna, con la terra asciutta, anche se qualcuno esce dalla pista, non arreca danni. E’ comunque così strano vedere così tanto verde a questa stagione!

Finalmente capisco qual è la destinazione finale. Fabrizio mi aveva parlato di una chiesa, ma, non essendo lui pratico della zona, non sapeva dirmi il nome. Siamo nella pianura del mio paese, fino a qualche anno fa non era così comune veder pecore da queste parti, c’era giusto un gregge che girava, un paio d’altri passavano soltanto, diretti altrove. Ora invece sembra che vi siano pecore ovunque, nei diversi periodi dell’anno!

Il gregge si getta di corsa a pascolare nell’incolto, intanto arriva il padrone dei prati per far vedere al pastore i vari pezzi che dovrà far mangiare da quelle parti. Successivamente, sempre dello stesso proprietario, ci saranno altri prati un po’ oltre. Poi chissà… magari mentre si è in zona si trova qualcun altro disposto a lasciare che le pecore pascolino l’erba…


Furto di pecore: segnalazione da un pastore

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Ricevo dal pastore Giacomo Carminati:

RICOMPENSA!!! ATTENZIONE!!!!! AIUTATEMI!!!!
Pecore rubate!

Nella notte tra il 17 e il 18 dicembre a Sospiro provincia di Cremona …. Parte del mio gregge e stato rubato sono circa 200 esemplari di cui 170 di pecora bergamasca e 30 di capra meticcia. Oltre al bestiame maltrattato privato della prole, ai piccoli senza una mamma, abbiamo un uomo che ha dato la vita per questo lavoro e per i suoi animali …stiamo provvedendo con le allattatrici, ma capite bene che per animali nati e cresciuti all’aperto non è facile adeguarsi …

Se potete datemi una mano sono disposto a consegnarvi una cospicua ricompensa… Il bestiame è intestato a Carminati Gian Michele e presenza all’orecchio sx un marchio aziendale storico costituito da una C (una mezza luna). Giacomo 3459463026.


Riflessione di fine anno

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Ieri sera, su facebook, mi sono imbattuta in una riflessione di un allevatore. Sono parole scritte con il cuore e mi sembrava bello condividerle con tutti voi.

(foto archivio Solero – Valle Orco)

QUANDO LE AUTOMOBILI COSTAVANO COME LE MUCCHE

Era il settembre del 1966/67 quando mio nonno Livio si apprestava a portare una mucca alla famosa fiera di Valpelline. Di prima mattina senza aver bisogno di compilare il modello 4 (modello che attualmente bisogna compilare per ogni spostamento bovino) e senza prendere il passaporto della mucca, che allora non c’era, prelevammo l’ animale dalla piccola stalla buia con il pavimento in assi di larice, situata in frazione Lavod e ci incamminammo verso Valpelline. La mucca era una maestosa pezzata bianca e nera con la stella in fronte, come non ne esistono più. Le corna lunghe e robuste e gli occhi infossati e neri.
Arrivati al prato della fiera mio nonno fu assalito da numerosi compratori interessati all’animale. Alla richiesta del prezzo della mucca mio nonno rispondeva “
500 mila lire, come una Fiat 500“. A quel tempo l’automobile Fiat 500 aveva quel prezzo.
Da quella fiera di tempo ne è passato parecchio e le stalle non sono più piccole e buie e con il pavimento in legno; adesso sono grandi e illuminate da luci, rigorosamente a norma, e con il pavimento in cemento. Tutto questo per il benessere animale, naturalmente! (Sembra che per gli esperti gli animali riposino meglio sul cemento che sul legno).
Abbiamo creato associazioni di esperti di razza, di genetica, di sanità e di benessere animale che esprimono un’ infinità di pareri e buoni consigli perché tutto funzioni al “meglio” nei nostri allevamenti e per far si che animali e allevatori raggiungano finalmente un tenore di vita consono.
Da tutto questo gli allevatori ne hanno tratto un “enorme beneficio”, infatti le mucche hanno raddoppiato il valore che da quelle famose 500 mila lire della fiera del 66 con l’ avvento dell’ Euro sono passate a 500 euro… e le automobili…? Oggi in comune hanno solo più la targa, applicata ai vitellini alla nascita bucandogli entrambe le orecchie.
A buon intenditor…

Questa storiella, peraltro vera, vuole solo ricordare a tutti i politici che quando legiferano in materia di agricoltura usino il buon senso e che chi è preposto ad applicare la legge pure.

Buon Natale a tutti, allevatori e non! (Ubaldo Petitjacques)

Mi unisco nel fare a tutti voi, allevatori e non, gli auguri di buone feste, nonostante molti siano alle prese con le stesse riflessioni di Ubaldo e problemi di vario tipo. Conserviamo un minimo di speranza per il futuro…


Filmare le protagoniste della pastorizia

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Il mondo virtuale fa sì che ci si incontri più facilmente. Così succede che ci si conosca da una parte all’altra dell’Italia, quando si è legati da qualcosa in comune. Mi ha contattata Anna Kauber, architetto del paesaggio e film-maker, così viene definita negli articoli in rete. Già autrice di documentari sull’agricoltura, in particolare riguardanti le donne e l’agricoltura, attualmente è alle prese con un nuovo progetto che riguarda sempre le donne… ma che si occupano di allevamento, di pastorizia nello specifico: capre e pecore.

Dopo essere venuta da me a sentir raccontare la mia storia di… narratrice della pastorizia, con Anna ci siamo messe sulle tracce del pascolo vagante. Ovviamente donne e pascolo vagante! Così gira e gira per le colline, con un po’ di nebbia a ricordare che l’autunno era alla fine e l’inverno alle porte. Anna mi aveva chiesto com’erano stati i miei incontri con i pastori: quel giorno l’avrebbe forse iniziato a capire anche lei, pur con una facilitazione iniziale nell’avere la sottoscritta a far sia da navigatore, sia da intermediario! Le indicazioni che avevamo avuto comunque erano abbastanza precise poi, vista la pista delle pecore sull’asfalto… eccoci arrivate al gregge.

Lì abbiamo incontrato quella che sarebbe stata la protagonista della giornata, cioè Maria Pia, la mia amica pastora. Quest’anno lavora come aiutante, ha unito i suoi animali al gregge ed è nel Monferrato. Già in passato mi aveva detto quanto le mancassero le pecore e la vita del pascolo vagante, in quegli inverni in cui invece era rimasta a casa con le sue capre e le poche pecore. Inoltre, dove sta lei, tanto quanto è un posto da capre, ma d’inverno le pecore vanno tenute in stalla a fieno. Un costo e… non il massimo per animali abituati a stare sempre all’aperto a mangiare erba.

Per la prima volta ho anche visto il “nuovo acquisto” di Maria Pia. le due vitelle di razza Galloway, Edith e Liu, che seguono il gregge e… ricevono qualche vizio in più, come l’opportunità di uscire al pascolo ancor prima che le pecore vengano aperte dal recinto. “Mi piaceva quella razza, l’avevo sempre solo vista in foto, poi le ho prese e le ho allevate con il latte di capra“.

Avevo già spiegato ad Anna cosa fosse il pascolo vagante. Prima i pastori mangiano pranzo, verso le 10:30-11:00, poi aprono il recinto e partono con il gregge. Scene a cui ovviamente ormai sono abituata, ma che entusiasmano chi le vede per la prima volta. Intanto la nebbia si è alzata e il sole è tiepido.

Ho passato numerosi inverni seguendo il gregge in queste zone, anche mentre guidavo riconoscevo i posti, le strade dove avevo camminato insieme con le pecore o lungo le quali avevo spostato fuoristrada e rimorchio. Ricordo i giorni in cui si temeva la neve, quando l’erba era scarsa, ma quest’anno la situazione è totalmente diversa.

