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Channel: Storie di pascolo vagante
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Gli antichi detti o il “nuovo” clima?

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Non sono passati molti mesi da quando cercavamo di leggere i segni che potevano far capire come sarebbe stato l’inverno. Ci sono i giorni “di marca”, i detti popolari, quelle piante, quegli animali che… Bene, aveva nevicato sulla foglia e l’inverno non ha dato noia (fino ad ora non è quasi stato inverno). I quaranta giorni e una settimana di Santa Bibiana si sono addirittura estesi. Le vespe e i sorbi che annunciavano tanta neve per ora non hanno funzionato, a meno che febbraio riservi delle sorprese.

Questi sono i giorni della merla e si va in montagna in maglietta. Una montagna spoglia dalla neve, dove le sorgenti sono secche non per il gelo, ma proprio perchè l’acqua non c’è più. Al massimo un esile filo. Se fa caldo durante i giorni della merla, dicono che la primavera arriverà tardi. Poi com’era quella cosa del Natale con la luna piena? Non dicevano che, quando succede, ci sarà la Pasqua con la neve?

Ho ben paura che la “saggezza popolare” non sia più sufficiente di fronte a spettacoli del genere. Questi sono i pascoli del Vallone di Pramollo (TO), nei pressi del Colle di Lazzarà. “Prima o poi pioverà, prima o poi arriverà la neve“. Speriamo, e speriamo che non arrivi “tutta insieme”, a portare alluvioni, su di un terreno duro, compatto, polveroso, riarso: servirebbero lente piogge per far sì che l’acqua lo ammorbidisca pian piano e penetri in profondità.

Qui gli allevatori spargono il letame sui pascoli, a fine stagione. In certi alpeggi lo si fa ancora con l’acqua, la cosiddetta “fertirrigazione”, qui il pianoro permette di passare con la botte e il trattore. Questa operazione si fa affinchè la neve copra tutto e, quando scioglie, il concime lentamente penetra nel suolo, garantendo un nuovo pascolo abbondante la primavera/estate successiva. Per il momento ciò non è successo.

Bisognerà cambiare tutto? Adesso sembra che già molto sia cambiato rispetto ad un tempo. Non si vive più in certi posti, in altri si passa solo a pascolare salendo e scendendo dall’alpeggio. Ci sono stati momenti forse più caldi di questi, altri ancora con climi ben più rigidi. Non è solo questione di chiedere “la calamità naturale” quando il clima causa qualche danno, con gli animali se non c’è da mangiare e da bere, non puoi stare. Specie se sono animali con certe esigenze, abituati ad un certo clima.

Sulla via del ritorno della mia gita, incontro proprio degli animali che non sono di queste parti! Se prima ragionavo sull’adattamento delle nostre razze autoctone a questi sbalzi di clima (non me le vedo le nostre capre in cima agli alberi, come in Africa sulle acacie a brucare non si sa bene cosa), adesso mi domando come stiano questi camelidi (alpaca e lama) da queste parti. Il pregio del loro pelo penso derivi anche dal clima in cui vivono (sulle Ande, a quote che arrivano anche ai 5000 m).

Personalmente sono sempre un po’ perplessa quando vedo allevare animali che non appartengono alle razze locali: non che non siano belli, non che non si possano ottenere buoni risultati anche lontano dalle zone di origine, però se dovessi lanciarmi in un allevamento “di nicchia” per valorizzare un prodotto/un territorio, cercherei di puntare sulle razze autoctone, magari quelle più a rischio di estinzione. Se in un certo ambiente si è evoluta una razza, sarà quella che maggiormente riuscirà a sopravvivere anche di fronte ai mutamenti. Oppure dovremo presto passare ad altri camelidi? Quelli del deserto? Perdonatemi la provocazione… speriamo presto di vedere le montagne ricoperte di un bel manto di neve, scorta d’acqua anche per chi sta in pianura e apre il rubinetto senza porsi troppe domande.



Non ci si capisce più…

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Sono io che non capisco o proprio non ci si capisce più? Aiutatemi per favore. E’ vero che sono un po’ fuori dal mondo, ma la rete mi aiuta comunque ad avere una certa finestra su realtà anche lontane dalla mia. Non mi limito a leggere le notizie, ma le verifico, controllo che siano vere (spacciare bufale, spararle grosse e condividerle on-line è attività sempre più praticata) e cerco di farmi un’opinione per lo meno riguardante argomenti che mi interessano. Non si può sapere tutto e non pretendo di riuscire a capire ogni cosa. Restando però nel mio piccolo, sono sempre più sconcertata da come persone che mi contattano, per lo meno al fine di vedere le immagini che pubblico on-line, poi si indignino per delle piccolezze.

Un esempio. Oggi vado in stalla per mettere al pascolo le capre e trovo le reti con un nuovo buco. Il filo è stato tranciato di netto. Altri pastori mi hanno detto che sono le minilepri a fare questo “lavoretto”, nonostante possano passare agevolmente tra le maglie (non c’è elettricità quando le capre sono in stalla). Vedo spesso questi animaletti quindi… facilmente i colpevoli sono davvero loro. Metto questa foto su facebook con il commento “maledette minilepri” e riesco comunque a far sollevare una polemica. In misura minore rispetto ad altre tematiche, ma… Mi chiedo allora: perchè se si tratta per lo meno di un mammifero non ci si può lamentare nemmeno con un’esclamazione (non ho aggiunto altro e nemmeno farò niente contro di loro, ma se il mio cane dovesse catturarne una non vado a salvarla, tanto più che si tratta di fauna alloctona, non locale, immessa a fin venatori e letteralmente sfuggita al controllo)? Chi si indigna per il mio commento non avrà mai esclamato “maledette mosche? maledette zanzare? che schifo una zecca! c’è un ragno, uno scarafaggio sul muro della cucina? aiuto un topo di fogna (o pantegana) ha attraversato il cortile!?”. Non trovate ci sia tanta ipocrisia in tutto questo?

Se avessi inserito anche questa foto con l’esclamazione “maledetti cinghiali”? Forse il cinghiale è più brutto e meno “tenero” del coniglietto americano di cui sopra, pertanto posso anche permettermi una lamentela? Non è che stiamo degenerando un pochino? Forse è l’eccesso di comunicazione a portare a tutto questo… più fai vedere, più esterni il tuo punto di vista, le tue opinioni, più mostri ciò che fai, più sei sotto gli occhi di tutti e quindi soggetto a critiche, commenti, insulti. Io mi aspettavo qualche reazione, postando quella foto, ma il mio era anche un test per sondare il terreno e capire anche com’è composto il “pubblico” che mi segue. Siamo alle solite… piacciono le foto, ma non bisogna pensare a cosa c’è dietro.

Perchè ci si entusiasma nel vedere gli animali, si sorride guardando il video delle capre che giocano, degli agnelli che saltano, ma poi arriva sempre quello che mi fa l’osservazione sul “non capire” come possa io amare gli animali e poi presentarne le ricette. Lo scollamento con la realtà dei fatti, con la vita concreta. Quanti si pongono domande su ogni cosa che passa nel loro piatto? Quanti sanno davvero com’è stato prodotto il cibo che mangiano? Non dico solo la bistecca, parlo di tutto, dalla pasta allo snack, dal succo di frutta al cioccolatino.

