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Channel: Storie di pascolo vagante
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Transumanza di fine estate

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In teoria il pastore voleva rimanere in alpeggio fino ai primi di ottobre, erba ce n’era. Però poi la transumanza è stata anticipata addirittura qualche giorno prima che finisse l’autunno! Da una parte c’era la paura di qualche nevicata improvvisa, dall’altra era già nata una vitellina e altre vacche erano prossime al parto, quindi… Meglio partire!

Vi avevo già mostrato la salita a questo alpeggio ad inizio stagione, adesso però è ora di rientrare a valle. Si parte che è ancora notte e si sale in auto mentre in cielo brilla, luminosissima, Venere. Il primo tratto di sentiero lo si affronta con le pile frontali, nel buio che man mano inizia a farsi meno fitto. L’alba sul Monviso arriva quando ormai le baite sono in vista. Il terreno è gelato, c’è brina sull’erba.

Gli animali sono ancora tutti fermi, non sanno ancora che è il giorno della partenza. La giornata si preannuncia limpida ed assolata, quindi da una parte è l’ideale per andarsene. Certo, spiace lasciare indietro erba, spiace ridiscendere a valle quando fa ancora così bello, ma questo non è un posto dove si può rischiare di attendere la prima nevicata.

Anche su alle baite si sono alzati presto. Le partenze sono sempre momenti un po’ frenetici, qui poi non è che si possa tornare con un viaggio di pochi minuti, se resta indietro qualcosa. Ci sarà comunque da tornare per sistemare le ultime cose, chiudere tutto, mettere al riparo le attrezzature, ma ciò che serve nell’immediato dev’essere caricato sugli asini o messo negli zaini. Intanto è arrivato il sole, l’aria resta fresca, prima della partenza si mangia colazione tutti insieme, davanti alle baite.

Senza perdere troppo tempo poi si parte, che il cammino è lungo. Due rudun al collo delle pecore, perchè sia davvero transumanza, poi si apre il recinto, si fanno uscire le capre dalle vecchie stalle e ci si incammina. Ciascuno si occupa di un gruppo di animali. Chi conduce gli asini, chi segue le vacche, chi le capre, chi le pecore.

Ad un certo punto però si fanno passare avanti i bovini, più veloci delle pecore. Gli animali intanto mangiucchiano qualcosa, svogliatamente. Il panorama intorno è invidiabile, ma non c’è nemmeno troppo tempo per guardarlo. Non deve rimanere indietro nessun animale, oggi meno che mai! La bella giornata dovrebbe ridurre al limite questi rischi, con la nebbia sarebbe tutto più complicato.

Uno dei punti più delicati, soprattutto per i bovini, è il passaggio sulle rocce in corrispondenza del ruscello. Acqua ce n’è poca e le pietre sono asciutte. Nel corso dell’estate inoltre i pastori hanno sistemato al meglio il sentiero, con gradini e pietre messe in modo da creare un cammino abbastanza agevole per gli animali. Questi avanzano lentamente e superano senza problemi anche quell’ostacolo.

Tutti danno una mano, compatibilmente con le loro possibilità. Così chi segue la più piccola della transumanza, la vitellina nata da poco? Ovviamente il più piccolo, cioè Didier. E’ così che si cresce in montagna, giocando, ma anche prendendosi le prime responsabilità.

Quando però, in un tratto ripido, la vitellina fatica troppo, ci sarà chi provvederà ad aiutarla, caricandosela a spalle. La madre sorveglia, preoccupata, e lei non agevola il suo portatore, dato che cerca di divincolarsi e scappare. Altrove i vitelli vengono caricati sui mezzi, ma qui la transumanza avviene ancora “alla moda vecchia”, tutto a piedi. Ecco perchè non si poteva aspettare oltre per scendere, con il rischio che nascessero altri vitelli.

Dopo il sentiero è più agevole, tratti ripidi non ve ne sono più, il cammino spiana ed infine inizierà a scendere. Gli animali fanno bella figura, la stagione è stata buona, il pastore ha lavorato bene. Quanta erba però resta indietro… E pensare che solo da poco questo alpeggio è stato recuperato, altrimenti in passato qui, per diversi anni, passava solo un gregge, temporaneamente. Troppo scomodo questo antico alpeggio!

