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Channel: Storie di pascolo vagante
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Oggi conta l’immagine

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Oggi una riflessione traendo spunto da fatti personali. Raramente parlo di me stessa in queste pagine, pur raccontandovi sempre luoghi, personaggi ed avvenimenti a cui ho partecipato, salvo diverse indicazioni. La riflessione parte dal fatto che… ho acquistato i primi animali veramente miei. Le mie vicende personali in questi anni mi hanno portata in vario modo ad avere a che fare con animali di tutti i tipi, ovicaprini in particolare, ma non solo. Ho contratto la “maladia” come ben sapete. E questa non si cura allontanandosene… per cui ecco che attualmente sono titolare di un codice di stalla e di un piccolissimo numero di capre. Sul perchè capre e non pecore se volete ne parleremo poi…

Comunque, in questo strano mondo dove le cose accadono più qui, su questi schermi (di computer, tablet, smartphone), le mie capre e la reazione che hanno suscitato mi hanno stimolato riflessioni più profonde. Qui si parla di allevamento, ma potrei estenderle a qualsiasi altro settore. Rimaniamo nel nostro campo… Dicevo che le foto delle mie capre, pubblicate su Facebook (non uso altri social network) hanno ricevuto, in meno di una settimana, 500 mi piace come album e un numero che non ho quantificato di apprezzamenti alle singole immagini. Gli amici si sono scatenati nel darmi suggerimenti, consigli, suggerire nomi, c’è chi mi ha offerto assistenza tecnica e chi voleva vendermi del fieno…

C’è un aspetto anche divertente in tutto questo. Prima di tutto vi dico che lei alla fine l’ho battezzata Chocolat. Poi vi invito a riflettere su quanto conti il sapersi creare un’immagine e come la nostra società, oggi, premi più certi modelli rispetto ad altri. Fa più notizia chi sceglie di dedicarsi all’allevamento… piuttosto di chi l’ha sempre fatto. Se le stesse capre le avesse comprate un allevatore “per professione”, figlio, nipote di allevatori, e avesse condiviso le stesse foto, può anche darsi che si sarebbe sentito dire: “Che cosa hai preso?”. Qualche collega l’avrebbe criticato, gli avrebbe detto che le sue sono più belle. E se le avesse pubblicate l’allevatore che me le ha vendute? Vi sembra giusto che abbia più riconoscimento il mio averle acquistate, piuttosto che la storia che hanno alle spalle? Eppure, purtroppo, è così che vanno le cose oggi.

Mi hanno segnalato questo articolo, “Basta computer, farò il pastore“, una delle tante storie che piacciono ai giornalisti, raccontare una scelta di vita, un ritorno alla montagna, alla terra, all’agricoltura, all’allevamento. Ma anche quest’altro, la storia di un giovane di 19 anni che, dopo l’estate in malga con la famiglia, ha deciso di continuare il cammino seguendo il gregge di un pastore vagante. Potrebbe non esserci niente di eccezionale, ma… come dicevo prima, nella nostra società piace creare delle immagini. L’ho visto anche quando ho realizzato il libro sui giovani allevatoriDi questo lavoro mi piace tutto“.

Ma cosa c’è dietro? Quante sono le aziende tradizionali in seria difficoltà? Pensate alle recenti polemiche sul prezzo del latte, che arrivano alle orecchie di tutti quelle due, tre volte all’anno o magari nemmeno. Tutti gli altri giorni sono i produttori a farci i conti o meglio, a non riuscire più a farli quadrare! Basta un servizio, molto tendenzioso, sulla carne “nociva” per causare danni a tutto il settore. Poi escono nei giorni successivi articoli, interviste, documenti che attestano come ciò non fosse vero, fosse esagerato, fosse mal interpretato. La nostra carne, i nostri salumi, mangiati con moderazione non fanno male. Ma l’immagine creata ad arte condiziona rapidamente una buona fetta di pubblico, incapace di ragionare con la propria testa. “L’ha detto la TV, l’ho letto su internet…“. Siamo peggio delle pecore di cui pubblico spesso le immagini qui!

In conclusione… Il mio suggerimento a tutti gli addetti ai lavori è questo. Visto che siamo in un mondo che vive di immagini, che ci piaccia o no, cerchiamo anche di venderci nel migliore di modi. Conta pure quello, pensate alle mie capre… Continuiamo ad allevare belle bestie, tenendole bene, lavoriamo secondo tradizione, ma ricordiamoci che oggi il mondo, prima di tutto, ci guarda. Possiamo fare il miglior formaggio del mondo, ma dobbiamo saperlo presentare, saperlo diffondere prima per immagine che concretamente. Se alleviamo al pascolo, all’aperto, valorizziamo queste caratteristiche, ci sono dei consumatori che lo apprezzano e lo ricercano. Magari riusciamo a spuntare un prezzo migliore, oltretutto. Molti l’hanno capito e lo stanno già facendo. Qualcuno scuoterà la testa, ma se vogliamo sopravvivere, dobbiamo farlo nel mondo in cui viviamo, altrimenti il rischio è l’estinzione. Il rischio è che l’esperto di computer in poco tempo abbia più “mi piace” dell’allevatore con la tradizione secolare, anche se probabilmente ne sa molto, molto meno di lui sull’allevamento. La mia speranza comunque è quella che ci si renda conto che l’eccesso di virtualità non ci sta facendo affatto bene: se ho invitato gli allevatori a curare di più l’immagine, invito ancora di più tutti gli altri ad informarsi, ad acquistare prodotti di sicura provenienza italiana, meglio ancora locale. Non c’è da stupirsi se un olio extravergine venduto a poco prezzo… alla fine non è extravergine! Un buon formaggio d’alpeggio non può costare pochi euro, c’è un mondo di lavoro, dietro a quel formaggio! …potrei continuare il discorso all’infinito…



Un bel gregge di capre

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Era da un po’ di tempo che dovevo andare a far visita a Beppe. In primavera non ce l’avevo fatta, d’estate le capre erano in montagna, così alla fine ci sono andata d’autunno, in una bella e calda giornata di sole.

Ci incontriamo lungo la Statale, poi lo seguo lungo strette strade che risalgono tra le frazioni, nel versante esposto al sole della Val d’Aosta, sopra a Chatillon. Due passi a piedi ed eccoci accanto ad un recinto nel bosco. Le capre, chiamate dal loro padrone, escono lentamente. Erano già state al pascolo al mattino, poi lui aveva dovuto assentarsi, e adesso si prosegue con il pascolo pomeridiano.

Il gregge sfila seguendo la stradina in piano, c’è un passaggio stretto accanto ad un canale nel bosco, poi si esce nuovamente al sole. Le capre sono di razza valdostana, siamo in Val d’Aosta, e questa è una storia che parla di un giovane allevatore di oggi, del XXI secolo.

Beppe è un appassionato di capre, classe 1988. La sua non è stata una scelta che si discosta dalla tradizione, animali in famiglia ce ne sono sempre stati, anche se oggigiorno la sua modalità di allevamento si discosta da ciò che era il passato. Queste capre sono preziose più per la loro bellezza e il loro prestigio, piuttosto che per la loro resa (latte, carne). “Quando non sono in montagna, il mio lavoro principale è badare a loro. D’estate invece faccio anche altri lavoretti“, racconta il giovane pastore.

Alcune sono state acquistate, altre sono frutto dell’allevamento e selezione. Beppe mi parla delle battaglie, delle selezioni in cui i suoi animali si sono qualificati, ci sarà presto la Finale ad Aosta. Il valore di queste capre infatti è legato principalmente a queste particolari manifestazioni e a tutti gli appassionati che le seguono attivamente.

Quasi avessero ascoltato i nostri discorsi, due animali iniziano a dar vita ad una di queste battaglie. Si tratta di un’attitudine totalmente naturale e appartenente alla loro indole. Sono le femmine, le capre, a battersi, ciò non ha niente a che fare con le battaglie dei maschi per l’accoppiamento nel periodo dei calori.

E’ un pomeriggio tiepido, caldo per la stagione. In questi versanti assolati ci sono addirittura dei fiori, nonostante si sia in autunno. Beppe riesce a vivere con le sue capre: gli appassionati ricercano ed acquistano maschi e femmine per l’allevamento e la riproduzione, pagando prezzi sicuramente superiori rispetto alla vendita al macello.

Non tutti gli animali sono di razza pura, quindi non iscritti al libro genealogico, ma ogni allevatore sceglie animali che appaghino il proprio gusto e la propria passione. Questo gregge ha delle belle capre, ben tenute, sono presenti le diverse varianti cromatiche del mantello della razza valdostana e… Un paio di settimane dopo, ad Aosta, riceverà dei premi sia nell’ambito della mostra di razza, sia nella battaglia.

Ecco il gregge al pascolo, con Chatillon e Saint Vincent sullo sfondo. Beppe deve controllare che non sconfinino verso orti e vigneti, ma c’è ampio spazio altrove per pascolare. Qualcuno potrebbe dire che è assurdo che questi animali siano fondamentalmente “improduttivi”, eppure nel giro degli appassionati hanno prezzi ben maggiori di una capra da latte.