Che dire poi dei cani? Ormai si fanno più discussioni intorno ai cani… che intorno agli esseri umani! Sono animali, trattiamoli bene, rispettiamoli, ma sono ANIMALI e le loro esigenze sono sono quelle dei bambini! Poi ciascuno faccia come crede con il proprio cane, ma non venite per favore a sindacare sui cani utilizzati dai pastori. Un conto sono i reali maltrattamenti (percosse, malnutrizione, problemi sanitari trascurati, ecc.), un altro la normale vita “da cane” all’aperto insieme al gregge.

Chi siamo per dire quale cane stia meglio, quale sia più felice, se quello “vestito” o portato in giro in una borsetta, o quello che si rotola nel fango e dorme sulla neve? Eppure anche questi sono temi che scatenano dibattiti infiniti… Forse solo le foto di gatti, pubblicate sui social network, riescono a mettere tutti d’accordo senza che si generi una discussione o una polemica!

(scritta che compare su diverse bacheche nel parco Orsiera Rocciavrè)

Ben lo sappiamo che comunque l’argomento principe delle polemiche è il lupo… Non mi interessa fare nomi, ma vi riporto lo stralcio di quanto scriveva qualche giorno un appassionato fotografo che ha avuto la fortuna di vedere dei lupi in montagna nella provincia di Cuneo. “Non amo questo argomento perchè al solito mi trovo a discutere anche con persone che stimo ma il cui punto di vista sull’argomento è spesso limitato o fazioso.
Il lupo non è pericoloso, certamente meno di volpi, cinghiali, caprioli, cervi, tassi, cani, gatti etc che costantemente causano incidenti anche mortali. I cani attaccano l’uomo più del lupo e causano annualmente molti morti e feriti. Ogni anno per la caccia muoiono più persone di quante siano state attaccate dai lupi dal medioevo a oggi. Da dove deriva tutto l’odio verso questo animale tanto utile all’equilibrio naturale? Certamente i giornalisti ignoranti che non sanno scrivere nulla al di fuori degli umori della Belen di turno si trovano in difficoltà a trattare argomenti seri, per cui ecco che la favola del lupo cattivo torna in auge grazie a loro, ma ditemi, chi di voi è mai stato attaccato? Girano fra le case, e allora?  Mi sono avvicinato a lupi nel loro habitat, prima ancora di vedermi avevano già la coda fra le zampe e si preparavano alla fuga!

I lupi sterminano le greggi? Ho amici margari che stimo, con uno ho anche condiviso alcuni giorni di vita in alpeggio… ma se gli animali si lasciano liberi di vagare per pendii senza alcuna protezione di che ci si lamenta? Nelle nostra vallate ho trovato greggi abbandonati a 3000 metri d’altezza che vagavano su creste assurde, mufloni incrociati con pecore scappate ai padroni, capretti a 300 metri di dislivello dal recinto in cui erano custoditi i loro compagni…. ma dulcis in fundo un margaro che mi raggiungeva in moto chiedendomi “ha visto le mie bestie?”
Ora… non ho niente se difendi le tue bestie, ma fallo. Non abbandonare i tuoi animali in giro per stare in paese o a casa e poi lamentarti se un lupo te le ha mangiate perchè te la sei cercata, è come se me la prendessi con i ladri dopo che ho abbandonato il mio portafogli sul tettino della macchina in un parcheggio a una fiera!

Gli abbattimenti servono solo a riempire la bocca di politicanti in cerca di elettorato ignorante, e a giornalisti senza argomenti nelle penne. La paura vende, anche quella di un “cagnolone” che adesso è tanto utile per ripulire i nostri versanti di tutti i camosci e stambecchi affetti dalla cheratocongiuntivite e altamente infettivi per i loro simili.

(seconda parte della scritta, ironicamente corretta da qualcuno, ma che spiega bene il punto di vista di chi l’ha tracciata)

Ho voluto riportare il testo sopra per capire come e perchè cresca l’ira dei pastori. Perchè chiunque, appassionato di natura, di montagna, di fotografia, con un suo sito, una sua pagina, un numero di persone non indifferente che lo segue, può permettersi di blaterare sul loro mestiere senza capire… niente!! Quanto detto dal signore sopra sulla sua pagina “Deepforest photo” viene ripreso da più parti e diventa “verità”. Critica la faziosità altrui, ma cosa fareste voi se qualcuno venisse a dirvi che, per risolvere un problema che affligge la vostra attività, avete solo da assumere più personale o “tenere meno bestie”. Ma sì… tanto… cosa volete che sia? E i famosi margari e pastori che stanno in paese a casa? Ha mai sentito parlare del fatto che forse sei alla baita a lavorare il latte e intanto apri gli animali al pascolo? O magari sei dovuto scendere con l’ansia, l’apprensione, i minuti contati per chissà quale incombenza? E la fienagione? Ciò che vorrei far capire ai miei lettori che hanno voglia di comprendere davvero, che cercano di avere un’opinione obiettiva sulla questione, anche se non li riguarda direttamente, è che sono “sparate” del genere a far male a tutti. I pastori si arrabbiano leggendo una cosa del genere (che, come vi dicevo, non resta ferma su quella pagina, ma viene ripresa e si allarga a macchia d’olio) tanto quanto si arrabbiano trovando un loro animale sbranato.

Poi non metto in dubbio che ci sia ancora qualcuno che non mette in pratica tutti gli accorgimenti per cercare di scongiurare gli attacchi dei lupi, come nel caso di questo gregge di capre totalmente incustodito, per lo meno nel giorno in cui l’ho incontrato io durante una gita in montagna, ma sono eccezioni sempre più rare, proprio per il rischio di attacchi dei predatori. Ma di qui a dire che i pastori lasciano da soli gli animali… posso assicurarvi che negli ultimi 15-20 anni la pastorizia in Piemonte ha dovuto per forza cambiare, con tutti i problemi, costi, ecc. che ben sapete. Visto che qualcuno per l’ennesima volta mi chiedeva quante specie di animali della fauna selvatica vorrei “eliminare”, ribadisco come sempre che la mia risposta è: “nessuna”. Nel caso del lupo, i pastori non chiedono costose squadre che provvedano agli abbattimenti, ma solo semplicemente di poter difendere il proprio gregge nel momento dell’attacco, unica strategia possibile anche per “educare” il predatore a stare alla larga dal gregge.

Per concludere restando comunque in tema, vi segnalo un appuntamento per il prossimo fine settimana, la Fiera delle capre e dell’asinello ad Ardesio (BG). Perchè ve lo dico in questo post? Perchè anche per l’edizione 2016 gli animalisti annunciano proteste. Una capra tenuta al guinzaglio e portata in giro come se fosse un cane, per questa gente, è accettabile. Una capra ben tenuta, allevata in stalla, nutrita a fieno, fatta accoppiare, partorire, munta e portata con orgoglio alla fiera per mostrare le proprie capacità di allevatore… no. Il guaio è che, oltre agli estremisti che organizzano manifestazioni di protesta anche in modo violento, come vi ho appena raccontato c’è sempre più gente che comunque ha idee molto distorte sulla realtà…


Capretto al rosmarino

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Iniziamo a segnalare qualche ricetta che può essere adatta per Pasqua? Quest’anno cade abbastanza presto, forse ci saranno più agnelli “pronti”, rispetto ai capretti (molti nasceranno in ritardo, la stagione dei calori è stata molto irregolare). Comunque ovviamente la carne sia di agnello, sia di capretto, è buona tutto l’anno e l’invito è quello di mangiarla ogni volta che se ne ha voglia, a prescindere dalle festività. Questa ricetta ben si presta con entrambi i tipi di carne, io oggi ho cucinato capretto.