C’è erba ovunque, è tutto così verde, prati, stoppie e pioppeti sono tutti pascoli disponibili. Anche le temperature sono elevate, niente a che vedere con il freddo patito da queste parti in certe giornate d’inverno! I pastori fanno fermare il gregge in questo appezzamento, poi lentamente lo chiamano per spostarsi.

C’è da passare su di un ponte abbastanza stretto e bisogna fare attenzione, con un numero di animali così elevato. L’autunno comunque è stato ottimo. Da queste parti c’è quella terra che, con la più lieve parvenza di umidità, si incolla alle scarpe, alle ruote, alle unghie delle pecore, rendendo impossibile entrare in certi prati quando piove o dopo che ha piovuto. Per non parlare poi di cosa accade quando il gregge esce dal prato su di una strada asfaltata, come in questo caso.

La giornata per fortuna è abbastanza tranquilla, quindi Maria Pia riesce a rispondere alle domande di Anna. Non sto lì ad ascoltare, lascio che chiacchierino loro, ma sarà molto interessante, alla fine, vedere cosa verrà fuori da interviste realizzate in tutta Italia. Se Anna saprà guadagnare la loro fiducia e se le donne avranno voglia di aprirsi, di raccontare davvero, sicuramente usciranno dei gran ritratti di vita, lavoro, passione.

Dal pioppeto, il gregge viene fatto spostare verso un prato adiacente. Siamo in collina, le pecore si spargono a far boccate di erba. Qui gli appezzamenti sono grossi, in grado di ospitare greggi con un alto numero di animali, come in questo caso. Le pecore abbassano la testa e mangiano tutta l’abbondanza che queste strane stagioni stanno offrendo loro.

Come ti sembrano le pecore?“, mi chiede il pastore. E’ una domanda quasi inutile. Già in questo gregge si sa che gli animali sono belli e ben tenuti. Con tutta l’erba di quest’anno ovviamente sono in ottima forma. Le immagini parlano da sole. “Fino ad adesso nessuno ci ha mandato via da nessun prato…“. Un autunno di quelli da farci la firma, tutt’altra cosa rispetto allo scorso anno in cui non si poteva nemmeno pensare di entrare in un prato intriso di acqua, con quella terra fangosa che c’è da queste parti.

Il prato accanto è invaso da infestanti della famiglia dei cavoli e delle rape, grosse foglie che gli animali mangiano sì avidamente, ma che possono anche essere pericolose, dal momento che fanno gonfiare e potrebbero addirittura provocare indigestioni letali. Così il pastore lascia che gli animali bruchino solo per un certo tempo, poi li fa tornare indietro dove hanno mangiato prima.

Anna ci raggiunge, credo che ormai abbia avuto la risposta al “come ti accoglievano i pastori”. Si chiacchiera, si ride e si scherza al suon di battute. “Posso fermarmi con voi fino a questa sera?“. Il pascolo vagante, per capirlo, bisogna viverlo… Così la saluto e mi avvio verso casa, mentre lei proseguirà la sua esperienza e la sua raccolta di testimonianze fatta di immagini e di parole.

Il gregge è sparso in tutto il prato. Di lì avanzeranno ancora, a pascolare altri pezzi. Chissà se sarà anche un inverno felice per i pastori vaganti, dopo un autunno davvero facile? Ogni giorno che passa, la neve fa poi meno paura, perchè le temperature comunque non sono basse e di erba ce n’è. Non è come quegli anni in cui c’è già poco foraggio e una nevicata può subito costringere a fermare le pecore.


Racconto di Natale

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Gli allevatori lavorano anche il giorno di Natale. Non sono gli unici. Sono in tanti a donare il loro tempo e le loro forze per altri anche quando la maggior parte della gente fa festa. Quando si ha a che fare con gli animali, questi vanno nutriti, accuditi. Qualcuno avrà persino passato la notte di Natale in stalla: c’è la luna piena, è facile che vi siano stati dei parti. Chissà, nasceranno agnelli, capretti, vitelli a cui facilmente verrà dato il nome di Natalina o Natalino.Volevo raccontarvi una favola di Natale, una di quelle favole che però fanno anche riflettere. Ha il lieto fine? Lo scoprirete leggendo. (NB: le foto non fanno riferimento a luoghi o animali protagonisti di questo racconto. Non è importante dove è successo, può anche darsi che sia accaduta la stessa cosa in vallate differenti, sempre in questi giorni).

Era un’annata strana, quella, lassù nella valle. I comignoli fumavano nell’inverso, dove il sole comunque tramontava prima, ma non c’era neve fin su sulle punte. Non sembrava proprio che stesse arrivando il Natale. Si sentivano ancora le campanelle degli animali al pascolo, addirittura. Si finiva l’erba con le manze, le pecore in asciutta, le capre. C’era chi rastrellava ancora foglie, chi spargeva il letame sui prati. Prima o poi la neve sarebbe arrivata? Non si stava male, così, ma non era nemmeno normale.

Le capre brucavano golose qualche ciuffo di erba, ma poi correvano su per i boschi, dove trovavano ghiande, castagne. E’ nella loro indole, è naturale che sia così. Non si può metterle nelle reti, tanto vale chiuderle in stalla a fieno, a questa stagione. Ma sarebbe davvero un peccato, con tutto quello che possono ancora pascolare all’aperto. Stanno anche meglio fisicamente! Solo che quel giorno capitò quel che a volte succede. Di chi è stata la colpa? Dopo, tutti si rinfacciavano qualcosa a vicenda: se le avessi lasciate in stalla, se tu non fossi stato a spargere letame, se tu avessi sentito le campane quando prendevano via. Alla fine però la sintesi di tutto era: se non ci fossero i lupi sempre pronti ad attaccare, come sono tornate alcune, sarebbero tornate tutte!

Quella sera infatti il gregge non rientrò. L’indomani si andò a cercarle e se ne trovò una parte, ma altre mancavano. Erano andate in alto, perché non c’è neve, perché c’è da mangiare, perché qualcosa le aveva spaventate. Infatti si faticava a farle scendere, arrivavano nel bosco e si bloccavano, adesso avvertivano il pericolo che prima avevano ignorato. I cacciatori la domenica videro due lupi che ne stavano divorando una, li videro con i loro occhi, li spaventarono, li misero in fuga e avvisarono i pastori. La ricerca continuava: in un altro vallone, quasi contemporaneamente, venne avvistato un lupo solitario. Sali, scendi nei valloni, cerca. Continua a maledirti per averle lasciate fuori, ma maledici anche i predatori, chi continua a dire “sono solo cani”. Li senti anche ululare, li senti che si chiamano da un versante all’altro, li senti tu che sei lì, non quelli scettici, che a quell’ora sono già in casa con la stufa o il riscaldamento acceso. Una capra vecchia torna da sola, arriva alla stalla, spaventata. Un passo dopo l’altro, per caso si trova la campana, insanguinata, di un’altra delle capre mancanti. Due non rientrano, così dopo oltre una settimana si perde la speranza. Il giorno di Natale è quindi offuscato da ciò che è successo.

Qual è la morale della favola? Che non puoi più permetterti di sbagliare. Nelle “favole vere”, le capre parlano con il lupo, nella realtà concreta, è il pastore a fare infiniti dialoghi mentali mentre arranca alla ricerca dei suoi animali: li maledice, chiede loro perché non sono rimasti lì vicino alla stalla, perché sono andati lassù. La colpa non è del lupo, certo… Ma nelle favole, il pastore può difendere le sue caprette. Nella realtà invece gli vengono ancora a chiedere se è poi ben sicuro che fossero lupi e non cani… Quella forse è la cosa che più lo fa imbestialire.

