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Channel: Storie di pascolo vagante
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Dal Biellese

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Uno degli amici di questo blog, Cristian, mi manda un po’ di notizie dal Biellese. Notizie non particolarmente buone…

Iniziamo con il “caso” degli agnelli salvati a Pasqua. Adesso chi li ha “salvati” non sa cosa farsene e come sfamarli!! Tra l’altro, mi domando io (ma non solo io), questa gente detiene in regola i capi che hanno “adottato”? Codice di stalla, marche auricolari e tutto il resto? Pensate che, qualche giorno fa, su facebook il “salvatore degli agnelli” cercava non soltanto persone che ne adottasse, ma anche fondi per mantenerli e cibo (chiedeva del pane duro!!!). No comment. Non ho commentato nemmeno sulla loro pagina per evitare di farmi il sangue cattivo… Parlano di aiutare la pastorizia che “ha dato tanto al Biellese ” (sic!) e poi si oppongono alla commercializzazione degli agnelli…!

Passiamo ad un articolo del segretario CIA di Biella, lungo ma… da leggere. “LA CIA DI BIELLA CHIEDE MAGGIOR TUTELA DEL COMPARTO OVINO — La crisi dei consumi si fa sentire pesantemente anche nel settore degli ovi-caprini. Basta analizzare i dati del recente mercato pasquale, tradizionale appuntamento con la carne ovina, per avere un quadro della situazione. Si è registrato un calo dei capi commercializzati del 15% rispetto allo stesso periodo dello scorso.

Fra le cause principali sicuramente la crisi dei consumi (che per questa Pasqua si è attestata al -7%), anche se il calendario, visto che Pasqua è caduta a marzo, non ha favorito le vendite accorciando il periodo di commercializzazione di una decina di giorni. Ed anche i prezzi pagati agli allevatori sono in ribasso del 10-15% rispetto allo scorso anno. Un mercato, quello degli ovi-caprini che vive nel periodo pasquale il momento migliore e che avrebbe potuto far respirare un po’ gli allevatori, che, però, oltre che con la crisi, devono fare i conti con assurde campagne mediatiche di associazioni animaliste che invitano a non acquistare la carne ovina in particolare quella degli agnelli.

E’ l’ora di finirla con queste invenzioni da parte delle associazioni animaliste, che ogni anno fanno questa propaganda ai consumatori demonizzando la carne di agnello, per chissà quale scopo che solo in apparenza è ideologico. Si gioca sulla pelle e sull’economia di migliaia di aziende zootecniche italiane che sono già alle prese con una crisi di mercato e di consumi – oltre che con i crescenti costi di produzione – che dura da ormai troppi anni. Nel periodo della Pasqua i nostri allevatori vendono circa il 20-25% dei capi dell’intera produzione annuale. E c’è chi tutto questo fa finta di non saperlo e specula sul futuro degli pastori.

C’è bisogno in tempi ravvicinati di una strategia nazionale a sostegno del settore ovino: priorità nella Pac e nello sviluppo rurale, tutela e valorizzazione del prodotto trasformato, aggregazione e rafforzamento degli strumenti economici. Molto positiva la proposta della Cia di privilegiare gli agricoltori veri nell’accesso al sistema degli aiuti della Pac per sostenere un settore che in gravissime difficoltà, con stalle che chiudono a causa del crollo dei redditi per gli allevatori. I prezzi del latte e della carne sono in ribasso, i costi in continuo aumento uniti alla siccità del 2012 che stanno riducendo la pastorizia ( e tutta l’agricoltura) biellese in una condizione di non ritorno.

Serve dunque una svolta immediata: i contributi vadano agli agricoltori e agli allevatori veri, soprattutto per incoraggiare i giovani a stare o a ritornare al lavoro della terra. Nel contempo occorre non perdere di vista tutti gli altri problemi degli allevatori a cominciare dai costi della burocrazia, ai danni della predazione dei lupi, l’assenza di rispetto per il lavoro che i pastori fanno ogni giorno per mantenere un certo ambiente e paesaggio, di cui gode gratuitamente l’intera collettività e, come se non fosse sufficiente questo, meraviglia la mancanza di considerazione per gli animali, le pecore, che compongono i greggi assaltati dai predatori: sono o non sono animali con la stessa dignità dei lupi e dei randagi? 

Gianfranco Fasanino – Segretario Cia Biella

Niente di nuovo rispetto a quello che diciamo da tempo, ma… visto che nessuno ci ascolta, bisogna continuare a ripeterlo, sempre di più!!!!

Per finire, una brutta vicenda di cattivo allevamento. Sono notizie che non fanno piacere a chi alleva con passione e preferirebbe che non si parlasse del suo mestiere solo quando c’è qualche esempio negativo da riportare. Purtroppo l’informazione spesso preferisce lo scoop alla bella storia positiva.

Può darsi che, per qualche giorno, io non riesca ad aggiornare il blog per motivi personali. Aspettatemi, tornerò da voi appena possibile!



Una transumanza “strana”

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Che primavera… Il maltempo continua a prevalere sul sole. Eppure mi ricordo che, da bambina, tra aprile e maggio i giorni di pioggia erano tanti. Sono state le ultime stagioni, secche, calde, a farci abituare male?

Ogni tanto, tra una pioggia e l’altra, si riusciva ad avere una giornata con un po’ di sole, abbastanza tiepida. Adesso era finita la preoccupazione dell’erba, ce n’era ovunque, nei prati e tra i boschi, lungo i fiumi e negli incolti. Le pecore erano ormai tosate, il pensiero sempre più andava all’alpeggio, anche se nei rari momenti di sole era facile capire che, in quota, la stagione fosse tardiva.

Però a volte anche i pastori sono costretti a far programmi e fissare delle date con largo anticipo. Di solito si guarda l’erba, il tempo, le necessità delle pecore, ma poi succede che ci siano delle necessità delle persone, legate alla salute, che non possono essere rimandate oltre… E allora si organizza una transumanza anticipata, anche se quest’anno, come si diceva, la stagione è più che mai tardiva. Meglio, per certi versi, “…perchè almeno l’erba è ancora bassa e la mangiano bene senza sprecarla…“, però poi quando verrà il momento di riprendere il cammino e salire? Sarà cresciuta erba su in montagna?

I meli iniziano appena a fiorire. I timidi raggi di sole sembra che vogliano nuovamente lasciare il posto alle nuvole cupe che già coprono le montagne. Almeno la partenza della transumanza però è avvenuta con il sole, poi si vedrà. “Speriamo non piova tanto nei prossimi giorni, o l’erba la mangeranno meno bene e allora non so per quanto ne avranno…“.

Mai questo tratto di transumanza era stato tanto poco faticoso. Di solito lo si affrontava in un tardo pomeriggio di metà maggio, con il sole ancora caldo e l’asfalto che buttava indietro calore. Canottiera, pantaloni leggeri, sudore… Quest’anno giacche, maglioni e indumenti per la pioggia a portata di mano, ma l’aria fresca faceva sì che il gregge avanzasse deciso, senza soffiare per la calura.

E la pioggia di tanto in tanto si faceva sentire, mentre ormai si scendeva nella valle. L’alpeggio non si vedeva ancora, avvolto lassù tra le nuvole basse. Gli alberi avevano appena appena le prima foglie, l’erba era di un bel verde tenero,  i frutteti mostravano le prime chiazze di fiori, era tutto decisamente in ritardo… e noi eravamo invece in anticipo!

Pochi incontri lungo la strada, anche nei paesi non c’è nessuno, il maltempo non invita ad uscire all’aperto. Qualcuno qua e là si affaccia, ma le campane al collo delle pecore sono ancora poche e la transumanza passa quasi inosservata. Non è ancora quella della vera partenza verso i monti, più che altro è uno spostamento dettato da necessità improrogabili. Che strano, partire adesso che l’erba era abbondante, lasciando indietro così tanti prati da pascolare…

Piove e poi smette, poi ricomincia ancora. Ormai la meta si avvicina e c’è un misto di sentimenti contrastanti, sollievo e tristezza, preoccupazione e ansia. Anche gli animali sembravano perplessi, in partenza. Capivano che non era ancora del tutto la stagione giusta per affrontare questo cammino, però alla fine hanno seguito come sempre il loro pastore.

E così ecco il gregge nei prati vicino al fiume. Per qualche giorno si rimarrà qui, fin quando ci sarà erba, prima ancora che non fin quando il pastore potrà riprendere il suo posto davanti agli animali. Solo che le due cose dovrebbero avvenire contemporaneamente, in teoria. In realtà nessuno può comandare il tempo e la salute dovrebbe venire prima di tutto. Però il pastore pensa soprattutto al benessere dei suoi animali.

Quindi si ferma con loro il più a lungo possibile l’ultimo giorno, sotto la pioggia battente che poi caratterizzerà i giorni a venire. Tutto da controllare, da verificare, le ultime istruzioni da dare a chi lo sostituirà nei giorni a venire. Se almeno non piovesse, se almeno l’erba durasse per due settimane, se… Uno non ci pensa, anche quelli che restano conquistati dal mestiere di pastore, non si rendono conto di cosa voglia dire quando la salute non ti accompagna. Certo, un qualsiasi libero professionista, in caso di malattia, non ha i benefici di cui gode un dipendente, ma comunque, se devi chiudere un negozio, lo chiudi. Gli animali invece devi comunque seguirli e solo il padrone li conosce tutti esattamente uno ad uno…


Precisazione dovuta

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Come vedete sono molto poco presente in questi giorni e forse lo sarò ancor meno nelle prossime settimane per “questioni di forza maggiore”.

Sarebbe però già stata necessaria una precisazione l’altro giorno, quando è uscito questo articolo su La Stampa. Il giornalista, che mi aveva intervistata il giorno precedente, mi aveva contattata in merito alla segnalazione del mio libro “Di questo lavoro mi piace tutto” al Premio ITAS a Trento. L’articolo doveva quindi essere solo relativo all’opera, ma ovviamente era più gradevole arricchire il pezzo con un po’ di colore.