Capretto al rosmarino

Ingredienti:  1 kg spezzatino di capretto, 3 dl latte intero, 2 rametti rosmarino, succo di 2 limoni, 2 spicchi aglio, 5 cucchiai olio di oliva extravergine, sale e pepe q.b.

Lavate la carne per lo spezzatino poi asciugatela tamponandola con carta assorbente da cucina; mettetela in una terrina insieme al succo di limone, all’aglio sbucciato e tagliato a fettine sottili, al rosmarino pulito, lavato e spezzettato, al sale, all’olio e al pepe. Fate insaporire la carne per circa 4 ore smuovendo molto spesso i pezzi nella marinata per far sì che si insaporiscano bene. Toglietela poi dalla terrina e fatela rosolare in un tegame per 10 minuti. Filtrate il succo della marinata attraverso un colino a maglie non troppo strette, versatelo sulla carne e lasciate che si restringa leggermente sul fuoco. Aggiungete il latte, salate e insaporite con una macinata di pepe a piacere (se vi sembra ancora necessario). Abbassate la fiamma e procedete con la cottura a fuoco moderato per circa un’ora, unendo, se necessario, ancora un po’ di latte caldo.


Un tardo pomeriggio al pascolo

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Più o meno i posti sono quelli, quindi guido con un occhio alla strada e uno ai prati circostanti. Vedo prima un gregge abbastanza grosso, ma non è quello che sto cercando, che individuerò poco dopo, nei prati accanto alla strada.

La giornata è alla fine: anche se le ore di sole stanno aumentando, il pomeriggio è ancora breve. Mi sono attardata altrove a chiacchierare e così arrivo da Giovanni mentre il sole sta tramontando. Il vento in pianura è finalmente cessato, ma soffia ancora in montagna, così nel cielo si rincorrono veloci delle nuvolette che assumono via via colori e forme diverse.

Il gregge pascola tranquillo, anche se il pastore mi dice che, in giornata, le pecore hanno già mangiato parecchio mais nelle stoppie, quindi gli animali sono più nervosi e tendono a voler andare sempre avanti, in pezzi nuovi. Il gregge si è ridotto nei numeri rispetto ad un tempo, ma gli animali sono sempre belli come qualità e come stato di salute.

Le nuvole si rincorrono in cielo. La notte precedente, non lontano di lì, favoriti dal vento e (probabilmente) dalla mano di qualcuno, si erano sviluppati alcuni incendi che avevano portato addirittura alla chiusura dell’autostrada. Non è stato un brutto inverno per i pastori vaganti: nelle stoppie il mais non è marcito o ammuffito, non c’è stata neve o fango, però le montagne intorno con i loro pendii secchi e le evidenti chiazze di nero dov’è passato il fuoco in questi mesi di siccità sono strane, innaturali.

Come sempre da quelle parti la concentrazione di greggi è elevata, ma Giovanni non si lamenta. Non ha più bisogno di girare tanto con quel numero di animali. L’aria cambia dopo il tramonto, fa più freddo, le previsioni parlano di una perturbazione in arrivo e sarebbe la prima di questo inverno. Probabilmente non si vedrà la neve, fa troppo caldo… Ma anche se fosse neve, ormai è febbraio.

Per i pastori è ora di riportare il gregge al recinto, per me di rientrare a casa. Le capre non hanno ancora iniziato a partorire, cercherò di fare una visita quando ci saranno i capretti. Scende la sera, dalla quiete senza tempo del pascolo vagante, poche decine di minuti dopo mi ritroverò imbottigliata nel traffico caotico della tangenziale. L’incredibile coesistere di mondi così diversi, nel XXI secolo…


Pastorizia difficile

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Immagini dell’anno scorso. Così mi scriveva l’amico Leopoldo: “Allego una selezione delle foto fatte al Pastore Corrado Andriolo il 6 marzo 2015 a Santa Giustina in Colle (PD). Andriolo è un pastore non più giovane che ha difficoltà a trovare nuovi corridoi e così resta in zona. Divieti di sindaci, pochi pascoli, rendono sempre più problematica la sopravvivenza della transumanza. I pastori più giovani invece si spingono fino a Mestre (VE) lungo i canali.

(tutte le immagini sono di L.Marcolongo)

Pochi giorni dopo Leopoldo mi ha inviato la copia di un verbale ricevuto proprio da questo pastore. I motivi? Sempre gli stessi… Comuni che vietano il passaggio e… da qualche parte bisogna pur passare!! “Ne avrai visto molti verbali sui pastori. Corrado ha detto che il suo veterinario ha fatto ricorso, ma è molto preoccupato. L’anno prossimo anche lui cesserà l’attività, un po’ per la salute, più che altro per le angherie cui si sente sottoposto.” Chissà se Corrado ha smesso davvero o la passione lo porta a continuare comunque, nonostante tutto?


Scusate se non scrivo

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Continuo a rileggere e correggere le bozze del mio prossimo libro. La casa editrice mi ha chiesto integrazioni al testo che avevo inviato, quindi non ho tempo di andare in giro a cercare “altre storie” e… a dire il vero nemmeno tanta ispirazione per scrivere altro qui, visto che già lo sto facendo su altre pagine, sempre sugli stessi temi. Perdonatemi… continuo a ricorrere alle immagini degli amici.

Siamo sempre con Leopoldo e i suoi amici pastori. “Hai visto che tecnologico è Corrado Andriollo? Non avevo mai visto pannelli solari dai pastori. C’era anche la moglie.

Le foto successive sono del gregge di un altro pastore, sempre fotografato nel marzo 2015. Siamo a San Giorgio in Bosco (PD).

Alcune foto sul pastore Roberto Paterno e Sandra. Ha un gregge molto grosso, più di 1.500 pecore. L’avevo già fotografato nel 2013, senza sapere chi era.

(tutte le immagini di L.Marcolongo)

Abbiate pazienza… prima o poi tornerò con i miei “soliti” articoli. Chiunque abbia foto e storie da raccontare può comunque mandarmele e io le pubblicherò.


Troppe pecore? Troppi pastori?

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Ieri ho letto un articolo on-line: siamo nella provincia di Udine e si parla di danni a causa dell’invasione delle pecore. “(…) era presenza gradita, momento simpatico. Negli ultimi periodi, però, la situazione è cambiata radicalmente. Le greggi, che provengono da Veneto e Trentino, sono diventate tre, quattro, perfino cinque: e si parla di 1.500, addirittura 2 mila pecore per volta che i pastori fanno passare e sostare senza criterio né attenzione su terreni che non avrebbero titolo a occupare (…)” Come mai, che interesse avrebbero tanti pastori a passare nello stesso posto? Commenta Verdiana Morandi: “Non scordiamoci dei miopi piani di gestione di sic e zps che bloccano l’accesso a certe aree “storiche” per la transumanza e costringono i pastori a mutare i loro percorsi… Chiaro e’ che nessuno va e riesce a mangiare dove è già passato un altro…

Dopo questa premessa, passo alle foto dell’amico Leopoldo, che spesso mi aggiorna anche sulla difficile situazione che pastori Trentini e Veneti incontrano in Veneto.  Immagini di marzo 2015.