E così il giorno di Natale ha un retrogusto amaro di sfiducia. Si pensa ad altri colleghi che, stufi, hanno fatto che vendere gli animali. Ci si chiede se anche per i propri non ci saranno altre soluzioni, perché non si possono obbligare le capre a far le pecore, perché è impossibile gestirle diversamente, perché anche d’estate in montagna sono costantemente in pericolo e… e adesso i lupi praticamente sono davanti alla porta della stalla in fondovalle.

Questa è la favola del Natale 2015. Mi spiace se non è stata di vostro gradimento. Nemmeno a coloro che hanno avuto attacchi in questi giorni la cosa ha fatto piacere. E di lupi ormai ce ne sono tanti… come avvisa questa scritta sgrammaticata, ma veritiera per chi fa l’allevatore.


Analisi del 2015

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La piattaforma di wordpress, alla quale mi appoggio per pubblicare questo blog, ha preparato un riassunto del 2015… Prometto di tornare con articoli e foto nell’anno nuovo. Saluti e auguri a tutti!

Ecco un estratto:

Il Museo del Louvre riceve 8,5 milioni di visitatori ogni anno. Questo blog è stato visto circa 270.000 volte nel 2015. Se fosse un’esposizione al Louvre, ci vorrebbero circa 12 giorni perché lo vedessero altrettante persone.

Clicca qui per vedere il rapporto completo.



Un piccolo spostamento in pianura

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Rieccomi ad aggiornare il blog, anche con l’anno nuovo. E’ ancora presto per svelarvi alcune novità del 2016. Sto revisionando la prima stesura di un nuovo libro che dovrebbe uscire a distribuzione nazionale per la casa editrice Laterza, che prende spunto proprio da questo blog. Poi ho un’idea per un nuovo libro… ma è un’idea fresca fresca e per ora non ve la svelo. Quindi per adesso ecco qualche immagini di pascolo vagante dei giorni scorsi.

Il 2016 ha portato la prima perturbazione dopo infinite settimane di bel tempo. Quel giorno però c’era ancora il sole, quando il Pastore mi ha chiesto se potevo andare a dargli una mano per un piccolo spostamento tra prati, strade, stoppie e terreni arati in pianura. Verso la città la cappa di smog era chiaramente evidente, all’inquinamento si aggiungeva il fumo di alcuni incendi che stavano divorando boschi, cespugli e pascoli qua e là nelle valli.

Dopo alcune chiacchiere sulla situazione generale del gregge, sui pascoli, sul tempo, ci si mette in cammino. La meta non è lontana, il Pastore mi indica all’orizzonte l’auto che ha già portato a destinazione, andando a posizionare le reti per delimitare il pezzo che le pecore pascoleranno. Ogni tanto affronta anche da solo spostamenti più brevi, ma qui c’è comunque da camminare per un tratto sulla strada asfaltata. E’ vero che il traffico è scarso… però poteva anche tornare la nebbia, come nei giorni precedenti.

Invece c’è il sole, arriva poi un’auto alle mie spalle quando ormai mezzo gregge ha già svoltato nella stoppia di mais. Comunque ci sono anche degli agnelli piccoli che camminano già dietro le pecore, ma possono comunque attardarsi e, spaventati, correre nella direzione opposta a quella del gregge.

E’ proprio quello che accade con un paio di loro quando, svoltando ancora, parte delle pecore non seguono la pista dei trattori, ma attraversano il campo arato in diagonale, per ricongiungersi con le compagne. Le pecore non hanno problemi, ma gli agnellini si trovano in difficoltà tra le grosse zolle e la terra soffice. Tre di loro, come spesso succede, fanno comunella e… invece di andare avanti, tornano indietro. Per qualche motivo inspiegabile, tanto era difficile avanzare, quanto è semplice correre nella direzione opposta. Per fortuna riesco a prenderne uno, gli altri si fermano e una delle mamme viene in mio soccorso, belando. Alla fine tutti riprendono ad avanzare seguendo il gregge.

Poco dopo si arriva a destinazione. E’ un grosso prato di erba medica che il contadino deve arare per riseminare. Come spesso succede da queste parti, il pastore non è libero di seguire un proprio percorso nel condurre il gregge, ma deve via via tenere conto delle esigenze dei padroni dei pezzi che farà pascolare al gregge. Per quel giorno non ci si sposterà più e nemmeno verrà dato un altro pezzo alle pecore. Bisognerà piuttosto fare attenzione che non mangino troppa erba medica, che potrebbe causare loro indigestione e gonfiore.


Pascolo vagante degli amici

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Oggi “pesco” dalle foto che mi avete mandato voi, lettori del blog. Sono immagini invernali e risalgono al febbraio 2015. Ce le manda Leopoldo. Tutte e due le serie di foto sono del gregge del pastore soprannominato “Finanza”. Le prime sono state scattate a Santa Croce Bigolina (Cittadella – PD).

(tutte le foto sono di L.Marcolongo)

L’aiuto pastore Ioan Baciu, che avevo conosciuto l’anno scorso, mi ha telefonato che era qui vicino. Ioan è un Romeno ambizioso e intelligente che fa proposte per la transumanza. Ha detto che in Svizzera e altri Paesi europei ci sono leggi che regolamentano il passaggio delle greggi, che le greggi hanno territori predefiniti dove passare per non sovrapporsi, che i pastori devono essere responsabili e pagare eventuali danni. Tu dovresti saperne qualcosa. Effettivamente, quando in un paese passano contemporaneamente più greggi, i sindaci si allarmano e scattano i vigili. Bisognerebbe creare dei “corridoi verdi”, come diceva l’anno scorso l’Assessore all’Agricoltura del Veneto Manzato. Non però autostrade, ma percorsi che distribuiscano le greggi sul territorio. E greggi di non più di 1000 capi, compresi gli agnellini. Poi mi diceva che l’aveva fotografato un certo Max  Piazzi (Massimo Piazzi) e ne era molto orgoglioso.

(tutte le foto sono di L.Marcolongo)

Sempre il gregge “Finanza” a tezze sul Brevta (VI). Leopoldo ci racconta: “Questa volta c’era anche uno dei proprietari, Berti Floriano. L’aiuto pastore Romeno, Ioan Baciu,  ha voluto che lo fotografassi mentre raccoglieva i rifiuti abbandonati lungo il fosso. Vorrebbe che un giornale scrivesse che i pastori contribuiscono alla salvaguardia dell’ambiente. Non so se ci sarò qualche giornalista interessato…


Nessuno ne ha ancora parlato… e allora lo faccio io!

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Qualche tempo fa ho ricevuto il Quaderno della Regione Piemonte “Agricoltura”, il numero di novembre 2015. Prima l’ho sfogliato, poi l’ho letto più attentamente. Al suo interno c’è lo speciale PSR 2014-2020 che per il Piemonte è stato approvato il 28 ottobre 2015. Oltre un miliardo di euro per gli agricoltori, ma detto così non significa niente. Non sto a scendere nei tecnicismi, nelle priorità, nelle misure. Non l’ho mai fatto in questo blog e non inizio sicuramente oggi. Per avere informazioni su queste cose ben sapete che altre sono le sedi a cui rivolgersi. Sfoglia e leggi, tra gestione eco-sostenibile dei pascoli e contributi per le razze in via di estinzione, ecco l’operazione 10.1.6 “Difesa del bestiame dalla predazione da canidi sui pascoli collinari e montani”. Quindi il vecchio premio di pascolo gestito adesso è stato sostituito in questo modo. La prima cosa che ho pensato è stata: “Speriamo che non arrivi anche l’orso, di qui al 2020, visto che hanno considerato solo i canidi!“. Battute a parte, niente di nuovo, gestione del pascolo, utilizzo dei recinti per il ricovero notturno (che però devono essere spostati almeno ogni 10 giorni, quindi i recinti fissi non sono accettati), custodia continuativa da parte dell’uomo e impiego di cani da guardiania.