Peccato che le tonalità scelte non siano quelle reali… E’ vero che il mio compagno è un pastore, è vero che lo aiuto come e quando posso, è vero che in questi giorni è convalescente e pertanto per lui è impossibile occuparsi del gregge… Ma ho detto al giornalista Gianni Giacomino che non mi disturbava affatto con la sua telefonata, in quanto ero a casa per assistere Claudio. Da dov’è uscita la cosa che ero al pascolo al posto suo????? Oltre ad essere falso, oltre a non averlo mai detto, oltre al fatto che non ne sarei in grado, la cosa è “offensiva” per chi in realtà in questi giorni ci sta aiutando con la gestione del gregge, cioè il socio di Claudio, parenti ed amici.

Completamente di fantasia anche la frase conclusiva, dato che in alpeggio saliremo molto presto e, meteo e pascoli permettendo, ci fermeremo cinque mesi. Quella che farà la pendolare causa impegni sono io, mentre i pastori scenderanno solo quando lo faranno anche le pecore…


Quando uno non sa

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Ecco l’ennesimo caso di “incomprensione”, definiamola così. Non molto tempo fa abbiamo applaudito alle pecore nei parchi di Torino ed oggi, ancora una volta, assistiamo all’indignazione di chi ha visto una scena che non ha compreso e che, quindi, parla male dei pastori e della pastorizia.

Cristiana mi segnala che, su “La Stampa”, oggi è comparsa questa lettera (copio e riporto integralmente):

Una lettrice scrive:  

«Al parco Colletta ci sono le pecore. Mentre il gregge rientra, tra le ultime, c’è una pecora che zoppica con il suo agnello a fianco. Uno dei due pastori prende la pecora per un zampa, trascinandola. L’altro prende l’agnello. La pecora cerca di liberarsi dalla presa, ma viene spinta su di una jeep. Viene buttato all’interno anche l’agnello. La pecora bela disperatamente e “senti” la sua paura e la paura del suo agnello».  

«Non voglio parlare di quella che, quasi sicuramente, era la loro destinazione né se sia giusto mangiare carne oppure no.. ma dell’assoluta indifferenza e della sordità del cuore per il dolore fisico e la paura delle due pecore. 

«Dovremmo imparare a rispettare la vita di esseri diversi da noi e aprire il nostro cuore in un modo diverso, e domandarci se alcuni nostri simili non vivano in realtà tra il dolore e la paura, come le due pecore. Spero che il Comune non paghi con le mie tasse questi due signori». 

SABRINA

Ovviamente si va subito a pensar male. Dal momento che invece la pecora aveva accanto l’agnello, io credo che le cose siano andate diversamente. Se la pecora zoppicava vistosamente, era impossibilitata a tenere il ritmo del gregge negli spostamenti e quindi può darsi che i pastori l’abbiamo portata in cascina o in un pascolo dove magari ci sono altri animali, da cui non deve spostarsi quotidianamente. Per quello che riguarda poi il modo di “catturare” una pecora, il modo giusto di farlo è appunto quello di prenderla per la zampa posteriore, altrimenti (data la forza dell’animale) non ci sarebbe quasi modo di riuscire a spostarla. Addirittura esiste un apposito attrezzo, venduto nei negozi specializzati, consistente in un bastone con un’estremità arrotondata e sagomata che serve per catturare l’animale prendendolo per la zampa. Ovvio che il tutto è questione di pochi attimi, il tempo di prenderlo e fare quel che si deve (medicarlo, oppure caricarlo su di un mezzo).


Incontro tra bloggers

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Un tempo nemmeno sapevo cosa fosse un blog, oggi mi ritrovo qui, con anni ed anni di “articoli” su queste pagine virtuali. Ogni tanto succede che ci siano degli incontri virtuali con altri autori, come per esempio con Silvia, che ha incontrato delle pecore nei suoi “viaggi” e poi ha incontrato anche “pascolo vagante”…

Adesso Silvia ci manda un po’ di scatti a tema “ovino” realizzati in passato. ”…quelle che vedi più rossastre,  le ho fatte a Sarmede. Altre nella campagna tra Vittorio Veneto e Conegliano. 

Le due dell’agnello che beve il latte, sono state scattate a Cordignano a casa di un amico di famiglia (signor Graziano) che ha spesso a casa degli agnellini da svezzare. Le altre, sempre a Cordignano ad un gregge di passaggio. Tutti i paesini che ho nominato sono in provincia di Treviso, zona Pedemontana, vicino al mio paesino natale, che è Orsago.

A parte quello dell’agnello da svezzare, che sono andata a trovare di proposito per vederlo, le altre sono state tutte fatte durante incontri casuali. Nella mia zona è abbastanza frequente il passaggio di greggi, quando le vedo solitamente mi fermo. Mi piace guardare e soprattutto ascoltare le pecore, osservare la presenza di altri animali nel gregge, come capre e asini, e ammirare il preciso lavoro dei cani.


Se il gregge è in un bel posto e ho la macchina fotografica con me, chiedo ai pastori se posso scattare qualche foto, anche solo con un cenno… Nessuno mi ha mai detto di no, ovviamente!

Nel mio blog , oltre agli sporadici viaggi, mi piace raccontare il territorio in cui vivo, nella sua bellezza e nella sua ruralità: avventure su due ruote, convivialità, viaggi ad andamento lento e vita di campagna sono i temi tra cui mi muovo, e di cui amo scrivere. 
Spesso quando incontro le greggi sono in giro in lambretta e pronta a raccogliere materiale per il blog, per questo ho spesso la macchina fotografica!!

Ancora grazie a Silvia per le sue immagini di pascolo vagante, che contrastano con chi, sempre da quelle parti, invece vuole addirittura vietare il passaggio delle greggi… Vi ricordo ancora, in zona, a Follina (TV), la manifestazione “La via della Lana“, che si terrà questo fine settimana. Chi vi partecipasse, è calorosamente invitato ad inviarmi qualche scatto!


Fuori stagione?

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Intorno a Pasqua parlavamo di che carne consumare “per le feste”. Da queste parti, quest’anno, i capretti sono nati tardi, pertanto la gran parte dei pastori non aveva animali grossi a sufficienza per essere macellati (di peso almeno superiore ai 12, 15 chili). Poco per volta adesso però i capretti sono cresciuti, ma cosa farne? Qualche femmina si alleva, ma tutti i maschi? Non si riesce nemmeno a venderli a poco prezzo, bisognerà per lo meno castrarli.

Già, perchè la gente mangia capretto solo “per la festa”. Ma se piace, perchè non consumarlo tutto l’anno? Bisognerà comunque macellarli, perchè capirete anche voi che è impossibile avere in un gregge di capre più di un esemplare del genere! Questo è un caprone adulto, ma anche i giovani nati in inverno al primo calore delle femmine iniziano a farsi valere, affrontandosi in combattimenti che possono avere esiti anche cruenti e letali.

Quindi, cari amici, consumate capretto anche “fuori stagione”. Io questa volta l’ho cucinato così…

Capretto alle erbe e limone

2kg spezzatino di capretto

2 limoni

erbe aromatiche miste (salvia, timo, rosmarino, alloro)

olio evo

peperoncino

sale

Fate marinare per alcune ore (anche una notte intera) in una teglia la carne tagliata a pezzi con il succo di 2 limoni e mezzo bicchiere d’olio. Trascorso questo tempo, sgocciolate lo spezzatino e ponetelo in una pentola (meglio se di coccio) a fiamma media. Aggiungete le erbe tritate, sale e una punta di peperoncino macinato. Girate spesso, aggiungendo poco alla volta il liquido di marinatura. Dopo oltre un’ora di cottura il capretto dovrà risultare tenero, bel rosolato ed il liquido di cottura quasi del tutto consumato. Se dovesse asciugare troppo durante la cottura, ammorbidire con un po’ d’acqua tiepida, quindi regolate di sale, se necessario. Io l’ho servito con purè di patate. Ottimo a Pasqua, ma non solo!


Nonostante la stagione fosse in ritardo…

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Una stagione tardiva, eppure il gregge è già in quota. Lo sapete, è impossibile per i pastori fare previsioni. A volte, oltre ai “semplici” fattori naturali legati al clima ed alla vegetazione, ci si mettono tante altre cose, ultima delle quali anche la salute (già, il pastore pensa sempre prima ai suoi animali e poi a se stesso…).

Dov’è più “facile” fare la convalescenza? In montagna! Niente reti da tirare, a parte quelle del recinto, niente spostamenti lungo le strade, tra auto impazienti e diserbanti, pochi confini da rispettare, o comunque sicuramente meno impegnativi di orti, vigneti, frutteti e campi coltivati. Ma l’erba? Ce n’è già di pascolo in quota? Giù, in pianura, l’erba è letteralmente esplosa con il sole dopo le piogge prolungate. Adesso tutti vorrebbero che il gregge “pulisse” i loro prati, i loro incolti, e invece il gregge è già via, sui monti.

Certo, l’erba è bassa, e sopra i 1500 metri anche nei versanti esposti a sud predomina il colore marrone, con solo i primi accenni di verde, ma a quote inferiori c’è una bella erba tenera, adatta ad essere pascolata ora. Gli anziani raccontano che, una volta, si era soliti “metter su” le pecore, incustodite, anche molto presto ad inizio stagione, un mese o anche prima della salita delle vacche. Così il gregge “puliva” tutto, pascolando anche quelle erbe dure che vacche, ma anche capre e pecore, più avanti avrebbero rifiutato.

Si sta bene in queste splendide giornate di sole. Anzi, nel recinto al mattino le pecore già si “mettono a barun” come nelle giornate più calde. Ovviamente in alto c’è ancora neve ed è giusto che sia così. Però purtroppo le previsioni meteo annunciano che il sole durerà ben poco e si attendono giornate di pioggia anche piuttosto intensa. Probabilmente a quote maggiori nevicherà ancora.