Sempre Roberto Paterno e Sandra il giorno dell’eclisse e del passaggio sul
ponte del fiume Brenta fra San Giorgio in Bosco e Piazzola sul Brenta. Si poteva fare di meglio, però sai, le pecore avanzano e bisogna decidere in pochi secondi… farò meglio l’anno prossimo. Riguardo a questa foto è un fotomontaggio perché era impossibile mettere a fuoco l’eclisse e il gregge. Sono due foto contemporanee separate e montate.

(foto L.Marcolongo)

(foto M. Mahlknecht)

Qui invece siamo con Markus sempre nella primavera 2015. “Tanti saluti dal Livenza, un fiume tra il Veneto e il Friuli, mi trovo abbastanza bene, gente un pò cruda ma anche aperta a nuove persone e caratteri, seguo con piacere i tuoi articoli“.

(foto M. Mahlknecht)

Meduna al Livenza, aprile 2015. Anche per questa stagione Markus ha trovato impiego presso un pastore vagante. Buon proseguimento a tutti, io mi avvio alla conclusione (spero) della correzione delle mie bozze.


Come dare le notizie

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Articoli a confronto… Il giornalismo dovrebbe essere un mestiere serio, ma ormai ci sono così tanti posti dove si cerca di fare informazione, specialmente on-line, che si incontra un po’ di tutto. Iniziamo da notizie locali.

(foto G.Agù)

12 febbraio 2016, breve articolo sulla versione on-line dell’Eco del Chisone:Una mandria di mucche a spasso tra le auto in corso Torino a Pinerolo. E’ successo questo pomeriggio in pieno centro: il traffico si è fermato per pochi minuti e gli automobilisti e i pedoni di passaggio si sono goduti lo spettacolo.” Ovviamente si trattava della mandria di manze della famiglia Agù che, terminata l’erba dei prati, rientrava nella cascina di San Pietro Val Lemina. Momento di lavoro e non “mucche a spasso”. Chi legge e non sa potrebbe pensare forse che gli allevatori, ogni tanto, portano a spasso i bovini, così come si fa con i cani.

(foto dpa – Berliner Kurier)

Cambiamo stato, andiamo in Germania. Pascolo vagante a Berlino. Non conosco il Tedesco, ma il traduttore di Google ci permette di comprendere il succo di questo articolo. “…il pastore Knut Kucznik camminava con il suo gregge gigante. Naturalmente, non per divertimento – Kucznik ha portato 600 animali da un pascolo in Ahrensfelde ad un prato a Berlino. Lungo la strada ha superato anchela zona residenziale di Marzahn – e raccolto sguardi increduli. Gli animali sono arrivati ​​sani e salvi a destinazione. Hanno dovuto attraversare anche la B158 e un terrapieno ferroviario.” Avete notato niente? Quel “naturalmente non per divertimento” (Natürlich nicht zum Spaß) che fa la differenza con l’articolo di Pinerolo.

Altra notizia che circola in rete e che viene ripetutamente condivisa. Lombardia, si rinnovano i contratti degli alpeggi in gestione all’ERSAF, ente regionale che gestisce numerose malghe. Niente di strano, in Piemonte ci sono soprattutto alpeggi comunali, per quello che concerne la proprietà pubblica, e vanno all’asta singolarmente. In Lombardia evidentemente vanno all’asta “in blocco”, si parla di 33 alpeggi, ma la notizia in certi siti viene ripresa e presentata un po’ come se si trattasse di una novità. In questo articolo già si parte con “…l’ERSAF concede 33 alpeggi collocati all’interno delle foreste della Lombardia…” (sì, è verò, l’ERSAF è l’Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste, ma le malghe generalmente più che tra le foreste, sono tra i pascoli!). Poi si prosegue con questo tono: “Siete manager in carriera ma il vostro sogno è sempre stato quello di diventare bovari? Avete la passione per la campagna, le transumanze, la mungitura del latte? Occhi aperti allora, perché c’è un bando che fa al caso vostro.” Francamente io mi auguro che possano continuare ad essere utilizzati dai pastori e malgari che già li affittavano, per evitare che restino senza montagna per la stagione estiva. Poi ben venga ogni progetto di valorizzazione e stiano lontani i vari speculatori a caccia di ettari e contributi. Comunque, qui vi sono i bandi per le aste pubbliche delle malghe. Se siete manager in carriera e volete cambiare vita… prima andate a fare una stagione in alpe come aiutante, giusto per capire come stanno le cose, poi allora magari…



Come si fa a fare (dis)informazione

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Questo blog esiste dal 2007. Per passione scrivo, fotografo e parlo di pastorizia. Non mi paga nessuno per farlo, se volete contribuire alla mia opera, acquistate e leggete i miei libri. Non sono sponsorizzata e non ho nessun secondo fine se non la passione per questo mondo e il piacere di condividerla con voi. Sappiamo bene quanta ignoranza ci sia in giro e quanto sia difficile fare un’informazione il più possibile corretta e obiettiva. Molte persone mi hanno scritto ieri e oggi chiedendomi di fare chiarezza per “distruggere” l’ennesimo esempio di cattiva informazione che circola in rete, per di più partendo da un’immagine del mio blog.

Questo è il post incriminato che da due giorni circola su facebook. Leggete, io non ho altro da aggiungere. La foto è stata presa senza consenso da questo blog, più esattamente da un post del novembre 2007. Questo post, per chi vuole andarselo a rileggere. Ricordo esattamente il giorno in cui è stata scattata la foto, era il 1 di novembre e, con il gregge, eravamo accanto al cimitero di Vercelli.

La foto usata dal sig. Colantuono, che (leggiamo su facebook, il profilo è pubblico, lavora alla RAI) è un dettaglio. Avevo scattato anche quest’altra immagine in cui vediamo l’asino con gli agnelli appena nati. Sappiamo bene come i pastori facciano così per far sì che gli agnelli neonati stiano al caldo e non mescolino il loro odore con altri, di modo che le mamme li riconoscano e li allattino quando il cammino del gregge si ferma e gli animali sono al pascolo. Ciascuno è libero di alimentarsi come meglio crede: insalata, soia o bistecca. Si può criticare l’allevamento intensivo o qualsiasi altra cosa, ma far passare un agnello neonato sull’asino come un agnello morto sul camion che lo trasporta al mattatoio… NO!!