Già… i tanto discussi cani da guardiania, tollerati a forza dai pastori, temuti/odiati dai turisti, unico rimedio veramente efficace contro gli attacchi da parte dei predatori quando si è al pascolo. “Presenza di cani da guardiania appartenenti alle razze da difesa del bestiame dal lupo, in rapporto di 1 ogni 100 capi, con un minimo di 2 cani per mandria o gregge”. Così leggo al punto 3. Quindi bisogna avere come minimo due cani, ma poi… uno ogni cento capi? Certo, per la difesa degli animali questa dev’essere una garanzia affinchè i cani lavorino come si deve, ma… Un gregge di 1000 pecore, 10 cani. 15 per 1500, 20 per 2000?!?!???

Visto che non sono più direttamente coinvolta dalla cosa, ho provato a sentire un paio di amici pastori in varie province, chiedendo loro se erano informati della cosa, ma nessuno ne sapeva assolutamente niente. Non è che si obblighino i pastori ad avere questi numeri, ma per avere diritto agli aiuti, presumo che il numero di cani sia uno degli elementi discriminanti. Quindi… se non li hai, non percepirai un contributo minore: “50 euro ad ettaro di pascolo gestito secondo gli impegni”. Se non ti impegni a prendere i cani… E come funziona per chi d’estate prende in affido delle pecore? Magari di proprie ne ha 3-400, ma in montagna arriva ad averne 1000. Chi gli fornisce i cani per avere il numero esatto solo per quei mesi?

Ma una decisione del genere non andava un minimo discussa prima? Le associazioni di categoria lo sanno? Ai pastori quando lo diranno? Perchè se uno volesse adeguarsi a quando scritto sopra, i cani se li deve anche procurare. Non è che poi, nella fretta, si prenderanno cani “qualsiasi”? Sono cani non semplici da addestrare correttamente e da gestire. Non si può nemmeno immettere nel gregge, di colpo, 5 o 6 cani! Sui cani da guardiania ho già scritto molte volte, dato che è un argomento che interessa non soltanto i pastori (vedi ad esempio qui o qui).

Le domande che mi sorgono spontanee sono molteplici: come si alimentano così tanti cani? Non parlo “solo” dei costi per i pastori, ma proprio di problemi pratici, di logistica, dal trasporto delle crocchette fino allo dover spostare una decina o più di ciotole. Vi fa ridere? Pensate di essere a 2000, 2500 metri, dove tutto viene movimentato a mano o a spalle. Reti del recinto, elettrificatore e qualunque altra cosa.

Poi i cani stanno con il gregge SEMPRE. D’estate in montagna, in alpeggio, d’autunno sui percorsi della transumanza, d’inverno e in primavera tra le pianure e le colline. In cascina se si è stanziali, ma con il gregge se si pratica il pascolo vagante. Quindi si passa vicino ai paesi, si sosta accanto a strade e cascine, dove transitano ancora più persone che non in montagna. Certo, se sono buoni cani, non causano problemi, ma comunque non sono totalmente indifferenti a ciò che accade attorno a loro. Se passa qualcuno di corsa, in bicicletta o qualcuno con un cane, comunque corrono, abbaiano, spaventano le pecore…

E poi chi discuterà ogni volta con i turisti? Perchè è vero che spesso gli ospiti della montagna, coloro che vi si recano per divertimento non si comportano adeguatamente secondo le norme segnalate sui cartelli ecc ecc… Ma è anche vero che, come mi hanno raccontato in tanti, pur seguendole, qualche incidente succede. Io per prima mi sono trovata in alcuni casi in situazioni abbastanza spiacevoli. Erano cani “sbagliati”, cani che non dovevano comportarsi così? Eppure l’hanno fatto. Io non ho alcun potere, io posso solo scrivere e informare, ma il mio invito a TUTTI è quello di gestire con maggiore collaborazione e comunicazione il “problema lupo” in tutte le sue sfaccettature. Io l’ho vissuto, cosa significhi spiegare alla “gente” che i pastori quei cani sono “obbligati” ad averli perchè c’è il lupo. L’ho vissuto più volte in prima persona, in pianura e in montagna. Vi assicuro che si verificano situazioni in cui il livello di stress è quasi pari a quello nel trovare una pecora sgozzata. Vi inviterei a provare per credere, ma purtroppo la tendenza è sempre quella del dare giudizi senza aver piena conoscenza dei fatti. Personalmente, credo che siano state le uniche volte in cui qualcuno ha usato, nei miei confronti, epiteti di un certo tipo. E’ davvero incredibile come il “problema lupo” riesca a catalizzare così tanti argomenti di feroce discussione, astio, rivendicazioni su chi abbia ragione e chi torto. Da parte mia, ho paura che nemmeno il 2016 sia l’anno in cui si troveranno delle soluzioni, ammesso che ve ne siano davvero.


Vecchie storie

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Ieri ho terminato di scrivere la bozza del mio nuovo libro. All’incirca un anno fa ho avuto un contatto da una casa editrice nazionale, mi hanno chiesto di scrivere un libro partendo da queste storie, le storie di pascolo vagante che ho raccontato in tutti questi anni, la mia storia. Fare un copia incolla sarebbe stato forse facile, materiale qui ce n’è in abbondanza, ma un libro deve essere vivo e sentito per trasmettere qualcosa a chi lo legge. Inoltre… deve essere un piacere per chi lo scrive.

Così ho lasciato che la mente andasse indietro a quando ho conosciuto il mondo dei pastori vaganti. Ho cercato di rievocare le emozioni, le sorprese, il cammino insieme al gregge, ma soprattutto il cammino all’interno di questa realtà, dove ho imparato soprattutto osservando e non facendo domande.

Ho rivissuto le transumanze, le sensazioni, le scoperte. Sono passati più di dieci anni, ma… mentre molti altri fatti quotidiani mi sono scivolati addosso e, anche se avvenuti di recente, non mi hanno lasciato alcuna traccia, nemmeno nella memoria, ricordo molto bene tutti i giorni di pascolo vagante. L’enorme archivio fotografico inoltre mi aiuta, basta rivedere un’immagine per ritrovare persino gli odori, quello della lana bagnata in un giorno di pioggia, dell’artemisia schiacciata dal passaggio del gregge lungo un fiume, delle foglie nei boschi durante la transumanza autunnale.

E così, se il libro piacerà all’editor (questa volta è una cosa seria… non sono solo più io a decidere cosa verrà pubblicato, come per le precedenti opere, dove al massimo qualche amico rileggeva e suggeriva qualche correzione stilistica), uscirà in tutt’Italia. Non sarà più complicato reperirlo, come per i precedenti, quasi tutti autoprodotti a spese della sottoscritta e distribuiti con qualche difficoltà (ma comunque, se me li chiedete, quelli non esauriti c’è modo di ordinarli e riceverli!). Sarà un viaggio in cui voi, “vecchi amici del blog” forse riconoscerete qualche luogo, qualche personaggio, ma mi auguro sia anche una scoperta per tanti altri che ancora non conoscono questa realtà.

Ci saranno le problematiche, ci saranno le difficoltà, ci sarà il pascolo vagante in tutte le sue sfaccettature, così come ve l’ho sempre narrato. Ovviamente sarà una sintesi, un condensato, visto che mi è stato chiesto di rimanere entro un certo numero di battute. Purtroppo non ci saranno immagini, ma per quelle potete sempre ricorrere o a queste pagine virtuali, o a “Pascolo vagante 2004-2014“, la mia opera dedicata esclusivamente alle fotografie della pastorizia.