Per il momento però il sole scalda la terra e l’aria, la neve scioglie ed i torrenti scorrono fragorosi, niente a che vedere con la drammatica siccità della scorsa estate. La montagna è ancora quasi deserta, da queste parti non c’è ancora nessun altro gregge o mandria. Passa qualche escursionista e diversi ciclisti, scambiando un frettoloso saluto e rivolgendo uno sguardo sospettoso ai cani.

In queste belle giornate di sole c’è anche modo di vedere come si stanno ambientando i due cuccioli, futuri guardiani del gregge. L’inserimento è stato graduale, ma sembrano aver vinto l’iniziale timore nei confronti del gregge. Specialmente la femmina si aggira qua e là sorvegliando il gregge, la vedi comparire e sparire di tanto in tanto, la senti abbaiare quando arriva un intruso, sia esso cane o ciclista.

E così quest’anno la stagione d’alpeggio è iniziata prima. Viene quasi da chiedersi perchè non si salisse in questo periodo anche gli anni prima, visto che qui si sta tanto meglio, ci sono meno preoccupazioni e non si patisce il caldo, cosa che invece molto spesso accade nel mese di maggio, con le pecore che ansimano e non ne vogliono sapere di pascolare fino al tardo pomeriggio. “Giù devo accontentare tutti i padroni dei prati, quest’anno ho telefonato per scusarmi e spiegare la situazione, dire perchè me ne andavo senza mangiare la loro erba…“. Qualcuno si è lamentato, altri hanno capito, soprattutto se in passato hanno avuto analoghi problemi di salute. “Riguardati, non fare sforzi!“, hanno detto al pastore.


Ancora con giacca e maglione

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Pioveva un mese fa, quando le pecore sono state tosate, ha continuato a piovere dopo e piove adesso, che il gregge è arrivato in montagna. Per fortuna ci sono stati almeno quei primi giorni di bel sole caldo e cielo blu, però adesso non solo si vedono solo nuvole e nebbia, spesso piove anche molto intensamente.

Mentre, in pianura, i contadini si disperano perchè non riescono a fare il fieno e l’erba è tutta schiacciata a terra, in quota il gregge pascola l’erba tenera, con la neve che fa capolino, ora un po’ più in su, ora più in basso. Stamani notavo una cosa, rientrando in auto: i prati dove le greggi avevano pascolato (sia prati di loietto puro, sia altri prati stabili) non solo sono meno “allettati” (cioè con l’erba a terra), ma in un paio di posti i contadini sono persino riusciti a tagliare e far seccare il fieno in quei pochi giorni di sole dello scorso fine settimana. Non è un caso fortunato, ma uno dei benefici effetti del pascolamento!

Che differenza dalle immagini primaverili di pochi giorni fa! Vista l’intensità delle piogge, il fatto che in quota sia caduta neve è stata una fortuna, altrimenti i fiumi si sarebbero ingrossati ancor di più. Invece, nonostante tutto, stamattina la strada sterrata era in buone condizioni, solo qualche piccolo smottamento e nessun problema ai ponti e ai guadi.

Se andare al pascolo in giornate così non è facile (e nemmeno tanto piacevole), togliere e rimettere le resti del recinto lo è ancor meno, visto che in questa attività non si può tenere aperto l’ombrello. Però è necessario cambiare luogo per far dormire il gregge almeno ogni due giorni, se non quotidianamente. Il vantaggio, rispetto alla pianura, è che qui l’acqua scorre e non ristagna, ma anche così dopo due notti il “parc” è impraticabile, oltre che non sano per gli stessi animali. Le previsioni sono ancora incerte, le piogge non sono ancora finite, ma più o meno tutti gli anni, in questo periodo, capita di avere giornate così…



Seguendo il pastore alla fiera

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Parlare di pastori in un film, far capire chi è il pastore oggi… ma bisognava anche mostrare un momento di festa e di condivisione. E’ vero che il mestiere implica pochi o pochissimi momenti di svago e di stacco, ma ci sono e allora… Eccoci a Bobbio Pellice per l’annuale Fiera della Pouià.

L’azienda Charbonnier ci ospita, dal momento che uno dei nostri protagonisti, Ivan, va a dare una mano all’amico Luca, detto Luchino. Parenti e amici si ritrovano al mattino davanti alla stalla per aiutare i padroni di casa, ma anche per vivere un momento di allegria. Prima, per chi ha animali a casa, i normali lavori quotidiani, magari alzandosi un po’ più presto. La sorella Katia (con il piccolo Luca nel marsupio) ed il cognato Omar a loro volta sono andati dall’amico Elvis.

Alla fiera partecipano solo gli allevatori di Bobbio, ma ci si scambia il “favore” in autunno, quando invece la fiera si tiene anche a Villar Pellice. Prima di attaccare le campane alle vacche, una rapida colazione in compagnia. Ci sono tanti bambini e bambine, figli di amici e parenti, ma anche coetanei delle bimbe dei padroni di casa. Qui in valle l’allevatore non è la mosca bianca, questo non è il lavoro degli ultimi!

Poi finalmente si attaccano i rudun, lavoro che spetta soprattutto agli uomini. Le donne pensano a tutto il resto, le bimbe chiedono che si preparino dei panini per quando si arriverà alla fiera, anche se poi ci sarà il pranzo tutti insieme, per festeggiare.

Wanda va in caseificio. Festa o non festa, bisogna lavorare il latte, anche se in questi due giorni un po’ particolari e caotici, il normale ordine delle cose è stato spesso sovvertito. C’è gente che va e che viene, chi passa per un saluto, chi chiede dov’è questo o quello, chi si informa su dove portare le auto, chi…

Finalmente il sole. Dopo giorni e giorni di maltempo, dopo un sabato di pioggia battente, con neve anche a bassa quota, per il mattino della fiera quasi inaspettatamente c’è cielo azzurro ed aria frizzante. Le montagne sono coperte da una spessa coltre di neve fresca, neve che ha impedito il verificarsi dell’ennesima alluvione. E’ impossibile non pensare agli eventi, anche tragici, che hanno segnato la valle negli anni scorsi. Magari toccherà aspettare qualche giorno in più per salire in alpeggio, ma nessuno ha sentito parlare di frane sulle piste di accesso alle baite in quota.

Adesso le vacche hanno i loro rudun e si potrebbe partire. “Bisogna andare giù fino al ponte sotto, hanno fatto mettere delle bancarelle davanti al ponte!”, sembra che ci sia un cambiamento imprevisto di percorso, ma dopo se ne comprenderà il motivo.

Il pastore accompagnerà l’amico fino alla fine della sfilata, poi dovrà andare dal suo gregge. Però quella sera la festa continuerà ed allora per un po’ ci si potrà dimenticare di tutte le lunghe, lunghissime giornate di lavoro senza possibilità di alcun svago. Manca poco alla salita in alpe e quindi per parecchi mesi saranno poche le occasioni di vedere gli amici, ancora meno quelle di fare festa!

Si parte, alcuni bambini davanti, poi Luca. Le vacche camminano in fila abbastanza ordinata. Come spiegherà più tardi il Sindaco, rispetto alla fiera autunnale, l’edizione primaverile vede un partecipazione di solo parte degli allevatori locali, dal momento che non tutti gli animali sono ancora abituati a spostamenti.

C’è anche un piccolo gregge, capre e qualche pecora, con un gruppo di pastori forse più numeroso ancora degli ovicaprini presenti. Ma questa non è una transumanza, questa è una grande festa allegra ed i bambini camminano con gioia, orgoglio e responsabilità.

Nel paese, a differenza di passate edizioni a cui avevo assistito, gli animali vengono fatti sfilare. Tutti devono partire dallo stesso posto e così le mandrie transitano in centro l’una dopo l’altra, senza doverle attendere troppo, garantendo così al pubblico uno spettacolo continuo e senza causare troppi disagi all’eventuale traffico automobilistico. Una delle mandrie sfoggia fiocchi rosa, in onore della bimba di Marika ed Elvis. Sono numerose, quest’anno, le giovanissime neo-mamme…

Daniela e Franco sfilano con una mandria sempre più grigia, grazie alle vacche di razza Grigia, su cui stanno puntando (con soddisfazione) in questi anni. Animali di taglia non esagerata, adatti alla montagna, buone produttrici di latte.

Quanti paesi hanno un assessore all’agricoltura che è anche allevatore e margaro? Pierclaudio conduce le sue Barà fino all’altro capo del paese, nei prati dove tutte le mandrie rimarranno a pascolare durante il pranzo.

E’ poi anche la volta di Luchino e degli amici che avevamo incontrato al mattino. Non ho contato i gruppi che stanno sfilando, ma c’è da riflettere su quanti siano gli allevatori (e relativi animali) in un Comune così piccolo come Bobbio!

Le facce conosciute sono tante e, nella maggior parte dei casi, sono i giovani (che conosciamo ancor meglio!) a guidare la sfilata, ma anche ad avere parte attiva nella conduzione dell’azienda. Ecco qui Deborah, con la cavalla che, se non ricordo male, si chiama Pioggia.

Intervistiamo il Sindaco, Patrizia Geymonat, che parla proprio della grande importanza del settore nell’economia e nella società del Comune, cosa che fa sì che ci si impegni, nonostante il momento difficile, a realizzare le due fiere annuali. “Non premiamo nessuno, né allevatori, né animali. Vuol proprio solo essere un momento di festa.” Si parla anche dell’impegno per aiutare concretamente gli uomini e le donne che lavorano ed abitano in alpe: “Abbiamo fatto la scelta di dare la precedenza agli allevatori locali. Così si cerca di tenere i prezzi di affitto più equi possibili, evitando quei fenomeni di speculazione che accadono altrove. Siamo un comune molto vasto come territorio, l’età media di chi sale in alpeggio dev’essere sotto i quarant’anni, ci sono coppie giovanissime con bambini piccoli, quest’anno. Sarebbero necessari due interventi importanti, quello della realizzazione della strada per l’alpe Crosenna, complesso per ragioni di territorio, e la sistemazione delle strutture all’Alpe Giulian. Purtroppo, se il bando regionale per la viabilità ed infrastrutture è già aperto, per quello relativo alle baite non ancora. Cercheremo di fare un lavoro in economia…”.