Preferisco però pensare a come sia assurdo che gli animalisti si oppongano alla battaglia delle capre (ignorandone le dinamiche e i meccanismi), dato che questi animali sono tenuti e curati in modo molto meticoloso e, per l’appunto, la vendita al macello avviene solo a fine carriera. Guardate infatti le loro condizioni fisiche! E ricordo ancora una volta che, qualsiasi tipo di allevamento non intensivo, che sia per passione, che sia per produrre latte e latticini, garantisce la cura del territorio.

Un territorio che, anche qui, ha il suo fascino e la sua vivacità: gruppi di case, vigneti, pascoli, suoni di campanelle, muggiti. Un territorio in cui un giovane può vivere e lavorare mescolando tradizione, passione per gli animali e modernità.


Per il fine settimana e qualche foto

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Scusate l’irregolarità nella pubblicazione dei post, ma le belle giornate chiamano all’aperto, fin quando si può. Mentre pascolo il mio minuscolo gregge sto anche lavorando ad nuovo libro, quindi…

Per il fine settimana, continuano gli appuntamenti. 14-15 novembre ad Ivrea, rassegna della razza pezzata rossa valdostana. Qui il programma delle due giornate.

Sempre nell’area canavesana, ancora domani, 14 novembre, Fiera di San Martino ad Alice Superiore (TO), Valchiusella. Alle ore 14:30 si terrà anche la battaglia delle capre, incontro valido per la qualificazione alla finale canavesana di Locana.

Battaglia che si terrà il giorno successivo, domenica 15 novembre. 29° Esposizione caprina canavesana e, al pomeriggio 12° Finale provinciale della battaglia delle capre.

(foto M. Mahlknecht)

Per concludere, qualche immagine ricevuta dai vari amici. Questa ce l’ha mandata Markus e ritrae un gregge sull’argine del fiume Livenza (TV) nel mese di marzo.

(foto Clà)

Queste due invece le aveva scattate Claudia nel mese di febbraio, in occasione di una visita al gregge di Fulvio, in piena pianura, nel cammino tra le vallate alpine e le colline del Monferrato.


Tanto per cominciare, per aiutare il blog…

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Cari amici, l’altro giorno avevo rivolto una specie di appello per capire se e come eravate disposti ad aiutare questo blog. Evidentemente non c’è nessun esperto di informatica tra i miei lettori, perchè nessuno si è fatto aventi per darmi dei suggerimenti pratici nel far sì che questo sito “possa rendere qualcosa”, o per lo meno possa esserci una piccola remunerazione per coprire in parte le spese. Io sono ignorante per quanto riguarda l’informatica, quindi… Per il momento, mentre sto valutando se aprire o meno una campagna di crowfounding, vi ricordo che il migliore aiuto è quello di acquistare i miei libri.

Sono ancora disponibili copie di “Di questo lavoro mi piace tutto”, il libro di interviste a ragazzi e ragazze tra i 15 e i 30 anni che praticano, a vario titolo, l’allevamento. Anche se sono passati alcuni anni dalla sua pubblicazione, la tematica è più che mai attuale per riflettere su difficoltà, passione, motivazioni, problematiche. Questo libro lo potete ordinare direttamente a me e ve lo spedisco. (20 €).

Ovviamente sono disponibili i due libri usciti lo scorso anno, il romanzo “Lungo il sentiero”, ambientato in una vallata alpina, tra alpeggi, storia, leggende. Un giovane cosmopolita scopre le sue radici incontrando un anziano pastore. Anche questo ve lo posso inviare per posta. (15 €)

Il libro fotografico “Pascolo vagante 2004-2014”, 10 anni di immagini a colori tra pecore e pastori, lo trovate on-line attraverso i vari canali di vendita, sul sito della casa editrice o, ordinandolo con un certo anticipo, nelle librerie. La casa editrice è L’Artistica Savigliano, come per i due precedenti. (40€)

Per concludere, la nuova uscita “Io ero nato sensibile”, libro di cui ho curato la pubblicazione, è la storia di Franco Bricco, detto Tirol, un anziano ex margaro, ex commerciante di bestiame, che racconta la sua incredibile vita dalla nascita fino ai giorni d’oggi. Anche questo ve lo posso spedire, oppure lo potete acquistare dall’editore o ancora, ordinandolo in libreria. (15€)

Scusate il post “pubblicitario”, ma non si vive solo di idee e ideali… Inoltre, regalare un libro per Natale, è sempre una bella idea.

Contattatemi per gli ordini e vi comunicherò i dati per effettuare il pagamento. Grazie a tutti.


La montagna (abbandonata) brucia

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Da ieri sera la montagna brucia. Perchè vi parlo di questo? Cosa ha a che fare con il mondo del pascolo? No, l’incendio non è colpa dei pastori, anche se spesso questa categoria viene chiamata in causa in queste circostanze.

Da queste parti, quando ero bambina, mi ricordo che c’era quel giorno in cui le montagne su in alto bruciavano e con naturalezza si diceva che si dava fuoco per pulire i pascoli e avere poi erba buona in primavera/estate. Era un fuoco controllato, probabilmente davvero benefico. Sono anni che ciò non accade più, forse tale pratica è stata vietata, forse quei pascoli sono abbandonati. Oggi era il bosco a bruciare.

Recentemente sono stata su quelle montagne che gradatamente discendono verso il mio paese. C’è ancora qualcuno che porta su le bestie d’estate, ma sicuramente non sono più utilizzate come un tempo. Spero di riuscire a trovare il libro “Un fiume di capre” di Mario Borgna, che parla delle origini e delle tradizioni pastorali del Vallone di Grandubbione, uno di quei posti dove un tempo la montagna era tutta curata, abitata, coltivata, pascolata.

Ora regna l’abbandono quasi totale. Le vecchie baite crollano, i terrazzamenti vengono inghiottiti dal bosco, i prati si riempiono di cespugli. Il lavoro, la fatica di generazioni scompare nel giro di pochi anni e chissà se ci sarà qualcuno che saprà recuperare quei terreni, quei luoghi?

Ci sarà qualcuno che ritornerà? Non è facile oggi vivere lassù, anche se la quota non è eccessivamente elevata. Come ho già scritto tante volte, abbiamo più comodità, più mezzi, più strumenti, ma anche più vincoli, restrizioni, esigenze che rendono difficile vivere e lavorare in certi luoghi. Non si possono avere tante bestie in quelle realtà e, con poche, è difficile far quadrare i conti a fine mese, a fine anno…

In alto, sulle creste, l’erba non pascolata crea un materasso giallo, scivoloso e facile preda del fuoco, se qualche pazzo piromane ha strane idee. Ce n’è davvero tanta… e l’autocombustione non si verifica praticamente mai, non qui, non con queste condizioni.

Anche i boschi un tempo erano diversi. Qui si taglia ancora la legna, per lo meno nei posti piú accessibili. Legna buona da ardere, legna di faggio. Un tempo da queste parti si produceva anche tanto carbone, ma è un altro elemento che ormai appartiene al passato.

Quando qui si allevava, che fossero capre, pecore o vacche, i boschi erano più puliti perchè anche le foglie erano utili. Ho sentito raccontare anche di “materassi” per gli uomini riempiti di foglie di castagno. Ma castagni e faggi fornivano materia prima soprattutto per il gias, la lettiera delle stalle. In pianura si usa la paglia, ma in montagna c’erano le foglie. E oggi quelle foglie restano tutte lì ad accumularsi nei canaloni, nessuno le rastrella, nessuno le porta a valle nei garbin o nei fiurè.

I canadair hanno lavorato fino all’oscurità, adesso l’incendio pare domato, dopo 24 ore di fiamme e fumo. Forse, un tempo non c’erano i piromani, ma se anche ci fossero stati, in una montagna viva c’era poco da bruciare…


Un suono diverso

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La fiera della calà chiude il mese di ottobre e la stagione. Per fortuna anche quest’anno il tempo è stato clemente, regalando agli allevatori e al pubblico una bella giornata di sole caldo. Come ormai ben sapete, Bobbio Pellice ha due fiere, una per la salita e una per la discesa dall’alpe. Entrambe sono momenti di festa.

La maggior parte degli animali partecipa alla sfilata, ma qualcuno al mattino arriva già prima con il gregge, anche perchè dopo sarà magari impegnato a dare una mano ad amici e parenti che passeranno con la mandria nel centro del paese.

Tutti man mano raggiungono i loro posti da cui poi partiranno, altri arrivano dalla stalla e, senza fermarsi, imboccano la strada principale. I colori sono quelli dell’autunno, un autunno iniziato senza piogge, con belle giornate di sole e temperature sopra la media.

Quando la sfilata prende il via, con un breve spazio tra un gruppo di animali e l’altro, si procede fino alla fine. C’è qualche automobilista impaziente che, a tutti i costi, vuole infilarsi tra le mandrie o ripartire in senso contrario in direzione del fondovalle. Il servizio d’ordine cerca di bloccare tutti, ma ogni tanto una delle auto parcheggiate lungo la strada si mette in marcia, incurante di tutto ciò che sta accadendo.

Come sempre sono numerosi i giovani: allevatori, amici, aiutanti, figli e nipoti. Una valle viva e con un futuro, anche se le difficoltà si fanno sentire qui come ovunque. Quello però è un giorno di festa, quindi per qualche ora si mettono da parte i pensieri.