Per favore, fate circolare questo post, condividetelo sui social, parlatene ovunque. Purtroppo il nostro “amico” è molto ignorante in materia, leggete come si ostina a commentare a chi gli fa notare l’uso improprio dell’immagine. Mi auguro che le Associazioni di Categoria intervengano, che i mezzi di stampa facciano qualcosa per una corretta informazione. Ripeto, poi ciascuno mangia cosa vuole, ma prima deve ricevere una corretta informazione!! GRAZIE


Ovunque, comunque pastori

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La scorsa settimana ho avuto l’opportunità di assistere alla proiezione del film “Ilmurrán“, dato che è stato proiettato nel mio paese. Avevo sentito parlare di questo progetto nel 2014, invitata a presentare uno dei miei libri nel Monregalese. Uno degli organizzatori della serata era il papà del regista di quest’opera. Lo ammetto, inizialmente ero rimasta un po’ perplessa di fronte all’idea di portare una ragazza Masai in alpeggio in Valle Gesso.

Poi ero stata, nel corso di quella stessa estate, a trovare i pastori, che conoscevo da tempo. Era un’estate difficile, spesso piovosa, fredda. Mi ero fatta dire da loro cosa fosse questa storia del film e mi avevano raccontato della Masai che, insieme al regista, ogni tanto andava su per le riprese. “Povera ragazza, patisce il freddo, non è abituata!“, aveva commentato Silvia, la pastora, con il senso pratico che la contraddistingue.

Ma lassù i pastori erano abituati al fatto che passasse un po’ di tutto. Quelle montagne povere, nel Parco delle Alpi Marittime, vedono un gran transito di turisti. I gias sono lungo il sentiero, Silvia di gente in tutti gli anni che era salita lì in alpeggio ne aveva vista non poca. E i pastori sono anche abituati a dover sopravvivere adattandosi a tutto ciò che capita: le condizioni meteo, i pascoli, il mondo intero che li circonda, con tutti i suoi personaggi, anche quelli più strani. Adattarsi per sopravvivere.

Per fortuna io avevo trovato una bellissima giornata di sole, forse una tra le pochissime di quella stagione. Avevo trascorso alcune ore al pascolo con Simone, poi ero tornata a valle. Del film avevo sentito ancora parlare, un’amica la scorsa estate mi aveva anche regalato il libro che lo accompagnava, ma per scriverne qui aspettavo di vederlo.

(foto dal web)

L’opera è bella, le immagini emozionanti, mi sembrava di essere là, vivere quei momenti con i pastori. Ho apprezzato l’idea di lasciare il tutto in lingua originale con sottotitoli, Silvia parla la parlata del Kyè, Leah invece parla Inglese, ma ciò non impedisce al pubblico di seguire perfettamente. Non è una storia, è una testimonianza.

(foto dal web)

Il regista, Sandro Bozzolo, ci racconta l’incontro tra due mondi distanti solo apparentemente. Quando mettiamo insieme due donne pastore, alla fine parlano la stessa lingua. Sono due guerriere, ciascuna a modo proprio (il titolo significa appunto “i guerrieri”, ma in lingua Masai è solo maschile, non femminile). “Se mungesse con due mani, sarebbe perfetta!“, commenta ad un certo punto Silvia. Leah invece pronuncia la frase più significativa del film: “Non bisogna far morire i pastori per scrivere poi dei libri su di loro“. Vale per i Masai, per il Piemonte, per tutta questa realtà e, più in generale, per ogni mestiere, ogni tradizione. Un unico appunto: se non avessi letto il libro, se il regista non avesse in sala fornito alcune spiegazioni prima della proiezione, avrei faticato a capire non il messaggio del film., ma il perchè una Masai sale lungo una mulattiera per raggiungere un alpeggio sulle Alpi. Questo nulla toglie alla bellezza delle immagini ed alle riflessioni successive. Qui il sito del progetto Ilmurrán, i contatti, la parte dedicata alle scuole: “Il bisogno di stabilire un’empatia, di dare la possibilità agli studenti delle scuole di confrontarsi con una loro collega venuta da lontano. Leah ha tracciato il suo cammino personale nel solco dell’educazione, e la sua naturale prosecuzione passa attraverso la volontà di lasciare nuovi semi di coscienza. Per questo motivo abbiamo ideato un formato destinato alle scuole, incentrato sui temi non negoziabili della conoscenza reciproca, dell’integrazione, della sensibilizzazione verso il patrimonio antropologico racchiuso nell’agricoltura.” Il film è stato autoprodotto e non ha ricevuto sponsorizzazioni.


Quando provi a far qualcosa c’è invidia

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Da quando, nel mondo degli appassionati, si sta spargendo la voce che ho intenzione di scrivere un nuovo libro a tema “caprino”, in molti mi hanno già contattata chiedendomi di visitare anche la loro azienda. Grazie per la collaborazione! Quello che cerco sono storie da raccontare, non mi interessa la dimensione della vostra azienda, se allevate capre per hobby, per reddito, se mungete o se avete capre da battaglia. L’importante è che la vostra sia una bella storia di veri appassionati e abbiate voglia di raccontarmela.

Di Elena sapevo che… esisteva! Ero passata nei pressi della sua azienda lo scorso anno, casualmente durante una gita e ne avevo accennato qui. Poi un’amica comune, anche lei allevatrice, mi ha portata qui per intervistarla. Saliamo sopra a Paesana, in Valle Po, fino ad arrivare alla stalla di Elena. Lei e Sara chiacchierano, guardano le capre, è pieno di capretti nati nelle ultime settimane. Le capre sono veramente grosse, parecchie devono ancora partorire.

La stalla è nuovissima, ma l’abitazione non c’è ancora, bisognerà ristrutturare le altre baite lì vicino e ci vorrà ancora tempo, si spera meno di quanto è stato necessario per i permessi relativi alla struttura per ricoverare gli animali. “Le prime capre le ho prese nel 2008. Ho sempre avuto la passione, ho studiato Agraria e poi Scienze Forestali. Mentre studiavo, lavoravo nei rifugi in montagna. Sono di Moncalieri, abitavo in un appartamento al terzo piano e i miei genitori sono operai. Mi ero trasferita a Villar Perosa con il mio ex compagno, in una baita, al piano terra c’era la vecchia stalla, intorno tanti rovi. Avevo chiesto agli Agù per comprare delle capre e loro mi hanno mandata da Sara… Ne avevo prese tre e un maschio.

Questo è stato l’inizio di Elena, classe 1983. Mi racconta la sua passione per questi animali a cui sta dedicando interamente la sua vita. “Sono intelligenti, affettuose. Mi sono piaciute per il carattere. Sono furbe, ma anche stronze!“, ride Elena. “Ognuna è diversa, hanno il loro carattere!” Ha imparato man mano sul campo: “Per il primo parto difficile ero agitata, ero sudata, in panico! Ho chiamato per telefono Sara che mi spiegava cosa dovevo fare per tirare fuori il capretto. Poi impari, adesso faccio tutto da sola, quando c’è proprio bisogno chiamo il veterinario.

 

Le difficoltà maggiori per Elena sono state burocratiche. “Dove ero prima non potevo sviluppare niente, non c’era spazio, pochi pascoli. Questo posto l’ho trovato su internet, ho guardato che fosse al sole e ci fossero i pascoli. Non ho potuto prendere finanziamenti e fare l’insediamento come giovane imprenditore perchè l’amministrazione mi ha ostacolata. Ci hanno messo un anno e mezzo a darmi i permessi, così sono scaduti i termini. Non sono di qui e questo da fastidio… Sai il film “Il vento fa il suo giro“? L’ho scoperto dopo che la storia che l’ha ispirato è successa poco lontano da qui. C’è gente che mi ha accolta bene, i vicini della borgata Ferrere che hanno bestie non mi hanno mai detto niente. Però altri invece… quando provi a far qualcosa, c’è invidia!