Da qualche anno, una presenza fissa della Fiera è l’amico Silvio d’le cioche con le sue campane, per l’appunto! Davanti alla sua bancarella si fermano gli appassionati, chi per un acquisto, chi semplicemente per una chiacchierata ed uno scambio di notizie. Purtroppo vengo a sapere che è stata “rifiutato” lo spazio ad un amico espositore che sarebbe venuto da un’altra regione con i suoi prodotti strettamente legati alla pastorizia… Lo spazio dedicato al mercato non avrebbe avuto che da arricchirsi con uno stand del genere, anche a costo di avere una bancarella in meno di prodotti made in China…

Soprattutto vacche, alla fiera di Bobbio, ma ci sono anche due greggi, tra cui quello dei Durand Canton. L’anziano pastore non molla! Da anni si parla di venderle, ma lui sostiene che ciò non si farà, fin quando sarà in grado di occuparsene, anche in alpeggio (e le primavere sono già più di ottanta…).

Foto di gruppo per gli amici che abbiamo accompagnato e filmato (ma anche il resto della sfilata è stato oggetto di riprese), poi Ivan ci saluta e va dalle sue pecore. Per gli altri si avvicina l’ora del pranzo, anche se bene o male sono ancora tutti accanto agli animali.

Queste giornate, oltre ad essere momenti di gioia in cui si incontrano tanti amici, sono anche occasioni per vedere come il mestiere di pastore e margaro ha ancora un futuro, rappresentato soprattutto dalle giovani… e giovanissime generazioni!


Cena della capra e presentazione libro

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Ribloggato da Di questo lavoro mi piace tutto:

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Vi aspetto a Balme, Valli di Lanzo (TO) per questa interessante e ghiotta iniziativa. Sabato 8 giugno "Di questo lavoro mi piace tutto" sarà presentato a Les Montagnards in occasione della "Cena della capra", appuntamento gastronomico per valorizzare i prodotti locali a base di carne e latte caprino e per conoscere diversi modi di utilizzare ed apprezzare la carne delle capre locali.

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Un'interessante iniziativa a Balme: "Cena della capra", a seguire, la presentazione dl mio ultimo libro. L'appuntamento è per l'8 giugno

Non era marzo pazzerello?

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E’ maggio, ma non sembra. Aggiorno poco il blog perchè sono su in alpeggio, dove a fatica si riesce a telefonare (e non con tutte le compagnie telefoniche), quindi i miei scritti e le mie foto si accumulano in quel momenti in cui torno a valle. Oggi per esempio vi voglio regalare una carrellata di immagini che si riferiscono all’estrema variabilità meteo di questa seconda metà di maggio.

Non sono tra le persone che amano il caldo estivo intenso, però qualche giornata mite di bel tempo primaverile sarebbe gradita! Certo, scendendo dall’alpeggio pare che “giù” faccia caldo, visto che noi “su” siamo affezionati alle calze pesanti, alle giacche quando non al berretto ed ai guanti! Le bestie “in guardia” arrivano poco a poco, ma qualcuno attende ancora, ben sapendo che il clima non favorisce la crescita dell’erba in quota.

Dopo giorni di pioggia può anche capitare di svegliarsi con il cielo blu e le montagne imbiancate di fresco. Non una semplice spruzzata, ma una nevicata abbondante che, più tardi nel corso della giornata, darà origine a valanghe più o meno corpose. Se solo continuasse il sole e se facesse caldo, questa neve se ne andrebbe in fretta e allora si potrebbe iniziare a pascolare sempre più in su…

Ma spesso il “bel” tempo è davvero di breve durata e tocca accontentarsi quando almeno non c’è la nebbia fitta e non piove. Solo che continua a far freddo, l’erba cresce poco, di fioriture non c’è l’ombra e i ciliegi qua e là sui versanti perdono rapidamente il loro aspetto di nuvole bianche, trasformandosi in chiazze rossicce di petali marci.

Doveva essere marzo, il mese pazzo, ma in effetti l’instabilità si protrae da allora. Sono anche belle da vedere, queste giornate di nuvole che si rincorrono spinte dal vento in quota, ma poi il vento arriva a spazzare tutta la vallata e fa freddo, molto freddo. I pastori non possono far altro che aggiungere strato su strato all’abbigliamento, ma le mani inevitabilmente presentano tutte le screpolature ed i tagli tipici dell’inverno.

Quando sembra che il tempo sia appena accettabile, si prova anche a salire a quota maggiore. L’erba non sarà così abbondante, ma una pascolata veloce non può che far bene. Quelle erbe dure come il nardo o il cheirel, solitamente rifiutate dagli animali, a questa stagione vengono pascolate. “Saziano e così si tengono un po’ indietro le erbe meno buone, il pascolo sarà poi migliore più avanti nella stagione“. Già, quando inizierà, questa stagione!

Il gregge sale e si raggiungono le vecchie baite di un’alpe ormai non più utilizzato, per quanto riguarda le strutture. Il pastore, che da queste parti è praticamente nato ed ha trascorso su questi pascoli tutte le sue estati, mi parla degli ultimi utilizzatori di questi bassi edifici, che ora a fatica ci servono come ricoveri contro l’umidità e la nebbia, arrivate all’improvviso. Quando, altrettanto repentinamente, la nebbia “si alza”, non c’è più traccia di cielo azzurro.

Un grigiume diffuso che pare più adatto ad altre stagioni, turbato da brontolii lontani. Eppure non sembrano nuvole da temporale. Mentre scendo, diretta alla baita per provvedere alla cena, la pioggerella si trasforma in furioso acquazzone, con tanta grandine sottile, che l’acqua trasporta ad onde sul sentiero e sulla sterrata. In alcuni posti l’accumulo dei chicchi sarà visibile ancora la mattina successiva.

Per fortuna le lunghe giornate di pioggia quasi ininterrotta che avevano funestato le settimane precedenti adesso hanno lasciato il posto a questa alternanza di condizioni meteo instabili. Ecco una serata di vento gelido, che continuerà a sferzare tutto, animali, uomini, pascoli, alberi e baite nel corso dell’intera nottata e del giorno successivo. La neve lassù in quota non scioglie, anche se ormai è passata quasi una settimana da quand’è caduta.

Qualcuno potrebbe invidiarci, certo! La felice vita dei pastori lassù, negli spazi sconfinati, liberi… Ma fare il pastore in montagna non ha niente a che vedere con le gite degli escursionisti. Sei lì, con il sole, ma anche con il vento gelido, le orecchie che formicolano per il freddo, le mani che diventano insensibili, ma non puoi muoverti a piacimento, perchè devi sorvegliare i tuoi animali. Il pastore non si lamenta più di tanto, ma se al suo posto ci fosse uno di quelli che dicono di invidiarlo, chissà quanto resisterebbe?

E poi, all’improvviso, è di nuovo inverno. Come preannunciato con largo anticipo dalle previsioni, ecco che un mattino inizia a nevicare. Prima debolmente, pochi, sparuti fiocchi impalpabili, poi una nevicata intensa, da mese di novembre. Inizia a tenere qua e là, le foglie diventano bianche, a terra imbiancano i ciuffi d’erba, la neve si posa sulla schiena delle pecore e sulle assi divelte di antiche baite.

Si ridiscende appena più in basso, in quei prati lasciati da pascolare apposta per le giornate di brutto tempo. La neve ci insegue, ma l’intensità è già diminuita. Per tutto il corso della giornata si susseguiranno momenti di intenso maltempo, con caduta di neve gelata e persino chicchi di grandine, scrosci di pioggia e timidi raggi di sole.

Poi, finalmente, una vera giornata primaverile, con cielo limpido, lieve brezze e sole. Le temperature non sono sicuramente eccessive, all’ombra tocca coprirsi, ma ci si illude di poter essere all’inizio della cosiddetta bella stagione. La tregua è però solo temporanea, l’instabilità continuerà nei giorni successivi.

Però, almeno per un giorno, ci si gode quella limpidezza, quell’aria tersa, quei colori vividi, per imprimerseli nella mente e ricordarseli nei successivi giorni di nebbia. Lo so, nonostante tutto, voi che leggete queste pagine da casa o dall’ufficio, continuate ad invidiare i pastori, lassù…


Una volta si viveva qui

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C’è chi addita l’allevamento come il responsabile di tutti (o quasi) i mali del mondo… Ma io (e non solo io!) continuo a dire che ci sono diverse forme di allevamento, alcune delle quali non solo sostenibili, ma anche basilari per il mantenimento di certi ambienti, del territorio, della biodiversità. Per riflettere su questi temi vi invito a seguirmi in una breve passeggiata.

Sono tre estati che passo alcune settimane in primavera ed altre in autunno in un alpeggio, e sempre avevo alzato gli occhi in su verso quel villaggio in cresta. Quest’anno, con la primavera tardiva, l’ho notato in modo particolare, perchè la vegetazione non lo mascherava ancora (per quello ci pensava la nebbia!). Sapete quanto io ami “le pietre che parlano”, quelle antiche case che hanno lunghe storie da raccontare, e così…

Così mi sono fatta spiegare a grandi linee il sentiero e mi sono avviata, in una mattinata di sole. Prima sono passata alla “Balma”, non segnata sulle mappe, due case costruite a ridosso di una roccia sporgente, da cui il nome. Disabitate da anni, ma con all’interno ancora oggetti, vestiti e coperte a brandelli. Se non ci fosse il gregge a pascolare lì, probabilmente la vegetazione avrebbe già inglobato il tutto, accelerando il crollo.

Faticosamente ho cercato il sentiero nella parte bassa, poi più su la traccia era maggiormente evidente (anche perchè gli ontani non avevano ancora messo le foglie), e così sono arrivata a Lausas. La prima casa è a nido d’aquila, costruita proprio sullo sperone roccioso in cresta.