Quando uscirà? Non lo so ancora. Adesso mi aspetta ancora un lungo lavoro di revisione del testo: correzioni, aggiunte, eliminazioni. Magari mentre rileggo, mi verranno in mente tante altre cose da scrivere, momenti vissuti in montagna, attimi che caratterizzano le quattro stagioni della vita del pastore. Aspettatelo ed intanto continuate a seguirmi qui. Magari troverete meno storie di pascolo vagante in quanto tale, meno pecore, ma continuerete a trovare allevamento, montagna, storie di vita. Riflettevo proprio su questo: tanto mi piace sentire racconti, quanto mi piace raccontare. Non tutti possono viaggiare allo stesso modo e così a me fa piacere condividere ciò che incontro, con foto è parole. Questo è il senso dei miei libri e di questo stesso blog. Visto che ho già in mente un nuovo libro… le ricerche che farò per realizzarlo forniranno anche materiale per queste pagine virtuali.

(Tutte le immagini di questo post sono diapositive scannerizzate di momenti di pascolo vagante tra il 2004 e 2005).


Capre e non solo (anche una ricetta)

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Cari amici, voglio svelarvi a cosa sto “lavorando”. Mentre finisco di correggere le bozze del nuovo libro, già penso al nuovo progetto. Così… ecco che il libro che seguirà sarà dedicato al mondo della capra. Pecore, pastori, pascolo vagante già li conoscete bene. Certo, se siete appassionati, continuerete a seguirmi anche quando parlerò di quell’argomento. Ma non avendo più un gregge all’interno del quale muovermi e lavorare, ho meno stimoli di un tempo e meno materiale da raccontare. Così, visto che adesso ho anche delle capre di mia proprietà… un amico un giorno mi ha suggerito di scrivere su questo mondo particolare. Ci ho riflettuto su ed ho pensato che potrebbe davvero essere un’ottima idea. E’ vero che qualche libro c’è già, ma cercherò di fare qualcosa di diverso. Tra capre (razze, attitudini, etologia), caprai, formaggi, casari, ricette, battaglie, storia, leggende e molto altro ancora. Che ne dite? Come territorio, per questioni logistiche esplorerei soprattutto Piemonte e Val d’Aosta, ben sapendo che il mondo caprino avrebbe tantissimo da dirmi in tutta Italia.

Per cominciare però… ecco una maglietta dedicata alla passione caprina. Potete vederla e ordinarla su questo sito, ci sono due settimane di tempo per fare l’ordine, ma non verranno realizzate se non se ne richiedono almeno 50. Quindi… fatevi avanti, il prezzo è più che vantaggioso (12 €)!

Poi passiamo alla pentola che sta borbottando sulla mia stufa. Questa sera ho cucinato uno stufato di becco castrato. Ricette per questa carne non ne ho trovate, quindi ho improvvisato. Ingredienti: carne di becco castrato 6-700g, una cipolla, un rametto di rosmarino, un finocchio medio, due gambi di sedano, semi di anice, finocchio e cumino, curry, coriandolo, bacche di ginepro, due cucchiai di gin, pepe, sale, olio evo. Preparazione: ho tritato la cipolla con il rosmarino, mentre la carne iniziava a rosolare nella pentola di terracotta con poco olio evo. La carne era stata ben sgrassata da tutto il grasso “duro”, quello che ha l’odore intenso. Anche se il becco era castrato, un po’ di gusto si sente comunque. Quando la carne iniziava ad essere colorita, ho aggiunto il trito e ho rimesso il coperchio, continuando a rosolare a fuoco vivace per 5 minuti. Tenete conto che io cucino sulla stufa a legna. Intanto ho tritato il finocchio ed il sedano insieme ai semi misti. Prima di aggiungere questo secondo trito, ho sfumato con il gin ed ho salato con sale grosso. Infine ho aromatizzato con le bacche di ginepro schiacciato e le spezie (quantità a piacere, senza esagerare). Ho rimesso il coperchio ed ho lasciato cuocere per almeno un’ora, aggiungendo di tanto in tanto dell’acqua bollente. Come contorno, lo accompagnerò con il cous cous.

La carne di becco è poco utilizzata per il suo sapore decisamente intenso. Vengono castrati i caprettoni che non saranno usati per la riproduzione, per avere una carne più delicata sia nel gusto, sia nella consistenza. Possono essere castrati anche dei becchi già adulti ai quali non si vuole più consentire l’accoppiamento all’interno del gregge, ma ciò è meno frequente. Quando si vuole “cambiare il sangue”, il becco viene venduto ad altri allevatori, oppure portato al macello. Se qualcuno ha delle ricette o se, dalle sue parti, c’è l’usanza di utilizzare carne di becco o di castrato… mandatemele! Saranno utili anche per il libro. Anzi, tutte le ricette a base di carne caprina e formaggi caprini (ricotta ecc ecc) che mi vorrete mandare, saranno le benvenute. Scrivetemi qui.


C’è qualcosa che non va

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E’ vero che il mondo reale è al di fuori dello schermo di un pc, di un tablet, di un telefonino. Però molto di ciò che accade passa comunque di qui, le notizie (vere o false che siano) rimbalzano da una parte all’altra dei paesi, del globo. Realtà che prima erano di pertinenza solo degli addetti ai lavori vengono mostrate al mondo. Un mondo spesso ipocrita, che si indigna se vede certe scene, ma poi si ingozza a tavola senza porsi alcuna domanda. Un mondo quasi deviato nel momento in cui non ci si preoccupa solo più del benessere degli animali, ma li umanizza o, addirittura, associa qualsiasi animale ad un cucciolo d’uomo. Un bambino fragile, indifeso e anche un po’ malaticcio, perchè un bambino sano non va “tenuto nella cotonina” (come diciamo qui in Piemonte”), ma va lasciato libero, entro certi limiti.

il “festin” – Val Germanasca (TO) (foto archivio V.Tron)

Con chi ce l’ho? Sto facendo riferimento ad una serie di post che mi è capitato di vedere nel giro di pochi giorni sui social network. In un gruppo chiamato “allevatori italiani” ci sono stati commenti indignati perchè erano state pubblicate immagini di quel che succede comunemente (e a norma di legge!) nelle cascine in questo periodo. Si macella il maiale ricavandone salsicce, cotechini, pancetta e tutta l’infinita serie di insaccati di ogni tipo che, di regione in regione, il nostro paese può vantare. Non sia mai!!!! In un gruppo di allevatori infatti ormai c’è gente di ogni tipo… anche chi alleva la capra… in appartamento! Ma andiamo con ordine.

(foto d’archivio, cartolina d’epoca)

Da queste parti, riferendosi alla macellazione del maiale, si parla ancora oggi del “festin”. Si fa la festa al maiale, ma era la festa per tutti. Del maiale non si butta via niente ancora oggi, quando di carne se ne mangia tutti i giorni, se ne mangia spesso troppa e, ancora più spesso, non di qualità. Altro che allarmi sulla carne che fa male! Disinformazione ce n’è tanta e quella arriva a tutti, per documentarsi e sapere le cose come stanno davvero, bisogna impegnarsi e cercare le notizie tra le tante che circolano in rete. Non voglio però entrare nell’infinito dibattito carne sì/carne no. Come dico sempre, ciascuno è libero di scegliere, ma inviterei tutti ad informarsi davvero, leggendo documentazione scientifica e valutando le esperienze.

una cascina in Piemonte nella prima metà del XX secolo (foto d’archivio)

Un tempo di carne se ne mangiava ben poca perchè non ce n’era. La vacca serviva per il lavoro, per il latte e per il vitello, che era la maggior fonte di guadagno famigliare, nel momento in cui veniva venduto. I tempi sono così cambiati che, nemmeno 100 anni dopo queste immagini, occorre specificare il perchè si alleva. Scrive Raffaella nel suddetto gruppo “allevatori italiani”: “Questo è un gruppo di gente che di lavoro fa l’allevatore e, dall’allevamento, trae il suo reddito. Allevare vuol dire gioire della nascite, e campare delle macellazioni, scusate la franchezza ma il nostro lavoro è questo. Su questa pagina troverete ogni giorno vitelli e capretti ma anche “cadaveri di animali” perchè il nostro mondo è questo… Non chiediamo a nessuno di entrare nel gruppo, SIETE VOI CHE CHIEDETE DI ENTRARE… noi accettiamo tutti (o QUASI) ma PRETENDIAMO rispetto…