Elena da poco ha preso anche una vitella, per avere in futuro il latte per i capretti. Attualmente ha un’ottantina di capre. Nei progetti, c’è quello iniziale di vendere il latte, intanto ristrutturare le altre baite sia per l’abitazione, sia per i locali di lavorazione latte e carne. Recentemente ha fatto lavorare la carne di una delle sue capre presso l’Istituto di Moretta ed è rimasta molto soddisfatto. Il marito di Elena lavora già nel settore carne, quindi le basi per realizzare questi sogni ci sono.

Mi racconta dell’anno precedente, quando la stalla era rimasta isolata per via della neve. Quel giorno stesso, al pomeriggio, avrebbero dovuto portarle del fieno, così era poi tranquilla in vista della nevicata prevista (e arrivata in questi giorni). “Non mi hanno pulito la strada, venivo su da casa con l’asino e il basto. Vado sempre su e giù a piedi, dal sentiero sono 10 minuti, ma ovviamente serve anche avere la strada pulita! Solo che… Hai voluto venire qui? E allora arrangiati! Questa è l’accoglienza che ho avuto!” Ma Elena non è una che si scoraggia.

Momenti di sconforto ne ho avuti tanti, infiniti! Venir su con un metro e mezzo di neve e l’asino… Poi tutti i costi che devi sostenere per essere in regola, quando ricevi i preventivi… Un’altra volta sono caduta al pascolo, mi sono fatta male al ginocchio, ma il giorno dopo comunque ero qui. Se proprio devo andare via per qualcosa di importante, viene mia mamma, piace anche a lei e le capre al pascolo con lei stanno brave. Come quando sono dovuta andare a fare la prova dal parrucchiere per il matrimonio!

La stalla è pulitissima, non si sente nessun odore a parte quello del becco. Su di una parete, il manifesto del “Fronte di liberazione del contadino impazzito” (se lo volete leggere, lo trovate qui). Elena lavora e racconta, parla del tempo libero che non esiste, ma non è quella che si lascia andare perchè lavora in stalla in un posto fuori dal mondo, la sua femminilità è curata sia nell’abbigliamento, sia nell’aspetto. “Io sono ancora una che si emoziona, quindi piango per il bene e per il male. Tra i momenti più belli, quando nascono i capretti, quando le abbiamo messe qui nella stalla nuova.

Le capre sono frutto di incroci, selezionate per il latte, ma anche per la rusticità, visto che in primavera, estate e autunno si va al pascolo. Adesso c’è un grosso becco di razza verzasca, che dovrebbe garantire entrambe le caratteristiche. “I problemi sono quelli che hanno tutti: alimentarle bene costa e vendere rende poco. Ma dovessi rifare la mia scelta, lo rifarei. Magari da un’altra parte, perchè qui in Italia è proprio difficile… Anche essendo donna è tutto più difficile. Solo quando vengono qui e vedono le bestie tenute bene allora mi considerano. Altrimenti, donna e di Moncalieri, figuriamoci! C’è stato anche chi mi ha fatto dei brutti scherzi, mi hanno tagliato i guinzagli dei cani che erano appesi fuori, mi hanno aperto i rubinetti dell’acqua quando facevamo la stalla, sono arrivata su ed era tutto allagato, sono dovuta andare a far denuncia contro ignoti.


Immagini e informazioni

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Iniziamo con una comunicazione. Dalla Val d’Aosta mi segnalano che domani, mercoledì 2 marzo, a Verrès si terrà un incontro-dibattito sul ritorno del lupo in Vallèe. Ore 20:30, salone Le Murasse.

Immagini dell’amico Leopoldo dello scorso mese di aprile. “Ti invio una selezione di foto fatte ieri mattina, alle ore 7, con Roberto Paterno e Sandra che stanno andando verso la montagna a Valstagna (in destra Brenta, strada parallela alla statale Valsugana da Bassano del Grappa a Trento).

(tutte le immagini di L.Marcolongo)

Ieri ho inviato la bozza corretta del mio libro alla casa editrice… Sarà la volta buona? Sto aspettando che mi inviino le prove di copertina, così ve le mostrerò per sceglierle insieme. Questo libro sarà distribuito in tutta Italia, quindi non avrete più “scuse” per dire che da voi non si trova! Intanto, ricordo a tutti gli interessati che potete contattarmi per organizzare presentazioni dei volumi precedenti e/o serate per la proiezione di foto sulla pastorizia.


Costine di agnello / capretto in umido

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Oggi una ricetta. Va bene per Pasqua, ma io vi consiglio come sempre di mangiare carne ovicaprina tutto l’anno. E’ buona, fa bene (specialmente se di animali allevati al pascolo o comunque a fieno in inverno) e aiuta a mantenere vivo l’allevamento, il territorio e la biodiversità. Cercate carne di animali nati ed allevati in Italia, mi raccomando!!

Questa ricetta è indicata sia per la carne di agnello che di capretto. Il procedimento è lo stesso. Potete farla o solo con le costine, oppure anche usando uno spezzatino con pezzetti tagliati non troppo piccoli (carne con l’osso delle costine e della coscia, spezzatino misto, come preferite)

Costine di agnello (o capretto) in umido con purè di patate

Ingredienti: (per 4/6 persone) carne di agnello/capretto 1,5kg; olio extra vergine d’oliva 6 cucchiai; pancetta a fette 100g; 1 cipolla grossa; bacche di ginepro 15-20; foglie di alloro fresco 2; rosmarino fresco 2 rametti; farina 1 cucchiaio colmo; brodo vegetale; vino bianco secco 2 bicchieri; aceto di vino cc 100; sale fino q.b.

Lavare bene i pezzi carne e metterli a marinare per 3-4 ore in una ciotola nella quale avrete aggiunto la cipolla a fette sottili, le bacche di ginepro schiacciate, le foglie di alloro, i rametti di rosmarino tagliuzzati, un cucchiaino colmo di sale fino, l’aceto ed un bicchiere d’acqua. Nel corso della marinatura rigirare più volte tutti i pezzi di carne. Far soffriggere a fuoco basso la pancetta a dadini con l’olio; aggiungere dopo 10 minuti le carni scolate dalla marinata, farle rosolare a fuoco forte rimestando. Dopo altri 10 minuti aggiungere un bicchiere di vino, abbassare la fiamma e farlo evaporare, unirvi mezzo litro di brodo vegetale ed aggiungere gli aromi della marinata (se amate un sapore più intenso, anche qualche cucchiaio di liquido), coprire con il coperchio la casseruola e cuocere per 30 minuti rimestando un paio di volte. Togliere il coperchio, rimestare, aggiungere il secondo bicchiere di vino e continuare così per altri 15 minuti a fuoco basso, senza coperchio. Se la carne fosse di un animale non molto piccolo, aumentare i tempi di cottura.
A questo punto aggiustare di sale, stemperare la farina in un bicchiere d’acqua, aggiungerla velocemente alla pietanza, rimestare ancora e cuocere per soli 5 minuti, quindi togliere dal fuoco. Servire ben caldo accompagnato da un purè di patate.