Solo in un caso, pur nell’atmosfera gioiosa, c’è un momento per la serietà e la riflessione. Anche chi non conosce la tradizione capisce che sta accadendo qualcosa di particolare quando passa una mandria senza i rudun, i tradizionali grossi campanacci. Tutti gli animali hanno al collo campanelle di un altro tipo, dal suono argentino, ma che per qualche istante raggela l’aria. C’è stato un lutto in quella famiglia, quindi non si attaccano i rudun della festa. Gabriella me l’aveva detto e mi aveva raccontato come avesse dovuto cercare di spiegarlo al piccolo Federico, che faticava ad accettare il fatto che non si potessero mettere i campanacci al collo delle mucche.

Tutte le altre mandrie invece avanzano con il suono dei rudun, a dare il ritmo al loro cammino. Si respira davvero aria di festa. C’è chi è sceso da poco, chi già aveva lasciato da qualche settimana l’alpeggio, ma comunque la gran parte degli animali viene ancora tenuta al pascolo nei prati della valle.

La sfilata continua, poi arriva il gregge a chiudere il passaggio degli animali. Lo seguo fino ad arrivare nella piazza gremita di gente.

E’ qui che la maggior parte delle persone ha assistito a questa festa, facendo ala al passaggio di allevatori ed animali, scattando foto, girando video. C’è anche la RAI a realizzare un breve servizio che andrà in onda la sera sul TG regionale.

Dopo chi vuole potrà ancora vedere gli animali con più calma, aggirandosi tra i recinti in cui sono stati collocati. Ci si ferma, si incontrano gli amici, si fanno quattro chiacchiere.

Intanto, ogni azienda (qui la maggior parte degli allevatori produce anche formaggio) prepara il banchetto per la degustazione e i turisti si mettono in fila. Si inizia con la mustardela, poi si passa da tutti i vari produttori, tra tome e saras.

C’è chi fa acquisti tra le bancarelle, chi va a mettersi in coda per il pranzo, anche per quest’anno la fiera di Bobbio è stata un successo. In valle manca ancora la fiera di Luserna e poi via via ci si preparerà all’inverno.


Fiere, altri eventi e un importante appuntamento per i pastori vaganti

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In Lombardia si cerca di far qualcosa per tutelare la pastorizia nomade e rilanciarne i prodotti. Non è la prima volta che si tenta di mettere in piedi iniziative in tal senso, ma ora più che mai è necessario essere uniti tra pastori per affrontare problematiche e opportunità.

Questa è la lettera di convocazione per l’incontro, aperto a tutti gli interessati di tutto il Nord Italia (non solo Lombardia!!), che si terrà il 25 novembre a Zanica (BG) in via Aldo Moro 9 alle ore 20:30. Lo so che, facendo il pastore, è difficile spostarsi ed avere tempo, ma sarebbe importante partecipare per riuscire a “costruire” qualcosa, altrimenti si rischia di perdere un’importante opportunità.

(foto M.Ziliani)

Quest’immagine l’ho presa dalla pagina Facebook di Antonella, la moglie di Massimo, uno degli organizzatori dell’incontro, da cui ero stata quest’estate in alpeggio. Ritrae il gregge verso Ostiglia. Pensate che uno dei problemi della pastorizia nomade è il fatto che, per legge, gli argini (come questi, del fiume Po) non sarebbero pascolabili!!! Ogni singolo pastore si lamenta, ma… se fossero tutti uniti, magari si potrebbe ottenere qualcosa! Per partecipare alla riunione o per avere maggiori informazioni sull’iniziativa: Massimo (3388199503), Tino (3335225220) e Silvestro (3472237255).

Questo fine settimana invece vi segnalo ancora alcune fiere e feste. Dopo il successo dello scorso anno, vi invito a venire alla Fiera di Pomaretto all’imbocco della Val Germanasca (TO), sabato 21 novembre. Ore 8:00 apertura e arrivo degli animali, ore 15:00 premiazione. Sono previsti circa 500 capi in mostra.

Altra fiera a Villanova Mondovì (CN), in occasione della festa di santa Caterina, si terrà BEE, pensieri, parole, formaggi. 22 novembre 16ª rassegna ovicaprina e fiera mercatale di Santa Caterina. Qui sul sito del Comune, il programma dettagliato della manifestazione.

Sempre domenica 22 a Perloz (AO), tradizionale 34° battaglia delle capre. Inizio dei combats alle ore 13:00. Sono gli ultimi appuntamenti prima della stagione invernale…


Cercando il passato

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Vi ricordate il Gard, quell’alpeggio abbandonato dove vi avevo “accompagnato” qualche settimana fa? Tramite amici ho saputo che Mario, l’ultimo pastore ad essere salito lassù “stabilmente” è ancora in vita, ospite di un particolare centro per anziani ad Angrogna, il Foyer.

Così, con Valeria, un’amica anche lei a caccia di testimonianze del passato, andiamo ad incontrare gli ospiti di questa struttura. Tra di loro c’è Pierin, 81 anni, brillante nello spirito e meraviglioso scrigno di ricordi. “Per imparare un lavoro? Bisogna farlo! Adesso come si fa ad insegnare ai giovani a tenere la montagna, adesso che non c’è più nessuno che sa come si fa? Dove ci sono rovi, c’erano campi. Dove ci sono gerp (gerbidi, incolti), c’erano campi. C’erano muri che tenevano su tutto. In montagna non mancava niente, andavamo a Pinerolo a vendere la paglia di segale per fare i tetti, giù non c’era niente da comprare! Mussolini delle cose giuste le ha anche fatte, non doveva rimanere un palmo incolto, si produceva tutto italiano e quello era giusto!

Le storie qui sono storie del territorio. Non tutti le vogliono o le sanno raccontare come Pierin. Alle pareti, foto, poesie, pensieri, ritagli de “L’Eco del Chisone” dove si parla delle recenti fiere zootecniche di valle. Continua Pierin:”Si passava dal Colle della Croce per andare a prendere il sale e si barattava con le castagne. Adesso i giovani… non sanno più usare una zappa o un tridente! Ci vanno anche le fabbriche, perchè sono quelle che rendono, e poi ci va l’agricoltura. I giovani di oggi tengono tante pecore perchè danno meno lavoro, non c’è da mungerle, mentre di vacche ne tengono meno di una volta.

Andiamo ad ascoltare anche Mario, ma un po’ i problemi di udito, un po’ una generale stanchezza, non è loquace come il suo coetaneo. “Le pecore le ho tenute a lungo, fin quando ho potuto, sono solo quattro anni e mezzo che le ho vendute, quando sono stato male. Mi hanno ricoverato a Pinerolo, poi a Torre Pellice, poi mi hanno portato qui, se mi piaceva potevo restare, e sono rimasto.

Cerchiamo di farlo parlare dell’alpeggio, di quello spuntone a picco sulla valle, ma sembra ritenere l’argomento poco interessante. Forse crede che a noi non possa interessare… “Là sono stato 10 anni da solo e 12 anni con mio cugino. Le case erano già tutte giù, pioveva già dentro. Avevo un 100-120 bestie, anche qualche capra, mie e qualcosa di quelli che me le davano su.

Non sa dirci niente sul passato, su chi salisse prima di lui, quante persone vi fossero un tempo, o forse siamo noi a non riuscire a farci capire. “Ci volevano quattro ore a salire con la roba a spalle. Giù mungevamo, quando eravamo tutti, ma su no, il latte si mungeva per i maiali, si dava ai maiali per ingrassarli. A dieci anni andavo ancora a scuola quando mio papà mi ha messo in mano il dai (la falce) per tagliare l’erba. I giovani d’oggi fanno come possono, non c’è più lavoro in fabbrica e nemmeno nei boschi, quindi va bene anche fare i pastori.

Una vita spesa con gli animali, lassù su quei pascoli, poi d’inverno in pianura, comprava il fieno in una cascina a Villafranca. Per noi oggi è naturale spostarci, viaggiare, andare un giorno qui, uno là. “Non sono mai andato in Val Germanasca. Sono andato fino a Prarostino. Poi a Pinerolo, all’ospedale…



Un commento a caldo sulla battaglia

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Prima di proseguire in ordine cronologico con gli aggiornamenti del blog, “a caldo” volevo parlarvi della battaglia delle capre di Perloz, dove sono stata ieri. Oltre dieci anni fa, quando stavo iniziando a muovermi in questo mondo, avevo comprato un libro, “Alla ricerca dei pascoli migliori” di Guido Mauro Maritano. Tra i vari aspetti del mondo pastorale si parlava anche della battaglia delle capre… in particolare di quella di Perloz.  Sul sito della Pro Loco questo paese viene definito “luogo simbolo” per questa manifestazione.

Perloz è un comune collocato all’imbocco della valle del Lys, borgate sparse, aggrappate alla montagna. A questa stagione, in località Tour d’Hereraz il sole non è ancora arrivato quando sono quasi le undici.

Sono stata diverse volte a queste manifestazioni, ammetto di non avere una particolare passione per le battaglie in quanto tali, preferisco osservarle quando avvengono dal vivo in natura. Spesso, messe l’una di fronte all’altra, le due capre non combattono affatto, mentre lo fanno quando sono ancora in attesa di essere portate in campo. Certo, alcuni incontri invece sono più partecipati e coinvolgenti, ma anche qui si parla comunque di passione, come per tutte le cose.