Però all’interno già cresce una pianta… Il degrado avanza, poco per volta anche quest’abitazione sparirà. Siamo a 1500m di quota, qui si saliva d’estate, non era un nucleo abitato permanentemente, presumo. I testimoni ancora in vita mi parlano appunto di un utilizzo del genere, anche se magari ci si spostava solo dagli insediamenti poco più a valle, quelli a quota 1000, 1100, dove sicuramente 70-80 anni fa c’era chi viveva lì anche d’inverno.

Qualcuno, non moltissimi anni fa, ha aggiustato un paio di queste case. Ma abita altrove, forse in Liguria… “Sembra che anni fa venisse anche a Capodanno, ma adesso chissà, forse viene una volta all’anno…“. D’altra parte sarebbe impossibile o quasi abitare lì, anche solo d’estate. Come si farebbe oggi a viverci? Potrebbe essere il tranquillo ritiro di un pensionato, o di un eremita…

Colpisce la bellezza di queste “povere” abitazioni, la ricerca di elementi estetici che vanno oltre la funzionalità. Guardate il trave incurvato sopra alla porta d’ingresso, la geometria della scala. Un architetto saprebbe definire meglio questi dettagli, ma anche l’occhio meno tecnico li può rilevare, facendo paragoni con altre baite viste qua e là nelle valli.

Se si attraversa il piccolo nucleo e si sale appena oltre le baite, si capisce il perchè del nome. Bisognerebbe avere un elicottero per scattare una foto davvero esplicativa della terrazza naturale in pietra che si estende oltre il villaggio. Ecco le lause che si protendono sulla valle! In una giornata limpida qui si gode di un panorama davvero fantastico. Però, in una giornata di vento, di pioggia, di tormenta, credo che l’effetto sia di tutt’altro tipo.

Le case sono davvero numerose, il territorio invece è minimale, il bosco si è inglobato pascoli e campi, ci si chiede davvero come si vivesse quassù. Ovviamente l’allevamento era fondamentale per la sopravvivenza, se non ci fosse stato almeno il latte, qui cosa mangiavi?

L’insediamento è antico, Anche senza fare ricerche d’archivio, basta guardarsi intorno e le pietre parlano davvero! Qui c’è scritto 1790, ma chissà, forse non è nemmeno la prima casa costruita quassù. Su di un’altra sembra di leggere 1760 e poi chissà…

Cosa ne dite poi di questa pietra scavata accanto alla soglia? Il mio cane è subito andato a lappare l’acqua piovana all’interno, forse era proprio questo l’uso per cui era stata concepita, anche perchè non ho visto sorgenti o fontane lì intorno e gli anziani mi hanno confermato che, per prendere l’acqua, bisognava fare un cammino non così breve.

Tracce di campi sono più evidenti procedendo oltre sul sentiero che porta ad un altro insediamento, anche questo non presente sulle mappe. Segale, patate, grano saraceno, chissà cos’altro si coltivava qui? Oggi da queste parti passa un gregge (arrivato un paio di giorni dopo la mia visita), che trascorre su questi magri pascoli solo parte della stagione, per il resto è tutto abbandono. Ma se non vi fosse almeno questa forma “naturale” di pulizia, scomparirebbero anche queste antiche tracce che vi sto mostrando.

Prima di Busìa c’è un enorme tiglio, al momento ancora spoglio. Una pianta davvero imponente che sicuramente aveva un significato, se non è mai stata tagliata. Anche gli alberi, oltre alle pietre, possono raccontare storie!

Non è quella l’unica particolarità di questo luogo. Oltre le case (con una scritta 1881) c’è un albero già verde di foglie e questo è una sorpresa ancora maggiore. Si tratta infatti di un grosso ippocastano. Chi l’ha portato qui? E quando? “Avrà almeno 200 anni, chissà…“, dice un anziano. “Io l’ho sempre visto grosso così…“. Andate da queste parti adesso, ad inizio primavera, oppure in autunno, prima della neve. Sono luoghi che fanno riflettere…


Lavoro in alpeggio, ma prima…

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Continuo a ricevere decine e decine di e-mail di persone (uomini e donne) di tutte le età che mi chiedono informazioni per andare a lavorare in alpeggio. Io non posso far altro che chiedere di scrivere un annuncio e poi pubblicarlo nella pagina di questo blog dedicata appositamente a questo spazio. La maggior parte di loro afferma di non avere nessuna esperienza e questo è il “limite” più grande per due motivi. Innanzitutto sarà difficile che un’azienda (ammesso che venga a consultare queste pagine) chiami una persona che non ha mai avuto a che fare con gli animali. Se uno ha bisogno di una mano, è perché ha davvero una carenza di personale, quindi non può e non riesce a spendere troppo tempo per insegnare il mestiere. Il secondo punto critico è che chi non ha esperienza, spesso ha un’idea fortemente romantica e poco pratica della vita d’alpeggio. Messi alla prova, molti si scontrano con una realtà dura, che richiede non solo fatica, ma anche orari che vanno ben oltre le otto ore, scarsissime possibilità di “godersi la montagna” e di avere tempo libero, paghe sicuramente non rapportate al numero di ore dedicate, perché il settore non può permettersi stipendi elevati.

Voglio però raccontarvi una storia dove l’approccio alla vita d’alpeggio avviene per passi. Isabelle racconta: “Sono cresciuta in montagna, ho provato per qualche anno a stare in città, ma non mi piaceva, mi mancava troppo il mio mondo, dovevo ritrovare il mio ambiente. Ho provato varie scuole, ho studiato in Italia fino al primo anno di liceo, poi ho fatto un anno in Svezia, quindi in Francia ho dovuto riprendere tutto il liceo da capo perché non mi riconoscevano gli anni fatti altrove. Ho fatto una scuola pedagogica, ma alla fine non mi andava… Ho poi scoperto su internet che c’erano dei corsi da pastore in Svizzera. L’avessi saputo prima, c’era anche un corso per il pastore d’alpeggio nei Pirenei, vicino a dove stanno ora i miei genitori.”

Isabelle ha la nazionalità Svizzera, ma dice di sentirsi Europea. “Sono tre corsi a pagamento, teoria, ciascuno composto da qualche giorno di fila di lezione. Ci fosse stata una scuola più lunga e completa, l’avrei fatta! Un corso è sui cani da protezione, cani da lavoro, problema delle predazioni, come riconoscere il tipo di attacco, se è il lupo, l’orso, la lince… L’altro è sul pascolo, le erbe, i sistemi di pascolo (pascolo libero, recinti fissi, pascolo con pastore e recinto solo per la notte). In Svizzera gli allevatori ricevono contributi diversi a seconda del sistema usato, chi ha il pastore sempre, prende più soldi. L’ultimo (ma li puoi fare nell’ordine che vuoi tu) è sulle razze di pecore, le malattie, come funziona la digestione e i trattamenti sanitari da fare prima di salire in alpe. In media c’erano 15 persone per corso.

Oltre alla teoria, per ricevere il diploma da pastore e potersi offrire per condurre un gregge in alpeggio, ovviamente è necessario un periodo di pratica. “…almeno 3 settimane in stalla. Io ho fatto due mesi e mezzo in Germania con delle pecore da latte di razza Frisona, lì ho fatto pratica con la mungitura ed ho vissuto il periodo delle nascite. Poi adesso sto facendo lo stage per l’alpeggio: devi fare almeno due mesi e mezzo… Sei tu a scegliere dove, quando però ho detto che lo facevo in Italia, mi hanno detto che dopo devo fare ancora un mese in Svizzera per avere il diploma, ma spero di no, io voglio fare bene la stagione qui.

Non è la prima volta che vi parlo di formazione, sapete che stiamo cercando di avviare qualcosa anche in Italia e la storia di Isabelle è molto utile non solo per prendere spunti, ma anche per capire come potranno essere gli allievi. Serve una fortissima motivazione. “Il diploma ti qualifica come pastore di pecore, anche se di esperienza ne devi fare tanta. In Svizzera c’è richiesta, con il lupo e l’orso devi avere il pastore. Gli allevatori sono piccoli, magari fanno anche altre attività, per mandare le pecore in alpe le mettono insieme e pagano un pastore. Ho una sorella che va in alpe in Italia, con le capre. Avevo preso da lei il libro “Dove vai pastore?” e lo leggevo in tram mentre andavo a lavorare con i bambini di un doposcuola. Leggevo il libro e, con il pensiero, andavo al mondo della montagna, dei pastori, che mi mancava… Io sono un tipo da stare fuori, fin da bambina mi piaceva stare fuori nella pioggia, nella neve. L’altro giorno che qui nevicava e grandinava, per me non è stato un problema, anzi, mi piaceva! Mi piacciono gli animali, la natura. Quando ero piccola abbiamo sempre avuto animali, anche se non in grande numero. Questi sono lavori che alla sera sei soddisfatto, non devi stare lì a chiederti a cosa serve la vita…”.

Anche perché alla sera molte volte sei troppo stanco per farlo, quando mangi cena alle 22:00 o anche oltre e subito dopo crolli sul letto. “In stalla il lavoro era più duro fisicamente, in tutto ho portato più di 3.000 litri di secchi di latte! Però sto imparando di più qui, all’aperto, al pascolo. Sono abituata alla vita semplice, dove abitavo da bambina non c’era la strada e scendevamo a scuola a piedi. Non c’era la Tv, non c’era il telefono e nemmeno l’acqua calda in casa. Io mi arrampicavo dappertutto, sulle rocce sugli alberi! Ho fatto anche tanto sport, ho giocato per vari anni a calcio. Per lavorare con gli animali deve piacerti, ma devi anche saperlo fare. Io sono una persona che osserva molto e questo è fondamentale, fare attenzione al singolo per sapere come stanno.