Brevi storie di “malate” di animali

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A distanza di pochi giorni ho ricevuto due e-mail che mi hanno commossa e mi hanno resa più consapevole di come questo “non-lavoro” abbia comunque la sua importanza. Molto spesso rifletto su come lo scrivere non sia abbastanza concerto, per me, come professione. Però mi dimentico di tutti quelli che stanno dall’altra parte di uno schermo, di quelli che leggono i miei libri. Per fortuna qualcuno ogni tanto me lo ricorda inaspettatamente, come leggerete dagli estratti di queste due diverse lettere che ho ricevuto. Le immagini che utilizzo in questo post sono casuali e non riferite alle persone che mi scrivono. Ho tolto alcuni riferimenti per rispetto della privacy.

Valentina frequenta le Scuole Medie: “Quando la professoressa ci ha detto che dovevamo scrivere una lettera al nostro idolo, io ho subito pensato a te. Visto che tu scrivi molti libri sulla natura e sugli animali potresti venire a presentarli qui (…) dove hai già presentato il mio libro preferito “Di questo lavoro mi piace tutto”. Ricordo che a quella presentazione non ero potuta venire e io ero molto dispiaciuta. (…) Mio cugino mi ha fatto vedere il libro, quello fotografico e mi è piaciuto parecchio. (…) Avrei piacere che  tu quest’autunno potessi venire a fare le foto quando scendiamo con le mucche dei miei zii.

Stamattina invece ho letto la lettera di Gloria. “(…) ho quasi 18 anni. Le scrivo perchè la seguo da un po’ di tempo, soprattutto per il suo libro “Di questo lavoro mi piace tutto” e la stimo per tutta la passione che mette nel raccontare le storie di tanti giovani. Abbiamo comprato il suo libro a Luserna, alla fiera dei Santi, in cui veniamo tutti gli anni. Ma… ora si starà chiedendo perchè le dico tutto questo… La risposta è semplice: io mi ritrovo in parecchi di quei ragazzi!
Vivo in Val Trebbia, tra Genova e Piacenza, in un paesino che in inverno conta ben 15 abitanti e, da quando sono piccola, amo gli animali. La famiglia di mio papà li ha sempre avuti, a partire da mio nonno che aveva una sua stalletta di mucche fino ad arrivare a mio zio che adesso ne ha un centinaio. La nonna e la mamma fanno il formaggio, la ricotta e il burro e lo zio ogni tanto macella qualche vacca.

Io, da parte mia, ci ho sempre lavorato, e da quando ne ho avuto la possibilità ho iniziato a fare i miei primi acquisti: a 13 anni ho preso il mio primo cavallo e dato che non volevo lasciarlo da solo, ho preso una capretta. Da quel giorno la malattia è degenerata! Successivamente ne ho presa un’altra e, adesso, ne ho una decina. Sì, non sono tante ma, per ora, non posso permettermi di aumentare il numero anche perchè vado a scuola a Genova e ogni mattina mi sveglio alle 5:30 per poter arrivare in orario e arrivo a caso dopo le 16. Durante gli anni ho avuto di tutto, a partire dai conigli, fino ad arrivare ad un mulo. E’ una passione troppe grande! Ho passato la malattia per le capre anche al mio fratellino Simone che ha 10 anni e per fortuna mi da una mano lui. Mi aiuterà soprattutto quest’estate in cui non ci sarò per un mese e mezzo perchè ho deciso di andare a lavorare in alpeggio: non vedo l’ora d’ imparare cose nuove! Mi piace anche molto la fotografia, suonare e ballare.

Finite le superiori mi piacerebbe andare a studiare a Torino “Produzioni e Gestione degli Animali in Allevamento e Selvatici” ma, da qui all’anno prossimo potrei cambiare idea. Il mio sogno è quello di avere un mio allevamento di capre, non un numero esagerato ma il giusto, per poter aprire un punto vendita di tutti i nostri prodotti e magari collegarci un maneggio e/o un agriturismo…. Ma questi sono solo sogni. Per me l’importante è poter sopravvivere facendo quello che ti piace e poter lavorare con gli animali è quello che voglio!
Mi scuso per essermi dilungata parecchio ma mi faceva piacere raccontare a grandi linee l’amore che ho per questo fantastico mondo che è la montagna. Andrebbe valorizzato ma la maggior parte degli italiani non si rende nemmeno conto dell’importanza che ha questo mestiere così antico quanto fondamentale! Le bestie sono 100 volte meglio delle persone. La finisco qui perchè mi starà già odiando per tutto quello che ho scritto. Spero che continuerà a scrivere e non vedo l’ora di leggere il suo prossimo libro! Buona serata e scusi ancora.

Grazie ragazze! Grazie davvero e continuate così! Vi auguro tutto il meglio per il futuro.


La campagna a fine inverno

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Sta finendo un inverno mai iniziato sul serio. La neve non si è praticamente mai fatta vedere, anche la pioggia ha dato ben poco fastidio, solo qualche giorno adesso, dopo settimane e mesi di quasi totale siccità. In fondo l’erba nei prati e nelle stoppie non è mai mancata. Presto arriverà davvero la primavera, l’erba non solo nei prati, ma anche nei boschi e lungo i fiumi.

Dove le pecore avevano dormito, “pascolavano” gli aironi. Il gregge ha sempre un suo seguito, animali che trovano da mangiare dopo il suo passaggio. Oltre agli aironi bianchi e un cenerino, sono numerosi anche gli uccelli più piccoli, ballerine ed altri ancora. Anche questa è biodiversità.

Il gregge è già più avanti nella campagna. Le pecore con gli agnelli sono in stalla, quindi il Pastore riesce a spostarsi anche da solo, se si tratta semplicemente di attraversare stoppie, campi arati e percorrere strade di campagna sterrate, dove intorno non vi è il grano già nato.

Il terreno porta ancora le tracce delle piogge dei giorni precedenti. Non si può sicuramente andare a pascolare nei prati nuovi e nel loietto, bisogne cercare stoppie, incolti o altre zone dove il gregge non faccia danno, con il terreno fangoso che c’è da queste parti.

Si riparte in mezzo ai campi: l’inverno secco e senza neve ha fatto sì che i contadini riuscissero ad arare tantissime stoppie del mais, quindi un po’ ovunque ci sono solo distese di terra scura senza più niente da pascolare. Il gregge segue tranquillo, le pecore hanno mangiato abbondantemente e non c’è nemmeno molto da pascolare lungo la strada.

C’è un primo attraversamento dell’asfalto da affrontare. La strada è larga, il traffico non è eccessivo, ma è meglio controllare che non succedano incidenti. Una volta che tutte le pecore sono dall’altra parte, prendo il furgone e vado a ritrovare il gregge dove interseca nuovamente una strada.

Le pecore arrivano in mezzo ai campi e attraversano anche la seconda strada, poi proseguono nella pianura. Il Pastore mi spiega più o meno dove devo andare, non sa nemmeno lui dove riuscirà a passare tra i campi arati. Il cielo è limpido e l’aria nemmeno troppo fredda, anche se le previsioni annunciavano, per i giorni successivi, vento e calo delle temperature.