È bello essere lì per il posto, per vedere gli animali, per incontrare amici e per vivere l’atmosfera della giornata. Direi che Perloz è una cornice particolarmente indicata per questo evento. Mi dicono che le battaglie delle capre, come manifestazione pubblica, sono nate proprio qui.

Le capre sono tutte al loro posto sul prato. Quelle che parteciperanno ai combats sono state pesate e portano il numero scritto sul fianco. Ci sono animali davvero belli, sia come morfologia, sia come condizioni. Molti di questi potrebbero esser definiti “viziati”, tanta è la cura che viene loro dedicata.

C’è anche la RAI regionale a riprendere la manifestazione e fare qualche intervista. Agli animali viene dato fieno, acqua, fioccato. Sono tutte tranquille e attendono pazientemente, sono curiose e per nulla spaventate dalla gente che passa tra una fila e l’altra. La sera rientreranno poi nelle loro stalle, con le greppie piene di fieno.

Dovete sapere che, intorno a questa pacifica “battaglia”, ne infuria una ben più “cruenta”. Ne avevo già accennato qui, quando ero stata nella valle del Lys per far visita a vari allevatori che ho ritrovato anche ieri. Anche quest’anno infatti la finale della battaglia delle capre si è tenuta ad Aosta e non a Perloz. Ma i “ribelli” hanno dato ad un comitato indipendente, con una serie di incontri e la finale, che si tiene come sempre in questo Comune.

Ieri di pubblico ce n’era, tanto da far dire che la manifestazione è stata un successo. Allevatori e appassionati locali, moltissimi piemontesi di varie parti della regione, in un’atmosfera di festa in cui, ovviamente, c’era anche quel minimo di “tensione” per i combats.

Ma più che altro si era lì per le capre. 151 animali partecipanti agli incontri, più tutti gli altri. Ciascuno ha la sua teoria sulla razza Valdostana, ma che sia Piemontese o della Vallèe, sta di fatto che ormai c’è un mercato tra le regioni confinanti, esemplari che vengono acquistati e venduti, sia per le battaglie, sia per la bellezza dei capi in quanto tale.

Pastori, allevatori di capre per passione, allevatori di montagna, c’è chi ha un altro lavoro e poi ha questa “malattia” per le capre… Ci si ritrova tutti qui, molti erano la scorsa settimana alla battaglia di Locana in Valle Orco. Insomma, è un piccolo mondo con questi appuntamenti stagionali.

Si pranza in compagnia, ci sono persone di tutte le età, famiglie. Direi che l’atmosfera è quella della vera festa, mi fanno sorridere le “battaglie collaterali”, le ripicche, certe frasi che ho letto qua e là on-line su quale sia la “vera” finale ecc ecc. Possibile che non ci si possa divertire e basta?

Sicuramente Perloz ha l’atmosfera di montagna e di genuinità. Sarà al fondo della valle, sarà scomodo da raggiungere, ma (da ignorante che non conosce tutti gli aspetti che stanno dietro allo spostamento della finale all’arena di Aosta) trovo che gli appassionati di manifestazioni del genere possano sicuramente apprezzarne anche il contorno “autentico”.

Ma poi alla fine… perchè sempre polemizzare? Sarebbe bello essere tutti uniti, specialmente quando si parla di settori sicuramente un po’ marginali. Più ci si frammenta, più c’è rischio di scomparire. Le tradizioni dovrebbero rimanere autentiche, è inutile cercare di trasformarle in attrazioni turistiche. Lo si può fare, ma… alla fine un certo pubblico gradirà maggiormente il prato, il panorama della montagna, il rustico “palco” degli speaker.

I combats iniziano al pomeriggio e proseguiranno fin quando sarà buio, con la proclamazione delle regine. Arriva l’aria della neve in questa valle, sono proprio ripidi pendii da capre. Spero che rimanda viva la passione, la determinazione dei giovani (e meno giovani) nel tramandare queste tradizioni.


La fiera di Luserna non delude

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Il 2 di novembre si sa dove andare, a Luserna San Giovanni per la Fiera dei Santi. Per fortuna è una di quelle fiere che continua a non deludere, a differenza di altre che stanno “perdendo colpi”. Qui si trovano i commercianti con il loro bestiame, gli allevatori locali con mandrie e greggi, animali di tutti i tipi, bancarelle con ogni genere di merce.

Da dove iniziare? Qualunque sia la via di accesso che scegliete per entrare a Pralafera, trovate qualcosa da vedere. Nonostante il giorno feriale (quest’anno cadeva di lunedì), di gente ne arriva sempre di più e ad un certo punto diventa quasi difficile muoversi. Mai come lo scorso anno che era domenica…

Anche l’edizione 2015 è stata fortunata dal punto di vista meteo, così ne hanno beneficiato sia la fiera, sia gli animali, sia il pubblico. Acquisti se ne potevano fare di ogni genere… le bancarelle “del settore” erano molto numerose, credo che sia la fiera dove ho visto il maggior numero di sellerie con i loro prodotti.

Ci sono quelli che hanno il fornitore di fiducia, altri che girano, guardano, confrontano i prezzi… C’è chi compra proprio solo quello che serve per il lavoro, chi comunque si toglie ancora un capriccio aggiungendo una campana alla sinfonia del proprio gregge, della propria mandria.

A proposito di campanacci, mentre fotografavo gli animali degli allevatori locali, mi è capitato di ascoltare questa conversazione. Un anziano, parlando con un conoscente incontrato lì alla fiera, così commentava: “Sono solo i veri marghè che attaccano quelle campane, i rudun. Sono i marghè che vanno in montagna!

C’è tutta un’area dedicata ai piccoli animali: anatre, galline, conigli, tacchini, pollame di ogni tipo, ma anche asini, lama, ponies…

…e pecore “strane”! Iniziano a vedersi sempre più spesso, alle fiere, pecore nane che alcuni pensano di acquistare come tosaerba economici ed ecologici per tener puliti i giardini. Ricordiamo che, anche se di piccola taglia, anche questi animali hanno le loro esigenze. Finita l’erba occorre provvedere con il fieno!!

Dalle cascine e dai pascoli della valle, man mano arrivano i vari allevatori con i loro animali. Si passa dove si può, tra auto, vacche dei commercianti già tutte disposte in fila, pubblico che man mano affluisce per visitare la fiera. Ciascuno ha il suo buon numero di amici accordi per aiutare in questa giornata speciale e poi fare festa tutti insieme. Chi ha sia bovini, sia capre, sia pecore… arriva con tutto, in una sfilata annunciata dal suono dei campanacci.

C’è anche altra musica alla fiera, vari artisti si esibiscono qua e là, chi suonando, chi facendo ballare delle marionette. Altrimenti si può anche osservare dal vivo il lavoro di qualche artigiano che scolpisce il legno o realizza ceste e cestini.

Prodotti tipici. Pane, farine, miele… Ortofrutta di ogni tipo, con tutti i coloratissimi prodotti di stagione. Tante mele, castagne, porri, aglio, zucche di ogni forma e colore, kiwi e frutti un po’ più strani, sia “nuovi”, sia antichi come le nespole locali, ben diverse da quelle giapponesi.

C’è anche chi porta prodotti tipici di altre regioni, sia nell’ortofrutta, sia per quello che riguarda salumi, formaggi, legumi. Non mancano ovviamente numerose bancarelle di calzature, vestiario, sia specifico per il settore agricolo/zootecnico, sia generico.

Molti margari sono presenti con le loro bancarelle di formaggi, quelli stagionati dell’alpeggio e quelli freschi, prodotti quando ormai si è scesi in pianura. “Da chi posso comprare del buon formaggio?“, mi chiedono degli amici. C’è l’imbarazzo della scelta!

Arrivano ancora animali, questa è la volta di un grosso gregge che in seguito si sposterà poi verso la pianura, per pascolare prati nel corso di tutto l’inverno, senza dover ricorrere (si spera) al fieno in stalla.

Un tempo parallelamente alla fiera, c’era anche la mostra della pecora frabosana-roaschina, che però purtroppo da qualche anno non si tiene più. Mi hanno detto che quest’anno non è più nemmeno stata fatta la rassegna della bovina Barà… Credo che le motivazioni siano da ricercare “semplicemente” nella crisi e nella carenza di fondi a disposizione per organizzare questi eventi.

Nonostante le difficoltà, c’è ancora chi acquista e contratta, che si tratti di capre, pecore o bovini. Molti però si limitano a guardare e commentare. Ho incontrato numerosi pastori, anche da altre parti d’Italia, così abbiamo fatto quattro chiacchiere sui problemi, che sono i medesimi ovunque.

Al pomeriggio, diverse bovine portavano sulla schiene un segno che le identificava come vendute, quindi qualcosa si muove ancora… Nonostante l’aria di festa e la giornata da trascorrere in allegria e compagnia, il settore non se la sta passando bene. I problemi per chi conferisce il latte, le normative che impongono sempre più spese ed adeguamenti per lavorarlo in azienda o in alpeggio…

Si pranza in compagnia e allegria, il giorno della fiera per molti (giovani, ma non solo) è soprattutto questo, una giornata in cui si abbandona la routine lavorativa. Ci sarà poi forse da lavorare di più la sera, ma sono occasioni annuali da non perdere.