La storia di Isabelle è sicuramente fuori dal comune. Racconta di viaggi in bicicletta dai Pirenei all’Italia, di avventure vissute quando lei e le sorelle erano bambine. Parla sette lingue, compreso lo Svizzero-tedesco e, nei Pirenei, aveva fatto un corso facoltativo di Occitano, quindi scommetto che, per la fine della stagione d’alpe, i pastori non potranno più parlare in patois “alle sue spalle”! “Sono cresciuta in Italia, queste sono le montagne dove mi sento più a casa. In Italia mi sento più libera, in Svizzera mi sarei sentita meno sicura di me stessa, L’Italia ha una natura più selvatica, la Svizzera è troppo “giardino”. Avevo chiesto ad un’azienda svizzera che era nell’elenco di quelle che accettavano persone in stage, ma non mi hanno voluto perché hanno detto che avevo il cane giovane e loro ne avevano anche già uno da addestrare, quindi non andava bene. Forse era una scusa…”.

Lei infatti è arrivata in Piemonte con il suo cane, Coco, una border collie di un anno d’età. “Ho investito tanto tempo ad addestrarla. La scorsa estate infatti ho lasciato il mio lavoro per fare quello che volevo davvero. Avevo tanto tempo libero e l’ho dedicato ad addestrare lei. Prima le ho insegnato a sedersi e fermarsi, poi ad andare via e tornare piano, ho insegnato tanto attraverso il gioco. La prima volta con gli animali è stato con sette pecore che mia sorella aveva in guardia, per abituarla. Poi in stalla, ma era diverso rispetto a qui. Ho preso un border collie perché volevo fare questo lavoro, è stato il punto di partenza. Ci deve essere un po’ di coraggio per realizzare le proprie idee, no?”.

A lei il coraggio non sembra mancare! Il pastore le insegna i gesti quotidiani, cosa fare nel recinto prima di andare al pascolo, poi come condurre il gregge, come utilizzare il pascolo. Le fa anche delle domande per metterla alla prova: “Se fossi da sola e succedesse un incidente, se delle pecore passassero in un buco della valanga o se arrivasse il lupo e te ne sterminasse una parte cosa faresti?”. In futuro dovrà poi essere lei ad affrontare in autonomia tutte le situazioni. “Per il futuro vorrei fare anche un’inverno fuori. Magari un giorno vorrei prendere degli animali miei, delle pecore da latte. Il mio ragazzo è Svizzero, lui lavora il legno, è più per la stabilità, ma è d’accordo se io parto tutte le estati per fare le stagioni in alpeggio. Camminare in montagna gli piace, ma non conosce la realtà di questo mestiere. Poco per volta però sta facendo cose che prima non faceva: è venuto a stare in Italia, abbiamo iniziato insieme a fare l’orto…”.

E così Isabelle sta facendo la sua stagione di prova/apprendimento in alpeggio. Rimpiange la brevità dei corsi fatti, che però (anche se solo teorici) sono stati un buon inizio. Speriamo che presto, anche in Italia, si possa realizzare qualcosa del genere, per dare la possibilità a tutti coloro che vorrebbero provare questa vita di apprendere e fare un periodo di pratica, per poi decidere/capire se questa potrebbe essere la strada per il futuro.


La lenta avanzata del verde

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Quest’anno sto vivendo la stagione d’alpeggio quasi a tempo pieno, con una sola discesa settimanale per fare la spesa ed occuparmi un po’ delle varie questioni dell’azienda e personali. Molti di questi post vengono scritti la sera, in alpeggio, mentre la cena cuoce ed i pastori ancora non sono rientrati, poi li assemblo e li pubblico quando riesco a rientrare a casa e sedermi davanti ad un computer con la connessione internet. Sono quindi partita da “giù” quando la primavera bussava molto timidamente, per arrivare “su” con temperature rigide, pioggia, neve, grandine, brina. L’ultima mia risalita mi ha vista incontrare lungo la strada mucchietti di grandine e vedere la montagna ancora una volta imbiancata.

Poi però, per fortuna, il sole ha ricominciato a farsi vedere. In quota, la neve e la grandine scioglievano molto lentamente, l’aria restava fredda, tagliente. Vedere il cielo blu era comunque già un incoraggiamento alla giornata da trascorrere al pascolo. Nello zaino comunque si metteva sempre la cerata per la pioggia e si indugiava sulla necessità di portarsi dietro l’ombrello. Bastava poco perchè ricominciasse a piovere!

Si stava ormai finendo di pascolare i “prati”, quegli appezzamenti privati nella parte bassa dell’alpeggio, quelle zone dove, un tempo, si tagliava il fieno. Erano anni in cui la gente qui viveva tutto l’anno. Oggi invece è tutto territorio da pascolare a mano a mano che si sale verso la montagna.

Dopo bisognava andare in su, verso le creste, dove il verde faceva la sua comparsa a fatica. Mentre eri al pascolo, vedevi e sentivi poco a poco la montagna che si popolava. Alla spicciolata, anche altri pastori salivano agli alpeggi, chi per trascorrervi l’intera stagione, chi per condurre i suoi animali “in guardia” ad un pastore.

A volte il cammino di queste transumanze è lungo, tra sentieri e mulattiere, di valle in valle, ed interseca la zona di pascolo di altri pastori. Ci si vede da lontano, si girano gli animali in modo che non accadano incidenti, poi ci si ferma un attimo, per scambiare un saluto, quattro chiacchiere, due considerazioni sulla strana stagione. D’ora in poi però l’erba dovrebbe crescere…

Già, dovrebbe, perchè per il momento è ancora ben poca. Una tenue colorazione verde, che si allarga alle zone dove la neve sta sciogliendo, ma sicuramente c’è ancora poco, meno che in altre primavere più precoci. Almeno quest’anno non si sentirà la solita litania dell’erba che viene dura e vecchia mentre si pascola quella giù in basso!

Il calendario gira pagina, finalmente è giugno, e sembra davvero che cambi qualcosa. Il cielo è blu, l’aria si fa più tiepida, si può arrischiare a dire che faccia già caldo al mattino, quando viene aperto il recinto e le pecore si dirigono verso i pascoli. prima o poi doveva succedere, non poteva continuare il maltempo per sempre!

Su in cresta, mentre il sole per la prima volta brucia e abbronza, soffia un po’ di vento e fioriscono i crochi, le genziane, le viole. La terra sembra incredibilmente riarsa, sembra che il ritardo nella ripresa vegetativa sia legata alla siccità. Forse sono gli strascichi della carenza di precipitazioni della scorsa estate, ma molto più probabilmente è l’effetto del freddo, della grandine, della brina, delle nottate di vento.

Sarà una grama annata? Sarà un’estate secca? In giro senti dire di tutto, ciascuno ha la sua personale interpretazione delle previsioni meteo. Intanto i versanti caratterizzati dai pascoli più magri hanno un colore che si avvicina più all’autunno che non alla primavera inoltrata. Le pecore per ora si saziano, ma presto ne arriveranno altre di quelle in guardia e poi… e poi la stagione non è che all’inizio!


Iniziative e altro

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Non riuscendo ad aggiornare il blog con la solita costanza, mi si accumula anche parecchio materiale che ricevo da voi o che mi piacerebbe comunque condividere. Segnalo un’iniziativa che proprio oggi ho trovato nella posta, Salita all’alpeggio 2013, Escursione con mucche e pastori.

Altra iniziativa, che ricevo con piacere dall’amica Gaia, riguarda altre “vecchie conoscenze” di questo blog. Insieme ad Alex e Pamela, stanno infatti cercando di dare il via ad un’iniziativa turistica per quest’estate. Riporto qui integralmente il programma, la descrizione dell’evento ed i recapiti per informazioni e prenotazioni.

Ovviamente, se qualcuno di voi parteciperà, spero che mi mandi le foto e ci racconti com’è andata!

Un altro amico ci invia questo biglietto da visita di una bottega artigiana che realizza campanacci.

Vi ricordo infine la “Cena della capra” con annessa presentazione del mio ultimo libro che si terrà il prossimo sabato, 8 giugno, a Balme (TO).



Il buon pastore e i cattivi esempi

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Qui si parla di pascolo vagante, in tutte le sue forme. Il pascolo vagante positivo, le problematiche, si cerca di discutere anche sul perché per qualcuno il pascolo vagante sia così negativo (persino da condannare, da vietare!). Quando i media (raramente) parlano del pascolo vagante o lo fanno con eccessivo romanticismo, o è in occasione di qualche episodio deprecabile.

Anche se lo seguo meno, so che è in progressiva espansione anche il pascolo vagante con mandrie di bovini, anche piuttosto consistenti, e questo fa sì che la tolleranza nei confronti della categoria vada diminuendo, soprattutto quando avvengono episodi spiacevoli. Non conosco i diretti interessati dal fatto riportato su questo articolo (la Stampa, 28 maggio 2013), ma di sicuro l’episodio non è un esempio da seguire. Il pascolo vagante delle greggi è una tradizione antichissima, ma oggi anche alcuni allevatori di bovini, per ragioni varie (prima fra tutte la crisi, l’aumento dei costi), hanno scelto di condurre così anche le loro mandrie. Fin quando c’è spazio (e foraggio) per tutti, nessun problema, ma quando i pascoli scarseggiano, quando il maltempo imperversa, quando asfalto e cemento avanzano a discapito del verde, si possono creare situazioni difficili da gestire. Gli animali devono mangiare, ma non per questo deve iniziare il far-west!

Già, la crisi. Aumenta il costo del foraggio, ma anche quello dei mezzi di trasporto e allora sia i giornali, sia la TV hanno parlato di una lunghissima transumanza, “come ai vecchi tempi”, tutto a piedi. Sandro viene dal pascolo vagante ovino, quindi non è nuovo a imprese simili. E’ affascinante, è un bel vedere, è sicuramente più ecologico transumare a piedi, ma riflettevo su cosa potrebbe succedere se tutti tornassero a spostare le mandrie a piedi… Migliaia di capi in marcia, tra paesi, cittadine, strade, campi, fondi privati. Gli animali devono anche mangiare, sostare, e passato il primo, il secondo, al terzo cosa resta?