…poi guarda all’orizzonte in direzione del torrente e dovresti vedermi comparire…“, queste erano state le parole del Pastore. Già capire dov’è il torrente, in pianura, non è semplice. Per fortuna non era una giornata di nebbia. Lì il terreno è un po’ più sabbioso, quindi si riesce ad attraversare anche camminando sui campi arati. Finalmente ecco il gregge, una lunga fila chiara tra cascine, alberi e campi. Sempre meno alberi. Un tempo qui c’erano numerosi pioppeti, ma pian piano sono stati tagliati e non ne hanno ripiantati altri.

Ancora un tratto di strada asfaltata prima della destinazione. Il Pastore un tempo aveva tutta la sua zona di pascolo da queste parti, ma il taglio dei pioppeti ha privato il suo gregge di buona parte del pascolamento primaverile. Prati e campi, campi e prati, le pecore devono trovare altrove una zona per trascorrere la parte della stagione che precede la salita in montagna.

Per quel giorno la meta è un vasto incolto. O meglio, si trattava di un prato seminato ad erba medica, dove però quest’erba non è nata, per cui a breve il contadino passerà l’aratro e provvederà a riseminare. Prima quindi ha chiesto al pastore se voleva far pascolare le erbe infestanti cresciute sul terreno. Il gregge non sembra molto soddisfatto, mangia solo quel che piace di più, ma lo spazio è tanto, quindi troverà di che sfamarsi a sufficienza. L’indomani si vedrà…



Retorica

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Qualche anno fa, per l’8 marzo, mi chiamarono per fare una serata in cui parlavo di donne ed allevamento. In effetti ho incontrato moltissime allevatrici, in questi anni. Figlie, mogli, sorelle, madri, nonne, compagne di allevatori, ma allevatrici esse stesse. Non sono rari i casi di donne che mandano avanti l’azienda in prima persona, o da sole o aiutate da un famigliare.

Molte storie le ho raccontate qui, in tutti questi anni. Non c’è bisogno di far troppa retorica, penso che le immagini parlino da sole. Una donna già lavora a far tutti quelli che sono i mestieri casalinghi, spesso è pure madre. Se è anche allevatrice, lavora sì a casa, ma la sua attività la impegna 365 giorni all’anno, 24 ore al giorno.

Rispetto per tutte le donne, sempre, non ricordiamocene solo un giorno all’anno. Rispetto nella vita, nel lavoro, negli affetti, e comprensione per quello che fanno quotidianamente.


Articoli, foto, video…

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Mentre cerco di organizzarmi per andare avanti con le interviste per il libro sulle capre, eccovi un po’ di materiale che ho visto passare qua e là. Rimanendo sul tema delle donne allevatrici, due articoli: uno riguarda delle conoscenze dirette (Roberta & Roberta), l’altro ci porta in provincia di Treviso.

Anche un video, il trailer di un documentario etnografico su donne e allevamento in Val d’Aosta.

Poi gustiamoci una selezione di foto dell’amico Leopoldo. Maggio 2015, risalita verso la montagna del gregge di Fabio Zwerger al Lago del Corlo (Arsiè-BL). “Luoghi magici, fuori dai grandi percorsi turistici, dove le pecore transitano, come da sempre, convivendo con gli uomini senza problemi.

(tutte le immagini sono di L.Marcolongo)

La stagione della transumanza e della montagna sembra ancora così lontana… ma sta arrivando. Tra due mesi ci sarà già chi inizia ad incamminarsi verso le valli.


Un sostegno per il blog: crowfounding

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Cari amici che mi seguite da anni, cari lettori di questo blog, addetti ai lavori, appassionati, curiosi, allevatori, persone che vengono su questa pagina per “respirare un po’ di aria fresca”, come mi scrivete ogni tanto… Da ieri è aperta una campagna di crowfounding per raccogliere appunto fondi per questo blog. Dal momento che, per volontà e per forza, scrivere è il mio mestiere… vi chiedo un piccolo aiuto. Ne avevamo già parlato un po’ di tempo fa, vi ricordate? Tutto quello che compare qui in queste pagine, soprattutto negli ultimi anni, è esclusivamente frutto della mia passione. Anche gli annunci che trovate nella pagina a fianco sono inseriti gratuitamente.

Se volete contribuire, con qualsiasi cifra, darete un valore a tutto quello che ho fatto in questi anni e mi aiuterete anche a proseguire con le ricerche per i miei prossimi libri. Aprendo la pagina troverete anche le ricompense che potrete ricevere in base alla cifra donata. Quanto spendete per bere un caffè ogni mattina? E per comprare il giornale? E per vedere la TV? Anche la produzione artistica e letteraria (in ogni sua forma) è un lavoro e un servizio, non credete?

Presto mi attiverò per creare le magliette che verranno usate come ringraziamento base per chi contribuirà con una donazione, queste potranno anche essere acquistate separatamente, ma vi terrò informati. Per chi donerà cifre più consistenti, la ricompensa sarà uno dei miei libri.

Tra meno di un mese saranno 9 anni da quando è stato creato questo blog. Potrete fare anche voi in modo che il suo cammino prosegua. Grazie a tutti. In questa pagina verranno inseriti via via i nomi dei sostenitori (a meno che mi chiedano di non essere nominati)


La maglietta di pascolo vagante

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Ecco qui, come promesso, la maglietta che ho creato per chi sosterrà il blog con un piccolo contributo economico.

Questo è il modello base che verrà inviato a chi la sceglierà nella campagna di crowfounding a sostegno del blog. Se invece siete interessati ad atri modelli (comprese canottiere, felpe, T-shirt da donna, ecc) e colori, andate sul sito della vendita on-line. Grazie a tutti coloro che parteciperanno al crowfounding o acquisteranno i prodotti!


Spezzatino di capretto con patate e piselli

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Altra ricetta, per avere scelta per il menù di Pasqua. Anche se ben sapete che io non mi stufo di ripetere di consumare queste carni tutto l’anno e non solo durante le festività. Inoltre quest’anno molte capre sono in ritardo con i parti, quindi i capretti non saranno pronti per Pasqua e ci sarà disponibilità nel mese di aprile o anche oltre.

Spezzatino di capretto con patate e piselli

Volendo, possiamo sostituire l’agnello al capretto anche in questa ricetta.
– 1kg di patate
– 800g di spezzatino
– 250g di piselli sgranati
– 3l di brodo di verdura
– 100ml di vino bianco
– 1/2 cipolla
– olio extravergine d’oliva
– pepe
– salvia
– sale
– timo

Procedimento: Preparare il brodo. Tagliare finemente la cipolla e farla soffriggere in una casseruola con l’olio extravergine d’oliva. Rosolare la carne nell’olio e, quando ha preso colore, aggiungere il vino bianco. Continuare la cottura per un’ora aggiungendo il brodo fino a coprire la carne; unire anche timo, salvia, pepe e sale.
Tagliare le patate a pezzi regolari. Dopo un’ora di cottura della carne, aggiungere le patate e i piselli e, se si è asciugato troppo, bagnare con altro brodo. Cuocere ancora mezz’ora, quindi servire ben caldo.


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