Gli animali attendono pazientemente che la giornata finisca e riprenda tutto come prima. Man mano la gente va via, rientra ai propri lavori e incombenze. Arrivederci al prossimo anno a Luserna. Ovviamente qui ho potuto mostrarvi solo poche immagini tra le tantissime che ho scattato, ma gli amici che sono su facebook, come sempre, possono vedere l’intero album dedicato a questo e a tutte le altre manifestazioni a cui ho partecipato.


Ciao, Daniele…

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Stavo preparando un post di tutt’altro tipo quando, facendo scorrere le notizie su Facebook, ho visto passare un’immagine di una persona che mi sembrava di conoscere. Non ero sicura si trattasse proprio di lui, mi sembrava più giovane di quel che l’avevo conosciuto io anni fa. Un rapido giro di messaggi e telefonate è stato sufficiente per avere la conferma.

Avevo incontrato Daniele in mezzo al gregge, lavorava con un altro pastore, suo compaesano. Era originario di Campertogno, in Valsesia, da dove partiva per venire a lavorare per la stagione di pascolo vagante. D’estate solitamente invece rientrava a casa, per lo meno in questi ultimi anni. Non era facilissimo comunicare con lui a causa di problemi di udito, conseguenti ad un incidente. Diceva che non era necessario parlare forte, anzi… più si alzava la voce, meno capiva. Permettetemi di ricordarlo con alcuni aneddoti divertenti, non credo che si offenderebbe. Era lui che si occupava di preparare pranzo, al pascolo, così un giorno aveva telefonato al pastore per sapere cosa preferisse mangiare, quel giorno. Solo che aveva telefonato al figlio e non al padre, e questo continuava a dirgli che aveva sbagliato persona… ma lui subito non capiva! Alla sera, in cascina, tutti lo prendevamo in giro per quella storia!

Un’altra volta invece il pastore gli aveva spiegato dove andare. Daniele spesso era anche l’autista, così partì con fuoristrada e rimorchio e lo vedemmo prendere la direzione esattamente opposta a quella che gli era stata indicata… Prima che lo conoscessi io, portava l’apparecchio acustico, ma poi l’aveva perso in un’avventura notturna, uno di quegli scherzi/sgarbi che i pastori rivali a volte si fanno l’un l’altro. Nella fuga precipitosa che aveva concluso quella serata, Daniele aveva perso il suo apparecchio e aveva deciso che poteva anche andar bene così, una vita in un mondo più ovattato e silenzioso di quello di tutti gli altri. Non era particolarmente anziano, non so quanti anni avesse, ma era consumato dalla vita. Mi dicevano che, da giovane, avesse una forza immensa.

Qui si era in montagna, nei primi giorni d’alpeggio, quando ci sono tanti piccoli/grandi lavori da fare per prepararsi alla stagione estiva lassù. Daniele lo stava affrontando con grande cura. Non possiamo nasconderci che, come tanti, amava particolarmente il succo d’uva. Quando era sul lavoro non eccedeva, ma i periodi in cui era lontano dal gregge e dalle sue mansioni, si lasciava andare eccessivamente. Ciò sicuramente può aver contribuito ad accelerare la sua dipartita. Un personaggio che sarebbe stato bene nei libri di Mauro Corona, anche perchè questo scrittore non si è inventato nulla. Da ovest ad est, nei paesi di montagna, troviamo personaggi come lui. Adesso ce n’è uno in meno. Ciao, Daniele…


Poche capre ad Aosta?

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Ero stata alla Foire des Alpes alcuni anni fa, nel 2012, mi sembra. Nell’arena dove si tiene la finale della Battaglia delle Reines, in novembre viene organizzata questa rassegna ovicaprina. Capre di ogni razza non da latte (non saanen e camosciate, per intenderci), ma principalmente Valdostane e pecore, soprattutto Rosset.

Quest’anno sono riuscita a tornare, ma anche qui ho ricevuto una parziale delusione dal numero di animali presenti. Sono arrivata al mattino presto, alla Croix Noire il sole non era ancora arrivato e faceva freddo, mentre il versante della valle esposto a sud era già inondato dal sole. Gli animali arrivano alla spicciolata, con i loro padroni.

E’ bella l’atmosfera che si respira qui. Si capisce che c’è davvero la passione… Anche se c’è uno stimolo/obbligo che fa sì che le persone partecipino a questa rassegna. Mi viene spiegato che, per ricevere i contributi economici legati all’allevamento ovicaprino, bisogna portare i propri animali aquesta giornata. Da una parte questo mi sembra anche giusto: ti concedo degli aiuti economici e tu, per un giorno, mi “aiuti” a dar vita ad una bella manifestazione a livello regionale che attira visitatori ed appassionati.

Però… però quest’anno di animali ce n’era molti meno di quanti me ne ricordavo e anche la gente del luogo mi conferma l’impressione. Ci sono molti box delle capre vuoti. Ciascuno può portare due animali: o due capre, o due pecore o una capra e una pecora. L’indomani poi, nella stessa sede, ci sarà la finale della Battaglia delle Capre, ma ci sono allevatori che parteciperanno anche il giorno successivo.

Nella parte centrale dell’arena ci sono animali in vendita. Caprette giovani, becchi, vari esemplari, ma anche il pubblico è relativamente scarso. Non aumenta nemmeno nel pomeriggio.

Anche se le Valdostane sono le più rappresentate, ecco anche capre Vallesane. Razza con il pelo lungo, per far bella figura in occasione della rassegna, si da ancora un ultimo colpo di spazzola finale prima che arrivi il pubblico.

Poco per volta arrivano tutti. Se per le capre abbiamo allevatori di tutte le età, ma molti giovani, così ad occhio l’età media di chi ha portato pecore invece è maggiore. Sono due passioni differenti: le capre sono legati alle battaglie, mentre le pecore… sono una “malattia” e basta!

Al piano superiore, varie bancarelle: miele e candele, biscotti, frutta, verdura, formaggi, ma la scarsità di pubblico si ripercuote anche sugli affari in questa zona. Ci sono proprio solo gli addetti ai lavori, mentre quella volta nel 2012 mi ricordo un gran afflusso di pubblico di ogni genere.

Oltre a capre e pecore, possono essere portati a questa rassegna altri animali. Insomma, tutto tranne i bovini. Lama e altri camelidi ormai iniziano ad essere abbastanza diffusi, poi ci sono degli asini, mancano le renne che avevo visto anni fa.

I becchi in mostra cercano di battersi l’uno contro l’altro. Qualcuno osserva, chiede, contratta il prezzo. In molti mi chiedono spesso dove e come trovare capre di questa razza e io a tutti avevo risposto che questa rassegna era l’occasione migliore. In realtà quest’anno, pur con un buon numero di animali, non ho ritrovato la qualità e quantità che ricordavo.

Ci sarà una valutazione ed una premiazione dei capi migliori. I box non riportano il nome dell’allevatore, ma ogni animale ha un numero al collo e si può consultare le schede dove sono tutti registrati. Gli animali attendono, mangiano fieno, passano gli allevatori a portare acqua. La struttura è perfettamente organizzata, ma fa male vedere tutta una parte vuota.

Dopo pranzo, categoria per categoria, vengono chiamati in campo gli allevatori con i loro capi. C’è una rosa di finalisti tra i quali i tecnici sceglieranno le prime tre, valutando le migliori caratteristiche di razza. Il consulto dura qualche minuto, poi arriva il responso.

Viene letta la motivazione che ha determinato la scelta: ovviamente, gli animali premiati devono il più possibile presentare le caratteristiche che contraddistinguono questa razza ed essere ben tenuti. Solo un cordone di pubblico intorno al ring assiste alla premiazione, sono allevatori, amici e parenti. Nessuno sugli spalti.

Come vengono proclamati i vincitori della categoria delle capre, molti allevatori si avviano già ai box a prendere i propri animali ed avviarsi verso camioncini e furgoni. Vengono ancora chiamati i premiati per la pecora Rosset. E’ difficile trovare capi che rispondono esattamente alle caratteristiche originali della razza, dato che molteplici incroci l’hanno snaturata. Solo poche hanno le corna, caratteristica che un tempo era maggiormente presente. La premiazione conclude la rassegna e rapidamente tutti tornano ai loro lavori in azienda, molti pensando anche alla battaglia del giorno successivo.


Appuntamenti per il fine settimana

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Scusate il ritardo, solitamente pubblico con maggiore anticipo gli eventi per il fine settimana, ma… si fa come si può, questo è solo un passatempo e non un lavoro!

La priorità l’ho data alle mie caprette, che riesco a far pascolare fuori almeno qualche ora al giorno, visto che il meteo si mantiene buono. Al mattino c’è la brina, ma oggi in giornata il sole era abbastanza caldo. Ci sono persino i noccioli con gli amenti che stanno per rilasciare il loro polline, decisamente fuori stagione!!

L’altro motivo del mio ritardo è legato a questo gregge, che è arrivato oggi nel mio paese. In questi giorni ho accompagnato un paio di tappe del suo spostamento. In Piemonte non sono ben definite le zone di pascolo, quindi può capitare che un pastore, trovando altre greggi sul suo cammino, si sposti a cercare erba anche in Comuni dove prima non era mai stato.

Tornando agli appuntamenti, domani sera, 28 novembre, vi invito a Lusernetta, il paese di cui è originario Franco “Tirol”. Alle ore 21:00 presentazione del libro “Io ero nato sensibile”, di cui ho curato l’edizione.