E’ con grande dispiacere che sono anche venuta a conoscenza di piccoli episodi che hanno visto coinvolti alcuni giovani e giovanissimi pastori. Non vorrei che il “mito” del pascolo vagante per questi ragazzi significhi l’assenza di regole ed un atteggiamento da grandi uomini, che non porta a niente di positivo. Da una parte le lamentele dei contadini, che si vedono pascolare i fondi senza che nessuno abbia chiesto un permesso, dall’altra la comprensibile reazione delle istituzioni che, di fronte all’esasperazione popolare, procedono con i divieti, unica arma a loro disposizione quando nessun altro interviene a fermare quelli che sbagliano.

Il buon pastore è quello che attraversa comuni, province, regioni lasciano dietro di sé contadini soddisfatti (che lo invitano a cena o vengono a trovarlo con un pintone di vino o un thermos di caffè) e il cui arrivo è visto con gioia. “E’ nel mio interesse comportarmi bene, perché anno dopo anno mi ritrovo a passare di qui. C’è quello che comunque non vuole che pascoli i suoi pezzi, lo sai e lasci stare… Ma in certi comuni dove sono sempre passato io sono arrivati altri che hanno iniziato a fare danni e adesso ne pago le conseguenze soprattutto io, perché hanno messo i divieti. Loro finchè possono se ne fregano, ma io che pascolo alla luce del sole…”, mi diceva già anni fa un pastore.

Non vogliamo più che venga! E’ giovane, dovrebbe avere più rispetto! Qui di bestie ce ne sono sempre state, quindi eravamo anche contenti che passasse a pulire i prati, ma ha fatto pelare troppe piante, poi non aveva rispetto, le bestie andavano per conto loro, negli orti e nei giardini, lui passava a tutta velocità con il fuoristrada tra le case… Non si fa così!”, raccontava un anziano, parlando di una negativa esperienza vissuta negli anni passati. Tutti sono stati giovani, ma perché certi pastori scelgono come esempio i peggiori aspetti del pascolo vagante, piuttosto che imparare dai buoni pastori? Non basta avere “l’abbigliamento adatto”, per fare il pastore, bisogna avere la testa!

E’ vero che, viste le leggi vigenti, è praticamente impossibile per un pastore vagante essere al 100% in regola con la legge, ma il rispetto è sempre e comunque fondamentale. Ricordo bene una giornata al pascolo, un prato con le pecore intente a brucare, l’arrivo di un anziano che fa la ramanzina al giovane pastore. Perché non aveva chiesto se poteva portare lì il gregge? Lui non era contrario a priori al pascolamento, ma voleva ancora essere padrone a casa sua! Se chiedi con gentilezza, allora te lo concedo questo e i prossimi anni. Se ti comporti così invece hai finito per sempre di pascolare da queste parti. “E’ questione di rispetto!”, continuava a ripetere.

La mia paura è che, in questo periodo incerto, tanti si buttino sull’allevamento, credendo che sia una cosa facile, che comunque di fame non si muoia e poi, con il pascolo vagante, hai poche spese per il foraggiamento. A parte il fatto che in certe zone ormai si paghi (e profumatamente) il pascolo, il territorio ha già tutta una rete di accordi orali tra pastori e contadini. Poco per volta la concorrenza (spesso sleale) fa sì che si generino attriti, vere e proprie guerre per accaparrarsi i prati, che talvolta portano a gesti deprecabili, gesti che, come si diceva prima, non possono che estendere le loro conseguenze su tutta la categoria.

Quando le cose stanno così, con divisioni profonde prima di tutto all’interno della categoria, diventa veramente difficile trovare poi delle soluzioni costruttive. Spero che soprattutto i giovani, i pastori del futuro, abbandonino il mito del pastore vagante che pascola di rapina, che ride in faccia al contadino avendo “riempito” le pecore nonostante lui non avesse intenzione di concedere il pascolamento. So bene che ci sono giornate difficili, durante le quali la priorità di sfamare il tuo gregge va oltre ogni cosa, ma vantarsi in pubblico di aver pascolato campi coltivati o lasciarsi alle spalle pioppeti con alberi scortecciati non porta da nessuna parte.

(N.B. LE FOTO DI QUESTO ARTICOLO NON SI RIFERISCONO ALLE NOTIZIE ED AGLI ARGOMENTI TRATTATI, MA SONO SEMPLICI IMMAGINI DI TRANSUMANZE E PASCOLO VAGANTE)


Pieno regionale per la difesa dai canidi e solite storie sul meteo

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Anche quest’anno la Regione Piemonte interviene a sostegno degli allevatori con un contributo che venga incontro a chi sostiene delle spese per adottare i mezzi di prevenzione e difesa dagli attacchi da canidi. Il bando si è appena aperto, non ho trovato i documenti da scaricare su internet, ma tutti i pastori interessati devono rivolgersi agli uffici della Comunità Montana per compilare e presentare la domanda. Attenzione, la scadenza è fissata per il 1 luglio 2013!! (NB: Segnalazioni successive indicano come sede adatta quella dei CAA, dove alla domanda è possibile allegare direttamente tutta la documentazione necessaria, cosa che non sempre è in possesso delle Comunità Montane).

Il finanziamento verrà erogato sulla base di un punteggio che tiene conto della presenza dei cani da guardiania (massimo per chi ha 1 cane ogni 150 capi ovicaprini), della consistenza del gregge, dell’utilizzo di reti per il confinamento notturno degli animali, della presenza continua del pastore durante le ore di pascolo in alpe.

Comunque sia, aiuti o non aiuti, orsi, lupi e linci presenti o assenti, in alpe adesso si continua ad avere a che fare con il maltempo. Poco per volta i pastori salgono, ma alla spicciolata e tanti attendono ancora. In quota l’erba è bassa, se hai pochi animali allora magari vai già su per dare una pulita generale, mangiare quelle erbe che altrimenti diventano dure e di conseguenza vengono rifiutate dal gregge (o dalla mandria). Ma quando i capi sono numerosi, salire troppo presto significa pascolare in pochi giorni l’erba di un mese. E dopo??

Le temperature iniziano pian piano ad alzarsi (anche se basta l’ennesima grandinata per riportare il freddo) e così su certe montagne compare l’odiata nebbia. Magari in pianura finalmente c’è chi riesce a tagliare, far asciugare ed imballare il fieno, ma lassù la nebbia inizia ad incombere, nascondendo tutto alla vista. Per adesso si pascola al limitare di quella quota alla quale si “ferma” la cortina umida ed avvolgente, ma prima o poi ci sarà da passare ore ed ore lì in mezzo.

La neve delle ultime nevicate se n’è andata tutta ed anche le grosse slavine che ostruivano il sentiero poco a poco si ritirano. Lo scioglimento è lento, d’altra parte servirebbe il sole per accelerare il processo! E’ un rischio quando gli animali passano sopra alla neve, questa potrebbe crollare, facendoli precipitare nel torrente sottostante. Per fortuna questa slavina non dovrebbe più durare a lungo, nel giro di pochi giorni dovrebbe andarsene completamente.

Da qualche tempo comunque le giornate iniziano con un po’ di sole, poi viene la nebbia e nel pomeriggio si mette a piovere. Solitamente sono temporali, più o meno intensi. Quando parti, devi sempre avere con te l’ombrello, giacca e sovrapantaloni, sei sicuro che, prima di sera, torneranno utili! Però è meglio non lasciare mai a casa nemmeno un maglione, il berretto e molte volte rimpiangi di non avere un paio di guanti.

Quando una montagna la frequenti da anni, quando hai iniziato a venir qui da bambino, conosci tutto e sai dove andare in caso di pioggia intensa. Come le capre cercano le rocce per ripararsi, così il pastore ed i suoi cani. Il tetto naturale, fin quando non inizia a colare acqua lungo la pietra (ma in quel caso la precipitazione dev’essere davvero abbondante e prolungata) offre un buon riparo dove accoccolarsi. A star fermi a volte il freddo peggiora, ma per fortuna quella volta il temporale è stato abbastanza rapido. Appena smesso di piovere, bisogna riscuotersi dal torpore e ripartire veloci, perchè le pecore si sono messe in cammino. Ci sono quelle che già scendono e altre invece sono andate su, verso le rocce, verso la nebbia.


Brevi di lavoro in alpeggio/allevamento

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Continuo ad inserire QUI gli annunci di lavoro in alpeggio. Solitamente sono persone che CERCANO lavoro, ma c’è anche qualche azienda che richiede aiutanti, anche con una certa urgenza. Non riesco a capire come mai non si trovi nessuno…

Pubblico anche qui, per dare maggiore visibilità. Sono però esterrefatta dalle parole di Nora, la titolare di questo allevamento: “Le pochissime persone che ci hanno contattati pretendevano di non lavorare il sabato“. Ecco ciò di cui ha bisogno per la sua azienda: “Siamo un azienda agricola/agriturismo in Toscana (fra Siena e Firenze); c’e una descrizione dettagliata sul ns sito www.chianticashmere.com

Attualmente ho circa 120 capre, dovrebbero nascere in primavera un centinaio. Non mungiamo e non macelliamo – produciamo FIBRA come prodotto principale e usiamo le capre (una volta raccolta le fibra in primavera e finiti i parti) per pascolare e ricuperare i terreni marginali sul territorio… quest’aspetto sta crescendo bene e sarà (spero) l’attività principale nel futuro, con l’idea di creare insieme alla Regione Toscana una SCUOLA per pastori.
Necessito un uomo (va bene anche una coppia in quanto ho del lavoro per una donna ma soltanto nel periodo estivo) che sia un tutto fare in azienda (manutenzione ordinaria – non ho trattori o altri mezzi pesanti – soltanto decespugliatrice per mantenere la zona intorno alle case). In estate la capre stanno quasi sempre presso delle altre aziende per cui lui sarà responsabile del controllo giornaliero degli animali, recinti, cani ecc… manutenzione ordinaria dell’azienda, ecc. Quest’anno dovrò stare via anche per dei periodi di 2-3 settimane all’estero per cui ho bisogno di una persona serissima sulla quale posso contare e che sia in grado di gestire da solo tutto durante queste assenze. I periodi liberi li decidiamo insieme.
Dopo un periodo di prova da concordare offro un contratto di base per garantire l’assicurazione, un monolocale piccolo ma decoroso e luminoso con angolo cottura, bagnetto con doccia, stufa a legna, e l’uso di una macchina per spostarsi.
Cerco una persona matura, con patente di guida, autonomo, con esperienza con il bestiame, conduzione a pascolo, riparazione recinti elettrici, nonchè manutenzione aree verdi, taglio legna, ecc ecc. L’azienda dista 1,5 km dal paese piu vicino di 1500 persone. Se e interessato avrei bisogno di sapere della disponibilità, pretese economiche, e delle referenze controllabili.”