Le polemiche ahimè non si limitano a scontri verbali più o meno accesi on-line, perchè ben sappiamo che, sempre più spesso, sedicenti gruppi animalisti compiono azioni anche violente per disturbare manifestazioni zootecniche quali fiere, mostre, rassegne. Ho già visto che già si prepara nuovamente la protesta contro la fiera delle capre di Ardesio (BG). Ma sarebbero ben altri i comportamenti deplorevoli che vedono come vittime gli animali: non una mostra dove animali ben tenuti, ben nutriti, vengono fatti sfilare e premiati, piuttosto chi vorrebbe tenere una capra in un appartamento! Questa richiesta l’ho letta sempre in un gruppo su facebook e non sapevo se ridere… o piangere! Ho pensato alla vivacità delle mie capre e mi sono vista la povera bestiola che saltava dal divano alla poltrona, poi sulla sedia e magari sul tavolo. Ma questa gente… un minimo di etologia dell’animale che intende allevare non se la va a guardare? Personalmente trovo assurdo persino tenere cani di grossa taglia in un appartamento. Anche il gatto, a ben vedere, lo priviamo della sua natura confinandolo al sesto piano di un condominio in città. Ma almeno cani e gatti sappiamo come alimentarli (vegani a parte, che pretendono di far diventare vegani pure animali nati carnivori). Una capra non va a sporcare nella cassettina e… mangia erba, fibra, fieno, cereali. Non è che… se mi piace la capra come animale, allora mi tengo quella in casa!

Io mi indigno quando vedo qualcuno passeggiare con una capra al guinzaglio, quello è maltrattamento animale! Oppure quando vedo immagini di “vestitini” per animali. Già l’uomo si è allontanato eccessivamente dalla natura, adesso che vogliamo fare? Rendere gli animali dei bambolotti e pretendere che quello sia amore nei loro confronti? Periodicamente vengo attaccata perchè pubblico immagini di pecore, capre, vacche e dei loro piccoli, ma non esito anche a presentare le ricette per cucinarli.

Certo! Mangiamo meno carne e mangiamo carne che sappiamo da dove arriva. Quindi, se l’ho allevata in prima persona, concludo il ciclo e apprezzo ciò che ho nel piatto. Vi ho già spiegato più e più volte che si alleva anche per quello, che non si può allevare tutto, che i maschi vengono per forza macellati, se non sono scelti per la riproduzione. Sarà triste dover macellare un animale che hai allevato per anni, ma è un qualcosa che si sa, si è consapevoli che ciò accadrà, prima o poi. L’importante è allevare al meglio l’animale dalla sua nascita fino al momento in cui si chiuderà la sua vita.

Per l’ennesima volta vi ripeto che, se non si allevasse anche per macellare, non ci sarebbe questo blog, non ci sarebbero tutte le scene e gli animali che vi mostro quasi quotidianamente. Invece al giorno d’oggi a cosa siamo arrivati? Ad annunci come questo: “Pastore cede gratuitamente 3 caprette camosciate (senza corna) 2 giovani e 1 vecchietta non sterilizzate! le porta lui direttamente a chi le adotta! è davvero molto urgente, se nò finiscono al macello! (…) le condivisioni salvano loro la vita! ovviamente no altri pastori! solo se intenzionati a regalargli una vita degna!“. Non ho parole… Non sterilizzate??? Cos’è per questa gente una vita degna? Magari tenerle in un cortile a far la fame, perchè ci sono due fili d’erba e quindi per loro ciò è sufficiente. Oppure le ingozzeranno di pane e magari daranno pure le caramelle (sì, l’ho visto fare!!).

Alle campagne contro la macellazione viene dato sempre più spazio. Ben sappiamo cosa succede per agnelli e capretti… Oggi alla radio, Rai Radio2, veniva pubblicizzata una cascina in Lombardia dove dei volontari salvano gli animali dal macello. Chiedevano soldi per il mantenimento dei suddetti animali. 15 euro al mese per un coniglio, 100 per un bovino o un cavallo. Già le cifre ci fanno capire che i nostri amici animalisti non sanno bene quanto costi alimentare una vacca… E poi? Che faranno? Li sterilizzeranno tutti? Io propongo allora una campagna per adottare un allevatore. Ma sì, un allevatore/allevatrice di montagna, che abiti tutto l’anno sopra gli 800-1000m, che abbia un numero di animali compatibile con il territorio, che si faccia il fieno, che allevi razze locali, che mantenga viva la sua terra, l’economia del luogo in cui vive. Mi fa male al cuore accostare le notizie, quella dei volontari che salvano l’animale dal macello e quella dei contadini “specie in via di estinzione”. Dove? Un po’ ovunque, ma fa riflettere ancora di più se vi dico che questo servizio è stato realizzato in Svizzera. Ce ne sarebbe da parlare per ore di questi argomenti, di stalle che chiudono, di prezzo del latte o della carne. Ma di ciò si parla poco. Alla radio (nazionale, per cui paghiamo il canone!!) preferiscono dar spazio ad una fattoria finta. Dove andremo a finire? Penso che la generazione dei miei nonni, ci fosse ancora, direbbe che c’è gente che non ha abbastanza fame o che non sa nemmeno cosa voglia dire avere fame!


Poco meno di un anno fa

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Immagini che avevo ricevuto poco meno di un anno fa dall’amico Leopoldo. Risalgono a fine febbraio 2015 e sono state scattate a Rosà (VI), dove ha incontrato il gregge del pastore Teodoro Daprà. “Ero andato a portare le foto stampate a Teodoro e così ne ho fatte di nuove… Teodoro è sempre molto gentile. Mi è venuto a prendere perché era in una zona difficile da spiegare. C’era anche Mattia Piotto (quello più giovane), pastore anche lui, ma, mi pare, con poche pecore. C’era anche Sergio Borgogno, quello con la barba, che aiuta Teodoro.

(tutte le immagini di L.Marcolongo)

Teodoro ha i migliori cani che io abbia mai visto. Quei cartelli di divieto di pascolo che vedi, sono un vivaista Coldiretti. Uno che ama le piante, ma non le pecore.

Grazie per la bella carrellata fotografica, come sempre.



E’ come se per un tifoso di calcio fosse venuto a trovarlo il suo giocatore preferito

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Sergio mi aveva già invitata tempo fa a vedere il suo gregge. Adesso, sull’onda delle ricerche per il mio futuro libro sulle capre, riesco a combinare l’incontro. Mi aveva detto di andare in una bella giornata di sole e non potevamo trovarne una migliore.

Mi accoglie nei pressi della sua cascina, affittata recentemente, poi andiamo dal gregge. Un rapido giro per vedere le strutture, le stalle e gli asini, poi scendiamo nei prati più in basso, dove le capre stanno pascolando temporaneamente sorvegliate da un amico di Sergio. La frase che mi dice mi fa sorridere, non so se sentirmi onorata o a disagio! “Averti qui è come, per un tifoso di calcio, ospitare in casa l’idolo della sua squadra!“. Poi passa a spiegare all’amico chi io sia, i miei libri, questo blog.

Mi faccio raccontare la sua storia. Ovviamente c’è la grande passione per le capre, animali scelti “…perchè percepisco meglio quello che voglio trasmettere loro e io quello che loro trasmettono a me. Con pecore e mucche è diverso. Le capre comunicano di più con l’uomo.” Quarantasette anni, dirigente d’azienda, “…ma figlio di pastori, mio papà andava in cascina ad Orbassano con 200 pecore!“, riesce ad incastrare il lavoro e la passione. Viene in stalla al mattino, va al lavoro, si ritaglia un paio d’ore a metà giornata per metterle al pascolo, poi ripassa ancora la sera prima di tornare a casa. Quando ci saranno i capretti, l’impegno sarà ancora maggiore.