Per domenica 29 novembre invece vi segnalo la rassegna caprina a Vico Canavese (TO), con battaglia delle capre alle ore 14:00.

Sempre domenica 29, a Sondalo (SO), “una domenica con la Frisa“, rassegna caprina dedicata alla capra Frisa. Alla rassegna è abbinato il 27 °concorso per razze ovine e caprine locali. Qui ulteriori dettagli.


Bello, però…

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Sono passate un paio di settimane da quando ho scattato queste foto, ma nel frattempo non è cambiato quasi niente, anzi… E’ sì arrivato un po’ di freddo, ma non è ancora quello giusto per la stagione e, in questi giorni, si sta verificando una sensibile inversione termica, con temperature sui monti maggiori rispetto alla pianura.

Era quasi la metà di novembre e, in montagna, sopra all’ultimo centro abitato, in una zona che potremmo definire “di alpeggio”, c’erano ancora animali al pascolo. Normale? Non proprio. A quelle quote, in questa stagione, dovrebbe già esserci la neve. Forse ha ragione il detto che recita: “se nevica sulla foglia, l’inverno non da noia” (in dialetto fa rima). Infatti la prima nevicata a bassa quota era avvenuta quando ancora gli alberi non avevano iniziato a perdere le foglie.

A quote maggiori il silenzio, il vento che soffia, un po’ di ghiaccio dove non batte il sole, ma per il resto i ruscelli scorrono ancora normalmente. Con poca acqua, ma scorrono. E’ bello poter fare ancora delle gite senza pericoli, camminando sui sentieri senza problemi, ma tutto ciò è preoccupante. Serve la neve a coprire il terreno, servono le scorte d’acqua. Tra tutti i problemi della montagna, quello climatico non può che non preoccupare. Questo alpeggio è stato abbandonato da tempo, oggi se ne utilizza uno più a monte in una posizione migliore.

Sono cambiate tante cose, nel corso degli anni, dei secoli, ma cosa succederà se il clima continuerà a cambiare così? Queste genzianelle sono di nuovo fiorite, ma non hanno rispettato i loro tempi, i loro cicli, confuse dalle temperature. Anche gli animali accusano comportamenti anomali. Per esempio quest’anno molti mi hanno raccontato di come le capre siano andate in calore in anticipo, ritornando poi ad andare successivamente e finendo per essere “in ritardo” sulle tempistiche normali.

L’alpeggio ovviamente è deserto e silenzioso. Forse quella giornata era fin più calda di altre nella stagione estiva, ma ovviamente ormai lassù non c’è nulla da mangiare, l’erba è stata interamente brucata. Quella poca neve che c’è resiste solo dove non batte il sole, ma il vento caldo la sta comunque facendo scomparire velocemente.

Più su sulle creste i camosci pascolano. Certo, faticano meno pure loro, ma per avere erba e acqua, deve nevicare. Le previsioni sono una desolante distesa di soli gialli, nemmeno offuscati da una mezza nuvoletta. I pastori in pianura lavorano bene, tanti hanno ancora bestie al pascolo anche senza fare pascolo vagante, i trattori passano a tagliare erba per portarla in stalla, ma… ma il grano cresce senza la protezione della neve. E non sa davvero più cosa ci si può aspettare. Tra pochi giorni è Santa Bibiana. Se i vecchi detti valgono ancora e se continuerà con questo clima… 40 giorni e una settimana di sole, vento, temperature anomale?

Quando l’erba finirà, quando tutto sarà troppo secco, anche questi animali verranno riportati in stalla. Non è lontana, non abbandonano la valle, ma scendono solo alla frazione poco più giù, sul versante solatio della vallata.

Vicino alla stalla anche le vacche da latte vengono ancora messe fuori a mangiare erba durante il giorno. Certo, non bisogna lamentarsi e “prendere quello che c’è”, ma il cambiamento climatico non è da sottovalutare o da ignorare, soprattutto quando l’uomo ne è almeno in parte responsabile. Non chi vive e lavora quassù… ma a pagarne le conseguenze siamo tutti!


Foto varie e appuntamenti

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Segnalazioni per il fine settimana, in modo che possiate organizzare i vostri impegni se siete interessati. Sabato 5 dicembre a Bergamo l’evento conclusivo del Festival del pastoralismo alla Sala sopra la Porta Sant’Agostino: alle 17 verranno proiettati i film sulla pastorizia “Tutti i giorni è lunedì” (Piemonte) “Fuori dal gregge” (Lombardia). Domenica 6 dicembre a Caselle Torinese, Fiera di Sant’Andrea.

Questo venerdì, 4 dicembre, sarò a Finale Ligure, o meglio, al Museo della cultura contadina di Orco Feglino, ore 21:00, ospite del CAI per presentare i miei libri. Amici Liguri, potrebbe essere una bella occasione per incontrarci!

(foto M.Verona)

Un po’ di vostre foto di transumanze, alpeggi, fiere. Queste immagini del mese di giugno riguardano la transumanza a Pequerel in Val Chisone e sono state scattate dai miei genitori.

Alcune immagini estive inviate da Adriana. Riguardano la stagione in alpeggio del gregge del figlio Fabio nelle Dolomiti.

(foto M. Mahlknecht )

Fieno in alpeggio in Svizzera, dove Markus ha trascorso la stagione lavorando.

(foto G.Grosso)

Giacomo con alcuni scatti della Fiera di Oropa (BI), tenutasi nel mese di settembre. “Nulla di nuovo che già non si conoscesse. Incontrato Alberto, della Maison “Taglio Avion, con le creazioni della linea “Ol Feder”. Stavolta c’era anche sua mamma, l’artefice della pregiata collezione di vestiario per i pastori (e non solo).”

(foto G.Grosso)

Sempre Giacomo, con immagini di transumanze autunnali in Valchiusella. Grazie come sempre per tutte le foto che mi mandate e che, poco per volta, pubblico per arricchire queste pagine!

(foto G.Zaniboni)

Per concludere, Gabriele ha immortalato il pascolo vagante a San Zenone al Lambro, 27 Ottobre.



Due ricette: capretto e castrato

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Rinnovo ancora una volta l’invito ad inserire nel menù delle prossime feste (ma non solo!) della carne di qualità, allevata in Italia, preferibilmente nella regione in cui abitiamo e… allevata come si deve! Sappiamo che con la carne non dobbiamo eccedere, ma quelle volte che la mangiamo, spendiamo magari un po’ di più andando a cercarla dal macellaio di fiducia che ci garantisce l’origine dell’animale.

Capretto marinato al limone (su internet viene presentata come ricetta veneta)

Tempo di preparazione: 2 ore più il tempo per la marinatura (almeno 12 ore)

Ingredienti per 4 persone:
kg 1,5 di capretto (preferibilmente la parte della coscia)
2 spicchi d’aglio
1 rametto di rosmarino,
qualche foglia di salvia e di alloro
pepe in grani
1/2 bicchiere di olio extravergine d’oliva
2-3 limoni
sale e pepe
Preparazione:

Private il capretto di eventuali parti grasse, lavatelo e asciugatelo. Preparate un trito con gli spicchi d’aglio spellati e le erbe. Mescolate il tutto con un pizzico di sale e passatevi la carne sfregandola bene, poi mettete il capretto in un contenitore non troppo grosso, in modo che rimanga ben raccolto e costretto, versate l’olio e ungete uniformemente tutta la carne.
Irroratela quindi con abbondante succo di limone, aggiungete qualche grano di pepe e ricoprite il tutto con fette di limone. Lasciatelo marinare per almeno 12 ore, voltandolo almeno una volta. Scolate la carne, mettetela in una casseruola o in una teglia (io ho usato la pentola di terracotta), rosolatela a fuoco vivo e regolate di sale. Cuocete nel forno caldo, ungendola di tanto in tanto con il succo della marinatura, a 230° per 1 ora circa o finché risulterà ben dorata in superficie. Servitelo caldo guarnendolo a piacere con fette o spicchi di limone. Nel mio caso, ho continuato la cottura, irrorando con l’intera marinatura, nella pentola di coccio.
Vi faccio vedere anche il mio arrosto di castrato con patate di tre colori. Per chi ha la fortuna di trovare il castrato, carne veramente squisita, animale alimentato al pascolo tutto l’anno (quindi non eccessivamente grasso), ogni preparazione ben si presta ad ottenere ottimi piatti. Nel mio caso, ho rosolato la carne nella mia solita pentola di terracotta con un filo d’olio extravergine, quindi ho aggiunto un trito grossolano di carota, cipolla, sedano, timo, rosmarino, salvia, bacche di ginepro, semi di cumino. Quando era ben rosolato ho bagnato con un bicchierino di cognac, ho aggiunto il sale e le spezie poi ho coperto ed ho lasciato cuocere lentamente. Come spezie, ho utilizzato paprika dolce, coriandolo, misto di pepe (bianco, nero, verde e rosa) e cannella. Durante la cottura (almeno un 2-3 ore), irrorare con brodo vegetale o acqua calda.

Ancora battaglie

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Andare a Locana per la rassegna e la battaglia delle capre è sempre una garanzia per vedere begli animali ed anche in gran numero. Così ovviamente è l’occasione per l’incontro di tanti appassionati, sia piemontesi, sia valdostani.