Spero nel buon esito finale della mediazione per trovare un’aiutante per dei miei amici che salgono in alpeggio (andrò a trovarli quest’estate, così potrò raccontarvi se tutto funziona a dovere), mentre un altro amico margaro cerca ancora un aiutante per la stagione ormai alle porte. “Cercasi aiutante, anche senza esperienza, se c’è la volontà si impara tutto. Il lavoro da noi è tirare tanti fili, portare sale alle manze in alto. Alpeggio in alta Val di Susa (TO) Carlo Alberto 3392867569″


Una precisazione e altro

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La prima segnalazione mi arriva direttamente dalla Comunità Montana del Pinerolese e invita gli allevatori a rivolgersi ai CAA autorizzati per la domanda per la difesa da canidi (vedi qui), in quanto le CM non hanno a disposizione tutti i documenti che l’allevatore deve allegare alla pratica, cosa che invece i CAA possono fare direttamente senza dover costringere il pastore a “perdere troppo tempo” tra gli uffici. Saranno i CAA a trasmettere il tutto alle comunità montane di riferimento. Prima di recarvi negli uffici, verificate quindi telefonicamente quale strada è meglio percorrere, per evitare di presentare una domanda non completa.

Per chi è rapido nelle decisioni, una comunicazione dell’ultim’ora. Riporto integralmente un comunicato stampa. C’è pochissimo tempo e bisogna affrettarsi…

Rosello: prorogate le iscrizioni del corso per aspiranti alpeggiatori

 È stato spostato a sabato 15 giugno 2013 il termine ultimo e non più rimandabile delle iscrizioni al corso di 120 ore intitolato “Operatore e casaro d’alpeggio”, organizzato dalla Scuola Agraria del Parco di Monza in collaborazione con ERSAF – Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste.

La decisione è stata presa poiché il numero minimo degli iscritti non era stato raggiunto al termine fissato, quello dello scorso 17 maggio, ma anche a fronte delle segnalazioni di molti interessati che per vari motivi non avevano potuto completare l’iscrizione. Oltre alla proroga, infatti, anche l’intero programma è stato ridimensionato ed il corso, originariamente distribuito sulla durata di un intero mese, si articolerà invece nell’arco di tre settimane, dal 8 al 26 luglio. Ridotte anche da tre a due le settimane di tirocinio presso un’azienda agricola convenzionata. Infine, è stata ridotta anche la quota di partecipazione, portata ora a 800,00 Euro a persona (anziché i 1.000,00 Euro previsti dal programma originale) mentre rimane invariata la possibilità di beneficiare di una borsa di studio di 400,00 Euro da parte degli allievi che avranno seguito con profitto tutto il ciclo di formazione (ovvero con minimo 80% delle presenze).

Per poter partecipare al corso è necessario avere almeno 18 anni, mentre l’età massima è stata alzata da 35 a 50 anni. Il numero massimo di partecipanti è di 15 unità ma il corso verrà attivato solo al superamento del numero minimo di 10 iscritti. L’attività formativa verrà svolta presso il Centro Faunistico di Rosello, in prossimità di Monte Campione 2 (BS), in un ampio comprensorio pascolivo ricadente nel Comune di Esine ed appartenente all’Area Vasta Valgrigna. I principali argomenti delle lezioni, tenute da tecnici e professionisti del settore oltre che da operatori d’alpeggio, includono la gestione del bestiame; la valorizzazione delle risorse foraggere; l’apprendimento delle tecnologie casearie; la conoscenza delle vigenti normative oltre ad un approfondimento sulla multifunzionalità in alpeggio, ovvero alla cultura del territorio e dell’accoglienza, con lezioni sul marketing e sulla vendita dei prodotti, sull’ospitalità e sui servizi di ristorazione con la valorizzazione dei prodotti secondari del bosco e del pascolo ed attività didattiche finalizzate a comunicare e promuovere l’attività d’alpeggio. Alla teoria saranno intervallate puntuali esercitazioni pratiche presso le malghe riguardanti la gestione di bovini ed ovi caprini, la produzione di prodotti caseari di varie tipologie, il controllo delle produzioni, l’organizzazione di accoglienza di turisti e di presentazione della attività di malga.

La pre-adesione è obbligatoria entro il 15 giugno 2013: per iscriversi è necessario inviare l’apposita scheda, adeguatamente compilata e firmata, al numero di fax 039.325309 oppure all’indirizzo di posta elettronica segreteriaprof@monzaflora.it. Il modulo è reperibile sul sito www.montagnedivalgrigna.it e sul sito istituzionale di ERSAF, www.ersaf.lombardia.it. Il programma dettagliato del corso e le indicazioni per la logistica ed il materiale necessario (abbigliamento da lavoro e dispositivi per la sicurezza) verranno forniti a seguito dell’iscrizione.

Segnalo poi in ultimo l’ennesima serata di presentazione di “Di questo lavoro mi piace tutto”. Venerdì sera, 14 giugno 2013, ore 21:00, a Locana (TO)


Differenze

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Avrei da pubblicare vostre foto, avrei da raccontarvi dei giorni scorsi in alpe, invece oggi alla fine vi mostro due piccole grandi storie, una a rilevanza per lo meno europea, l’altra invece piccola piccola, successa ad un amico. A voi poi la riflessione che il confronto potrà generare.

Iniziamo dalla Francia. Quest’anno la città di Marsiglia è capitale europea della cultura. L’immagine, ripresa da questo articolo del Daily Mail, vi mostra come sia stato inaugurato questo evento. Una sfilata di 3000 pecore… Il titolo della parata era TransHumance e viene definito un “esperimento artistico” dal giornalista. In realtà si mostra quello che in questa parte della Francia (e non solo) accade da secoli in questa stagione, cioè la transumanza di uomini ed animali verso i pascoli estivi. Un tributo a questo mestiere che tanto significa per l’economia, il territorio, la storia e la società della Provenza e di altre aree della Francia. Una vetrina internazionale per i pastori. Che onore, che gioia, che orgoglio! Andate a vedere sul sito ufficiale di mp2013 video (emozionante!) e altro, la spiegazione della filosofia del progetto, il programma di tutti gli eventi (ormai conclusi) ecc ecc…

Già, la Francia, dove in questi giorni si tengono le feste della transumanza, come quella di Die a cui avevo partecipato anni fa. Anche quest’anno sarà un evento che richiamerà un grandissimo pubblico. Qui trovate info e programma della manifestazione, che si terrà il 22-23 giugno prossimi.

Invece, ahimè, in Italia di pastori si parla quasi sempre solo in negativo. Certo, c’è la festa di Amatrice dove ero stata lo scorso anno e che quest’anno si terrà il 7 luglio, ma quando ero stata là mi ricordo di aver sentito parlare soprattutto di problemi, di un mestiere avviato verso il declino, pascoli abbandonati, sempre meno pastori… Qualcuno a volte dice che “capitano tutte e me” e non è vero che la gente sia così “maldisposta” verso i pastori. Ecco cosa scrive sulla sua pagina facebook l’amico Franco, parlando di un episodio che recentemente lo ha visto protagonista. Pensate ad una strada qualunque di quelle che percorrete quotidianamente… “Salvataggio di una pecora e spaccato del mondo d’oggi. Lungo la strada che congiunge Trana ad Avigliana. Una pecora decide di lasciare le compagne al pascolo nel campo e scavalcato in qualche modo il recinto percorre tranquillamente l’asfalto alla ricerca dei ciuffi che crescono ai bordi. Le vetture che la vedono anzichè rallentare strombazzano, la pecora si spaventa e attraversa in continuazione le corsie. Mi fermo metto i lampeggianti e faccio segno di rallentare alle vetture in arrivo, risultato pessimo. Passa un gruppo di ciclisti, il primo della fila grida a squarciagola “capraaaa” per avvisare quelli che lo seguono. E’ una pecora!! Raggiungo la casa più vicina, è una casa di contadini; sospiro di sollievo. Nessun campanello ma cinque cani, esce una signora molto anziana, avanza lentamente con l’aiuto di un bastone, le spiego il problema, mi fa un sorriso ed estrae dal grembiule d’altri tempi un nuovissimo cellulare con il quale avvisa il pastore che conosce bene. Torno a presidiare la pecora/capra e dopo due minuti netti arriva col suo fuoristrada il pastore che ringrazia e mette fine alle prodezze spericolate dell’animale. Due mondi a confronto……..

Già, proprio due mondi a confronto. Quello del pastore, che per diversi mesi all’anno si trova a condividere con altri gli spazi, solo che è normale veder sfrecciare un’auto ai 100 all’ora, mentre è strano (quando non fastidioso) che sulla stessa via transiti un gregge. Animali, questi sconosciuti… Mondo agricolo, sempre più lontano da noi. Facile andare a fare la spesa al supermercato, più complicato trovarci davanti quel mondo che è all’origine di ciò che acquistiamo in modo asettico, già preparato, solo più da cuocere e/o consumare. Al massimo va ancora bene vedere immagini bucoliche e pittoresche in TV, ma non sappiamo cosa fare / cosa farcene quando ce le troviamo davanti.


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