La sera di Capodanno tornavamo a casa e siamo passati qua davanti, volevo quasi fermarmi per venire ad augurare il buon anno pure a loro!“. Sergio è in questo posto da poco tempo, ha dovuto abbandonare l’altra sistemazione perchè il padrone aveva detto di non volere poi le capre nei prati in primavera. Prima ancora era sulla collina di Torino, un luogo molto bello ed adatto, con un gregge molto più imponente, ma poi era venuto il momento di far delle scelte.

Doverle vendere è stato uno dei momenti più brutti. Decidere quale dar via e quale tenere. Molte le avevo comprate in Val d’Aosta, altre le avevo allevate io. Hanno tutte un nome, quelle che ho comprato, ho tenuto il nome che avevano, le altre le ho battezzate sulla base di una caratteristica.” Il figlio è appassionato tanto quanto il padre, ma quando si trattò di decidere come organizzare l’azienda, la burocrazia ed i costi lo scoraggiarono. Un investimento troppo grosso da fare per mettersi in regola, mungere e caseificare, per di più in strutture affittate. “Davano dei soldi per l’insediamento per prendere un trattore, ma a noi cosa serviva un trattore? Noi volevamo comprare più capre… così a malincuore ha lasciato perdere, abbiamo ridotto il numero ed è andato a lavorare come dipendente in un’azienda agricola, sempre allevamento, ma bovini.

Sergio porta il gregge sul fiume, a bere. Adesso lì non c’è molto da pascolare, ma in altre stagioni sarà un ottimo posto. Sergio non intende mandarle in alpeggio, ma tenerle in quel luogo tutto l’anno. “Spero di diventare davvero un pastore, è lo scopo della mia vita. Andare in pensione e dedicarmi solo più a questo. Ma non qui, da qualche parte a mezza quota.

Mi racconta aneddoti sui vari animali, sulla loro provenienza. Capisco sempre più che, facendo ricerche per questo libro, mi addentrerò ancora una volta in un mondo molto particolare. Una passione nella passione, perchè molti allevatori di capre, specialmente con razze come la valdostana, sono appassionati che praticano però un altro mestiere. E ciascuno ha una sua storia da raccontare.

La giornata è davvero delle più belle. Non sempre a questa stagione le capre sarebbero all’aperto, al pascolo. Sergio le chiama indietro nel prato, ancora qualche boccone di erba, poi si rientrerà in stalla, dove le greppie verranno riempite di fieno. Sergio ha il suo gregge da sei anni, ma la passione risale a molto prima.

Come capita spesso, c’è anche spazio per qualche vizio aggiuntivo: pane secco per tutte per concludere la giornata. Non è un qualcosa che, attualmente, viene fatto per reddito: “Con la vendita dei capretti mi pago giusto il mantenimento, di sicuro non l’affitto della cascina.” Lo sappiamo, è un hobby, è una grande passione. C’è chi spende i propri soldi in altri modi… e chi… alleva capre! Ne sentiremo tante, di storie così. Ovviamente Sergio mi ha raccontato molto altro… ma troverete poi tutto nel libro. Datemi tempo un paio di anni per raccogliere le storie e scriverlo!


Storia recente

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Casualmente, in questi giorni mi è capitato di veder passare sui profili facebook di alcuni amici delle foto “d’epoca”. Foto anche abbastanza rare, perchè riguardano lavori di montagna, nello specifico la pastorizia. Macchine fotografiche e mondo rurale non erano abbinamenti comuni, a meno che si trattasse di qualche appassionato al di fuori di questo mondo che, attraversandolo, prendeva degli scatti.

(foto archivio B.C.Bertorello)

Queste invece sono immagini da album di famiglia. Bruna Chiaffreda Bertorello pubblica la foto di suo nonno, “pastre” in Francia negli anni Venti. Purtroppo non si sa dove, su quale montagna.

(foto archivio B.C.Bertorello)

Sempre suo nonno al pascolo, nel 1936. Non sono passati nemmeno 100 anni. All’epoca erano gli Italiani che emigravano per andare a fare gli operai per gli allevatori Francesi. E adesso? Adesso qui abbiamo garzoni di altri paesi europei, ma non solo. E anche Italiani che tornano a lavorare fuori, magari in Svizzera o in Francia.

(foto archivio L.Roletto)

Anche il Canavesano Luca Roletto pubblica la foto della nonna: “Metà anni 40, mia nonna Dora con le sue pecore al pascolo sul Monte Calvo nei pressi della capela drucà”. Anche se “mute”, queste immagini ci dicono tante cose, osservando i vestiti, i volti, gli animali. Adesso vi chiedo un favore: visto che scriverò il libro su capre e caprai, fin da ora chiedo agli amici piemontesi se hanno foto d’epoca con delle capre, appunto. Animali al pascolo, mungitura, battaglie delle capre, qualunque cosa. Più sono foto che ci portano indietro nel tempo, meglio è. Grazie mille!

(foto archivio – dal web)

Queste altre immagini, sempre scovate su facebook, non appartengono a privati. Questa è semplicemente una cartolina di Cesana Torinese (non so quale sia l’anno), con un gregge in transumanza.

(dalla pagina “Torino Piemonte antiche immagini”)

Quest’altra foto invece mi ricorda il racconto di un pastore, che ho riletto da poco. E’ stata scattata a Torino in Corso Vinzaglio. “Nel Quarantacinque i miei erano andati ad una montagna a Claviere. Hanno caricato le bestie sul treno! Da Brosso a Porta Susa a piedi, e poi sul treno, le vacche davanti, le pecore dietro. Avevano fatto fare i rudun nuovi apposta. Torino era tutta bombardata, passavi per le strade ed era notte, si apriva solo un po’ qualche finestra, vedevi un po’ di chiaro, era la gente che guardava per capire cosa stava capitando. (…) In passato era tutto diverso, meno comodità, ma c’era più rispetto.” Così ricorda i racconti del padre Giovanni Vacchiero, classe 1947, da me intervistato nel libro “Dove vai pastore?”

(dalla pagina “Torino Piemonte antiche immagini”)

1955, gregge davanti ad una cascina in via Guido Reni a Torino. Man mano quelle cascine sono state inghiottite dall’espansione urbana. Ma quelle greggi e quelle mandrie passavano in città per la transumanza. C’è un bellissimo capitolo in “Marcovaldo” di Italo Calvino che descrive questo evento. Nei commenti dei lettori sulla pagina uno scrive che le transumanze sono passate in Torino fino alla metà degli anni Cinquanta.


Altro gregge dal Veneto

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In attesa di avere foto e storie “mie” da raccontarvi, attingo alle riserve di immagini ricevute dagli amici. Qui siamo di nuovo in compagnia di Leopoldo con il gregge di Matteo Froner a Loreggia (PD).

C’è anche un capretto giocherellone…

…e due capre che fanno battaglia!

(tutte le foto di L.Marcolongo)

Le immagini sono del mese di marzo 2015. Buon proseguimento a tutti, allevatori, pastori, amici dei pastori. Io torno alle bozze del mio libro…


L’acqua è già un problema

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Che strano, stranissimo inverno. Nessun problema di neve, per ora, niente fango, un po’ di freddo, ma neanche eccessivo. Però il “bel” tempo ha i suoi risvolti negativi.

Quando arrivo dal gregge, il Pastore sta abbeverando le pecore. E’ costretto a farlo, altrimenti non mangerebbero più. L’erba è verde, ma non trovando acqua per dissetarsi, le pecore non pascolano come dovrebbero. Appena inizia a scaricare l’acqua nei bidoni, si ammassano le une contro le altre per venire a bere.