Quest’anno il freddo era meno intenso che nelle passate edizioni, ma comunque il luogo dove si tiene questa manifestazione in questa stagione di ore di sole ne ha ben poche e l’umidità del vicino ruscello si fa sentire. Man mano al mattino arrivavano i vari gruppi di animali, sui camioncini quelli che provenivano da più lontano, a piedi quelli locali.

La razza più rappresentata è ovviamente la Valdostana, sia perchè è tra esemplari di questa razza che avverrà la battaglia, sia perchè sono questi gli animali allevati prevalentemente da queste parti. E qui a Locana se ne vedono davvero di pregevoli, in tutte le diverse colorazioni.

Come vi ho già detto moltissime volte, ben vengano le battaglie se questo fa sì che si mantenga la razza, che si continui ad allevare questo tipo di animali. E’ una passione, ma anche uno “strumento” di gestione del territorio, sia per quello che riguarda i pascoli, sia per la fienagione.

Un serio problema è quello legato alla ricomparsa del lupo, dato che questi animali per la maggior parte dei casi non viene munta, quindi venivano lasciati liberi di pascolare in montagna. Pensate il danno affettivo, pensate al valore di un capo accuratamente selezionato come possono essere questi bellissimi esemplari. Senza contare poi il pregio se si tratta di capre che ottengono risultati all’interno del circuito delle battaglie!

I confronti inizieranno al pomeriggio, prima ci saranno i riconoscimenti anche per la mostra, questi saranno i premi. Ma a dire il vero non è questa la parte che mi interessa. Sì, perchè ogni volta che vado ad una di queste manifestazioni, sento parlare di polemiche e scontri più o meno accesi non tra gli animali, ma tra le persone!

Perchè bisogna rovinare con le parole una bella giornata di festa che attira tanti appassionati e molti sono giovani o giovanissimi? Non si possono considerare questi incontri come un semplice momento di ritrovo tra persone che hanno la stessa “malattia”?

Una passione che, non mi stuferò mai di mostrarvelo, inizia davvero dalla più tenera età. Sentiamo parlare di giovani che sprecano la loro vita, che se la rovinano in maniera assurda, invece con questa sana passione imparano anche un mestiere, imparano a prendersi cura degli animali, capiscono il valore delle cose, il tempo da dedicarci.

Le battaglie iniziano al pomeriggio, ma non mi fermerò a lungo. Le lascio a chi ha proprio la malattia per questo, rientro dalle mie capre, ormai le giornate sono sempre più corte. Gli echi delle polemiche mi arriveranno poi tramite gli amici, e ciò mi fa davvero dispiacere. Quindi, per tutti quelli che mi stanno facendo la battuta: “Porti poi anche le tue capre alle battaglie?“. Tranquilli… no, non lo farò. Mi basta vederle giocare tra di loro quando ne hanno voglia!!


Quella montagna che resiste, ma…

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Senza rispettare l’ordine cronologico, vi scrivo un post su luoghi e personaggi che ho incontrato pochi giorni fa, mettendo da parte fiere ed altri argomenti di cui vi devo ancora parlare.

Non c’è neve, non c’è ghiaccio, in montagna fa addirittura più caldo che in pianura, dove invece è la nebbia a far sì che le temperature siano più invernali. Anche in una giornata stranamente nuvolosa, dopo un po’ che si cammina in salita fa caldo e l’aria non è pungente come dovrebbe essere a queste quote, in questa stagione. Addirittura si sentono ancora campanelle di animali al pascolo sul versante opposto.

Erba verde, fiori: ci sono primule, pulmonarie, campanule, dianthus e trifoglio fioriti. Le foglie sono secche, asciutte e persino scivolose sulle pietre del sentiero. Nemmeno in primavera le condizioni sono così, dato che c’è tutta l’umidità per lo meno derivante dallo sciogliersi della neve. Neve che per ora non c’è.

Raggiungo Barma Mounastira per vedere com’è stato completato il restauro. Sono case private e, il proprietario, a spese proprie ha sistemato gli edifici e fatto pulizia intorno a questo particolare insediamento. E’ una barma, quindi si tratta di case costruite a ridosso, sotto ad una roccia.

Qui si arriva solo a piedi, seguendo un sentiero, quindi il restauro è avvenuto utilizzando soprattutto materiale locale. Guardate ad esempio questa chiave in legno per rinforzare il muro (ce n’è una uguale dall’altra parte, sul muro opposto), con un riparo in modo che prenda meno pioggia possibile.

Certe cose si possono ancora fare, soprattutto con la volontà personale, la passione, l’attaccamento alla propria terra. Adesso cosa succederà a questo insediamento? Sul giornale c’era scritto che il proprietario spera che qualcuno vada ad abitarci, qualcuno che ami l’isolamento e la vita spartana. Però qui non c’è la luce, non ci sono i servizi igienici, non c’è niente di quella che è la vita “moderna”.

Questa era la lavatrice dell’epoca. Chi tornerebbe a lavare qui? Qualcuno c’è ancora, certo, ma ricordiamoci che comunque, per quanto ci siano volontà e sogni, la burocrazia e certi vincoli inseguiranno anche chi vorrà “scappare” in un posto come questo.

Un tempo comunque quassù si era autosufficienti o quasi. C’è anche il forno. Per riprendere a produrre i vari generi alimentari, c’è ancora un gran lavoro da fare per ripulire i terrazzamenti tutt’intorno. Ormai il bosco ha ripreso possesso di tutto, campi e pascoli.

Notate i dettagli di questo posto, il gusto, la cura, l’arte nel realizzare questi edifici. Non so a quando risalgano gli edifici, non mi sembra di aver visto date incise sulle pietre, ma forse mi sono sfuggite.

Continuando la mia salita, incontro altri insediamenti, completamente abbandonati. Anno dopo anno, i crolli cancellano un muro, un tetto, un’intera baita. E’ un peccato, ma chi potrebbe ancora vivere quassù oggi? Facendo cosa?

Arrivo dove iniziano i pascoli. Dove ho incontrato la pista sterrata che scende da sopra, c’erano boscaioli al lavoro. La montagna si mantiene viva anche tagliando i boschi, tenendoli puliti. Tutta la zona degli alpeggi, fin su alle creste, è senza neve. Quassù non c’è più nessuno, mandrie e greggi sono scese nel mese di ottobre, quando ormai tutta l’erba era stata brucata.

Voglio fare un giro ad anello e spero di trovare il sentiero. Lo individuo su in alto dove inizia a scendere, staccandosi dalla strada. E’ solo più una traccia, ormai quasi nessuno lo percorre più. Quando ci saranno erba e foglie, penso sia quasi impossibile percorrerlo. Diventa poi ben evidente più in basso, dove è utilizzato dagli animali quando sono al pascolo.

Arrivo a l’Arcia, un gruppo di case ancora in buon stato, nonostante non si vedano interventi di ristrutturazione recenti. Se sono stati fatti, non hanno stravolto le tipologie costruttive caratteristiche. Anche qui, l’unica via di accesso è il sentiero che sale dal fondovalle.

Un sentiero fiancheggiato da imponenti faggi secolari, anche loro testimoni della storia di questi luoghi. Forse passerà anche qualche escursionista, su questi tracciati, ma sono ancora puliti e percorribili perchè qui c’è gente che vive e lavora.

Un tempo tutte le barme erano utili… e utilizzate. Questo piccolo riparo ha ancora dei muretti, sotto c’è una scala e un rastrello. Da quanto tempo sono lì?

I prati sono puliti, o pascolati, o si è fatto il fieno. Ecco infatti gli immancabili covoni caratteristici di questi luoghi. Con buona pace di tutti quelli che non riescono a capire perchè io sostenga che un certo tipo di allevamento sia in stretta correlazione (positiva) con il paesaggio.

Finalmente incontro anche qualcuno. Il bel tempo fa sì che si possano ancora far lavori fuori. Così Guido con la sua bimba stanno facendo i balot di gias, cioè imballano a mano le foglie da usare poi come lettiera in stalla. In teoria le capre avrebbero ancora potuto essere fuori, ma Guido mi racconta di esser stato costretto a chiuderle dopo che, spaventate dal lupo, sono scappate ed ha faticato a recuperarle, ben più a monte di dove sono stata io quel giorno.

Capre al pascolo ce ne sono ancora poco più sotto, sorvegliate dal pastore. Un bel gregge, frutto di passione e dedizione. Se l’inverno tarderà ad arrivare, sicuramente questi animali ne beneficeranno, in quanto potranno continuare a pascolare all’aperto.

Scendendo lungo l’asfalto, in auto, incontro altre tracce di animali, poi le capre ed il loro pastore. Gli animali stanno pascolando rovi tra la strada e il torrente Angrogna, il pascolo ideale per loro. Alcune hanno già partorito e i capretti sono in stalla. Non ci si lamenta per il clima, dover spalare la neve e dar fieno in stalla sarebbe più faticoso, ma servono precipitazioni per far riposare il terreno e alimentare le falde.

Chiacchieriamo di capre, di pastorizia, di conoscenze comuni, poi rientro nella pianura, incontrando nebbia e temperature più rigide di quelle che c’erano su di là. Non si può non meditare sulle parole ascoltate per l’ennesima volta: “Fanno tribolare più noi che fatichiamo su di qua che non quelli che non fanno niente… e alla fine ci tocca pure mantenerli!“. Eppure questi montanari resistono, per passione, per forza, perchè non saprebbero (vorrebbero) fare altro. Nonostante quel pizzico di amarezza lasciato dai loro discorsi, sono contenta di averli incontrati e aver scambiato quattro chiacchiere. Se non ci fossero loro, solo le seconde case dei turisti, moderne e dotate di ogni confort, ma chiuse, mi sarebbero sembrate ancora più silenziose delle vecchie baite avvolte dal bosco.


Una fiera proprio “di paese”

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Già lo scorso anno avevo raccontato di quanto mi fosse piaciuta la fiera di Pomaretto e quest’anno non posso che confermare le sensazioni e le impressioni.

Era una limpida giornata di metà novembre con il vento che soffiava forte sulle montagne. Quest’anno la fiera l’ho vissuta partecipando alla discesa di uno degli allevatori locali. Infatti il Comune invita alla rassegna tutta una serie di persone o residenti, o altri comunque della valle, così da avere un bel numero di allevatori e animali. Dopo un’abbondante colazione (non sia mai che si parta a stomaco vuoto!) si attaccano i rudun e poi si parte.

Luciano si cambia prima di incamminarsi davanti alle sue bestie. Quanta passione, quanto orgoglio, quanta dedizione e ambizione nel tenere bene gli animali! Nel vedere certi gesti, certe piccole attenzioni, è chiaro come questo non sia semplicemente un lavoro, ma una ragione di vita.

Si scende verso il fondovalle, la casa di Luciano è piazzata su, in una frazione ben esposta al sole. Ci sono anche altri gruppi di animali che attendono di essere condotti alla fiera, mentre altri ancora sono già passati. Tutto questo da un senso di vita alla montagna, a questo paese, Pomaretto, posto all’imbocco della Val Germanasca, uno di quei luoghi dove si passa in auto e raramente ci si ferma.

Ma quel giorno sulla strada altri hanno la precedenza: fiera in corso, recita il cartello. Ed infatti è tutto un allegro risuonare di campane, gli animali sembrano arrivare da ogni parte in mezzo ai palazzi ed alle case. A questa stagione, nonostante la bella giornata e le temperature comunque non rigide, c’è meno gente dei mesi precedenti, da queste parti. Dalle auto di passaggio si guardano gli animali con una certa sorpresa, magari qualcuno si fermerà alla fiera al ritorno.

Le vacche di Luciano sono nel loro recinto, subito dopo arriva un’altra mandria, pian piano tutti i recinti si riempiono e la fiera si anima. Molti sono allevatori, gli amici che sono venuti a fare una mano, allevatori da vallate vicine, poi pian piano arrivano anche i curiosi, quelli che alla fiera vengono per fare acquisti tra le bancarelle.

Anche qui non mancano i giovani: solo il tempo dirà se ci sarà posto anche per loro in questo settore, se la passione si manterrà con gli anni, ma al momento sembra davvero di vedere tanto interesse e determinazione.

Certo, è un momento di divertimento, è anche un gioco, ma da affrontare con uno spirito che ha sia qualcosa dell’età adulta, sia di quella anagrafica di questi ragazzini. Vedere questo gruppetto fa pensare che, per la rinata fiera, ci possa essere un futuro anche per gli anni a venire.

Più che una fiera, per quello che riguarda gli animali, si tratta di una mostra, cioè gli allevatori hanno condotto il loro bestiame. Ma ci sono anche alcuni commercianti con un certo numero di capi, nel caso in cui qualcuno volesse fare acquisti. Non sono tempi facili, ma si vedono però contrattazioni in corso e, alla fine, vengono segnate sulla schiena quelle che sono state vendute.

In uno degli spazi, ci cono tutti i box per gli altri animali diversi dalle vacche. Vi sono numerosi gruppi di pecore, biellesi, bergamasche, roaschine, meticce e alcune pecore nane, più una moda che una forma di allevamento, c’è chi le sceglie come animali per tenere puliti spazi verdi.

Poi vi sono le capre, valdostane, alpine comuni, vallesane. C’è una rappresentanza di tutto ciò che viene allevato o sale sugli alpeggi della valle. Vi sono anche cavalli, per i bambini è una gioia poter fare un giro in sella ad un pony.

Manca poco a Natale, ma quel giorno vedere due renne faceva comunque un certo effetto. Accanto agli asini, ai lama a cui ci stiamo ormai abituando, visto che compaiono, insieme agli alpaca, nella gran parte delle fiere locali, c’erano infatti questi cervidi che non molti avevano già visto dal vivo.

Oltre agli animali, ovviamente c’era ampio spazio dedicato alle bancarelle. Attrezzature, materiale tecnico, gli immancabili campanacci che, nonostante tutto, continuano ad avere una buona richiesta. O per una ricorrenza o per un capriccio, alla fine c’è sempre chi passa ad ordinare o a ritirare un rudun nuovo.

Il vento mette a dura prova gli espositori. I miei amici con le loro spezie stanno già ritirando la merce, l’ennesima folta potrebbe mescolare tutto causando gravi danni. Non hanno problemi i venditori di tome, anche se chi ha ombrelloni e gazebo cerca di ancorarli o addirittura li chiude.

Oltre ai generi alimentari, c’è artigianato locale, i manufatti realizzati con le lane delle greggi della zona. Idee per i regali natalizi, ma purtroppo il vento sembra tenere lontani parte dei visitatori. La mia impressione infatti è stata che vi fosse meno pubblico dello scorso anno, anche se la fiera aveva lo stesso livello come partecipazione degli allevatori e bancarelle presenti.

La particolarità e la bellezza di questa fiera secondo me sta nella collocazione. Per fare tutto il giro e vedere gli animali si segue un percorso che porta a passare nel retro del paese, tra prati e alberi da frutta: un colpo d’occhio davvero particolare.

Ancora un giro tra gli animali in mostra, agghindate con i rudun migliori. Pian piano si avvicina l’ora di pranzo e il pubblico diminuisce, poi ci si riunirà di nuovo numerosi per la premiazione al pomeriggio.

Lo scorso anno ero rimasta fino alla fine, ma quel giorno dovevo rientrare a casa. Così completo l’itinerario, scattando foto un po’ a tutti i gruppi di animali presenti. Nonostante la data un po’ “tardiva”, anche quest’anno per la fiera di Pomaretto c’è stato bel tempo e un buon successo.


La figlia di transumanti

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Natale è in arrivo. Di questi tempi più che mai è consigliabile fare regali utili. I generi alimentari di qualità, specialmente artigianali, ma anche un buon libro per nutrire lo spirito. A chi segue questo blog e ama le storie di pastorizia, consiglio senza dubbio “Figlia di transumanti” di Loretta Borri. E’ una testimonianza di una vita vissuta in prima persona, la storia di una pastora e della sua famiglia.

Il contatto con Loretta è avvenuto via facebook e abbiamo fatto uno scambio di opere. Poi la scorsa estate ho finalmente letto il libro. Da tempo volevo parlarvene e lo faccio oggi, consigliandovelo come regalo natalizio. Io mi sono emozionata leggendolo, ogni tanto ho anche dovuto asciugare una lacrima. Mi sono ritrovata a vivere molti momenti di quelli descritti da Loretta, potevo immaginare le scene anche senza essere mai stata in quei posti e senza conoscere lei e la sua famiglia. Nata in una famiglia di pastori dell’Appennino modenese, Loretta racconta in modo semplice, ma diretto e toccante, tutta la sua vita al seguito del gregge. Suo papà è un pastore, un pastore transumante, così d’inverno si scende nelle nebbie del Polesine. Giù si affitta uno spazio in una cascina, Loretta andrà anche a scuola laggiù, conoscerà persone che rimarranno per sempre nel suo cuore. Poi tutte le primavere si ritorna in montagna. Una vita dura, difficile, una vita di sacrifici, ma la passione per le pecore permette di superare ogni cosa. La famiglia di Loretta è molto unita e affronta via via tutte le difficoltà, anche le più tristi. “Questo è il mio passato, tanti ricordi dei quali difficilmente parlo, perchè a chi non li ha vissuti sembrano favole da raccontare ai bambini prima di addormentarsi. Non capisco chi ha dimenticato le sue origini e smarrito la memoria del passato, vantandosi di una vita comoda e agiata. Credono forse di essere nati benestanti? Non sanno che tutto ciò che ora possiedono, lo devono a chi prima di loro si svegliava al canto del gallo e andava a letto quando il gallo già dormiva da tempo?

Chi la pastorizia invece la conosce e l’ha vissuta o la vive, si emozionerà due volte leggendo le pagine di questo libro e guardandone le immagini che accompagnano il testo.

La triste decisione sarà presa alla soglia dei suoi ottantatrè anni, quando è diventato gravoso per le sue vecchie gambe portare al pascolo il gregge e ancor di più mungere le pecore. Così concordiamo la vendita dei capi con un pastore della zona. Non oso nemmeno ricordare quel giorno, tanto fu triste, straziante, la mia bimba andò a scuola con le lacrime agli occhi, raccomandandosi di tenere almeno il cane…

Un grazie a Loretta per la sua bellissima testimonianza. Loretta Borri “Figlia di transumanti. Ricordi di una vita trascorsa fra Cavergiumine nel Frignano e il Polesine” – Adelmo Iaccheri Editore in Pavullo, aprile 2014 – 16,00€ (qui su IBS)


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