Per adesso si procede pascolando l’erba dei prati di pianura: si prepara il pezzo con le reti e poi si fanno entrare gli animali. Potrebbe andare peggio, potrebbe esserci la neve, oppure troppa pioggia e fango, ma questa siccità a lungo andare presenterà il suo conto. Prima o poi dovrà piovere, dovrà nevicare almeno in montagna. Anche i fossi, i torrentelli che scorrono tra le pianure in molti casi sono asciutti. Il sole che è tornato a scaldare l’aria  fa sciogliere pian piano quelli che erano ghiacciati. C’è ancora tempo per “recuperare”, ma il rischio di un’emergenza idrica è tutt’altro che remoto.

Tutti i giorni bisogna chiamare un contadino che venga a portare l’acqua. Non si può fare diversamente. Le temperature si stanno nuovamente rialzando, se solo piovesse un po’, in poco tempo ci sarebbe erba anche sotto i pioppeti. Non bisogna ancora pensare che le difficoltà che non si sono patite in inverno verranno scontate in primavera, ma un susseguirsi di mesi con condizioni meteo così strane non consente assolutamente di azzardare previsioni. E se la siccità si prolungasse? E se arrivasse una stagione delle piogge particolarmente intensa?

Anche gli animali hanno avuto comportamenti un po’ strani. Le capre per esempio: tantissimi allevatori avranno i parti molto più avanti nella stagione. Questo dovrebbe essere il momento in cui nascono i capretti, e invece solo pochissimi sono venuti alla luce in questi giorni. In certi greggi ci sono capre che sono tornate in calore anche più di una volta. Non è da escludere che il caldo anomalo della scorsa estate non abbia giocato la sua parte in tutto questo.

Pecore degli agnelli e capre sono in stalla, però grazie al bel tempo di giorno vengono messe al pascolo. Escono anche gli agnelli già più robusti, seguono le mamme nel breve spostamento verso il prato dove ci sono già le reti. Certo, il bel tempo dicono che non stufa mai, però…


Un odore pazzesco e cacca di pecora ovunque!!

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Lo so, ben altri sono i problemi che affliggono questo paese. Per lo meno questo mio blog da sempre si occupa di allevamento e pastorizia, quindi sono giustificata se pubblico certe notizie “ridicole”. E’ invece un po’ più grave che un’amministrazione comunale di un paese fondamentalmente “rurale” abbia un Sindaco che definisce “allucinante” il passaggio di un gregge nel suo Comune.

Facciamo un passo indietro. Per il post di oggi mi appoggio alle bellissime immagini del fotografo Roberto Cilenti, grazie al quale su facebook spesso seguo in modo virtuale il cammino di alcune greggi che non ho mai incontrato dal vivo. Questo è il gregge “incriminato”. Era l’8 di gennaio e pecore, asini, cani e pastori stavano scendendo su Verres. Questo stesso gregge era stato anche protagonista di un servizio di “atmosfera natalizia” al tg regionale (RAI) durante le feste. Il pastore, un mestiere antico, la transumanza, belle parole.

Il gregge era sceso, ormai in Valle non c’era più nulla e inoltre aveva nevicato. La stagione era durata ben più del solito, bisognava portarsi verso la pianura. Roberto segue la transumanza, il gregge passa a Verres. Un paese, strade asfaltate, marciapiedi, traffico. Anche altri immortalano il fiume bianco e pubblicano le foto sui social network.

nei pressi di Pont St. Martin

Poi il cammino prosegue ancora, molti spostamenti avvengono di notte, anche per non intralciare eccessivamente il transito delle auto e tutte le varie attività. Mentre continuiamo ad apprezzare le immagini di altri tratti della discesa, veniamo però a quel che è successo quando il gregge era ormai in Piemonte. Ieri sera leggo un articolo, stamattina un altro. “Pavone Canavese, pastore multato per aver attraversato il centro con mille pecore. Forse aveva perso la strada o, probabilmente, non sapeva che transitare in pieno centro abitato con un gregge di mille pecore non è affatto una buona idea, oltre che essere vietato dalla legge. Sta di fatto che ora sarà costretto a pagare ben 600 euro di multa. Il protagonista di questa curiosa vicenda è un 30enne di Oglianico che, nella notte tra martedì e mercoledì, ha pensato bene di passare nel centro di Pavone Canavese – 4mila scarsi abitanti in provincia di Torino – accompagnato da un migliaio delle sue pecore a cui si aggiungevano numerose mucche. Un transito che non è certo passato inosservato, specialmente per i “ricordi” lasciati sull’asfalto dal suo bestiame.” (da torinotoday.it, qui l’articolo completo)

(nei pressi di Donnas)

L’articolo è scritto con un tono ironico del tutto inappropriato. Perso la strada? E il passaggio nel centro del paese NON E’ vietato per legge. Altrimenti come la mettiamo con tutti gli altri paesi attraversati? Chi “frequenta” questo blog sa bene come stanno le cose: le leggi esistenti mal si accordano con il pascolo vagante o comunque con la movimentazione di greggi e mandrie sulle strade. Nessuno fa rispettare (per fortuna!!) certi vincoli assurdi, tipo la necessità di tenere la mezzeria o il numero di persone e cani che vorrebbe il codice della strada.

Attilio e Piero

Nel secondo articolo si dice che la multa è stata doppia: “A suo carico sono state notificate ben due multe: una da duecento euro emessa dal Comune di Pavone per le condizioni di sporcizia in cui ha lasciato le strade in cui è transitato con gli animali, più una seconda da 400 euro verbalizzato dalla Forestale di Settimo Vittone che gli ha contestato il mancato permesso al passaggio dell’Asl. Il fatto è avvenuto all’una di notte, tra martedì e mercoledì scorsi. Mentre tutti dormivano, il pastore dell’Alto Canavese ha imboccato la strada direzione Bennet, è entrato a Pavone, e si è diretto verso località Dossi.” (da La Sentinella del Canavese, qui l’intero articolo). Sul permesso niente da dire: c’è la legge, bisogna presentare la domanda di pascolo vagante indicando i Comuni che si attraverseranno e quelli in cui si farà sosta per pascolare. Ma la “sporcizia” sulle strade???

il gregge e il Forte di Bard

“…La mattina dopo il sindaco Alessandro Perenchio, prima di raggiungere il municipio, è stato sommerso dalle lamentele dei commercianti, furibondi. «Non ero ancora entrato in Comune e già mi arrivavano le proteste sacrosante dei negozi – ha raccontato il sindaco –. C’era un odore pazzesco e cacca di pecora ovunque. Un tappeto. Allucinante». Mentre i cantonieri, bontà loro, hanno ricevuto l’incarico di ripulire il paese, sindaco e vigili hanno pensato al resto. «Lo abbiamo trovato di lì a poche ore seguendo le tracce lasciate dal gregge»…” D’inverno, di notte, un gregge può produrre questo “odore pazzesco”? E quanto sterco possono aver lasciato le pecore? L’altro giorno vi ho mostrato le foto storiche delle pecore e vacche in centro a Torino… Quando passavano animali, la gente si precipitava fuori a raccogliere il prezioso concime per i vasi di fiori! Adesso lo andiamo a comprare in sacchi sigillati… Spero che il Comune di Pavone Canavese abbia auto ecologiche… Spero che a Pavone Canavese non vi siano buche nelle strade, immondizia scaricata in giro. Per chi non conoscesse la zona, questo è Pavone Canavese, giusto per capire che non si tratta di una metropoli. Tra l’altro, leggo che il Sindaco, in precedenza, ha svolto l’incarico di Assessore all’Agricoltura! L’amico Leopoldo dal Veneto comunque mi scrive dicendomi che, dalle sue parti, ad un pastore per lo stesso motivo è stata fatta una multa di oltre 900 euro. Ricordiamoci sempre che “…dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior…”. Mi viene quasi voglia di mandare questa canzone al Sindaco, che ne dite?


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