Le capre hanno fretta, invece le pecore restano indietro. Cercare di fermare un gruppo in attesa dell’altro, fa sì che gli animali subito tendano ad uscire dal sentiero, portandosi sui versanti a pascolare. Il cane uggiola inquieto, in lontananza però si sente il suono del rudun, quindi anche il gregge presto apparirà oltre il costone. Si è già in piedi da diverse ore, ma la transumanza è ancora lunga, quindi non bisogna pensare alla stanchezza, non ancora!.

Il sentiero si fa più ampio, continuando però a tagliare i ripidi versanti. I lavori per la sua sistemazione sono più che evidenti. Due volte all’anno qui passa la transumanza, ma per tutta l’estate possono beneficiarne i turisti che si avventurano da queste parti. Le capre continuano ad incalzare, hanno fretta di arrivare a nuovi pascoli.

E poi si raggiunge la strada. Il carico degli zaini può essere depositato sulle auto o sul trattore, anche le asine vengono liberate dal basto. Una piccola pausa, poi si riparte, le vacche davanti, capre e pecore a seguire. D’ora in avanti sarà tutta discesa.

La strada però è lunga, inizia a farsi sentire davvero anche un po’ di stanchezza. Gli allevatori dell’alpeggio confinante non sono ancora scesi, così vengono a sorvegliare i loro animali, affinchè non si mescolino con quelli della transumanza in corso. Qui si può rischiare, si può attendere qualche giorno in più prima di partire, dal momento che c’è la strada e si può arrivare con i mezzi a caricare attrezzature ed eventuale bestiame non in grado di scendere a piedi.

Fa comunque un certo effetto vedere le vette, le creste che si allontanano. Chi fa questo mestiere, in questa stagione, scende contento se tutto è andato bene, se non ci sono stati incidenti, se gli animali sono belli, se il lupo non ha colpito il gregge. Scende contento di portare gli animali a pascolare erba verde, quando ormai quassù sono altri i colori predominanti.

Man mano ci si abbassa, si arriva tra i boschi e le capre continuamente si fermano a pascolare tra gli arbusti. Ogni volta che vedono qualche cespuglio o alberello lungo la strada, vi si gettano sopra, mangiando avidamente le foglie! Bisogna quindi far intervenire il cane perchè riprendano il cammino, pascoleranno dopo, quando la meta sarà stata raggiunta!

Finalmente a destinazione! In tanti stanno aspettando la transumanza, qualcuno era venuto incontro agli animali, altri invece si stavano occupando del pranzo. Come ricompensa della levataccia e della fatica, nella vecchia baita c’è una tavolata da cui ci si alzerà più che soddisfatti. Anche per quest’anno la stagione è finita, gli animali resteranno in valle, a pascolare a quote via via inferiori, fino a che la neve e l’inverno costringerà a chiuderli in stalla.



Dove andare, cosa fare

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Siete pronti per un altro fine settimana ricco di iniziative? Nella speranza che le condizioni meteo non rovinino le varie manifestazioni (anche perchè potrebbe essere un problema attendere in quota con gli animali, per scendere alla data prestabilita per le feste della transumanza, se domani nevicherà come dicono le previsioni!), vi segnalo i principali appuntamenti di cui sono a conoscenza.

In Ossola, anche quest’anno è… Tempo di Migrar. L’appuntamento è a Premia (VB) sabato 3 ottobre (qui il programma). Ore 15 arrivo del gregge in frazione Cadarese.

Transumanza anche a Pont Canavese (TO), sabato 3 e domenica 4 ottobre. Il sito della manifestazione al momento pare non funzionare (qui), ma il programma lo trovate anche qui sul sito del Parco Gran Paradiso. Il clou della manifestazione sarà domenica dalle ore 10:00, con il passaggio delle mandrie.
Non mancano poi le fiere del bestiame. In Val di Susa, Fiera Franca del Grand Escarton ad Oulx, XXXIII rassegna zootecnica. Qui il programma.

(foto dalla pagina facebook del Comune di Campertogno)

In Valsesia, a Campertogno, Fiera del Bestiame domenica 4 ottobre (qui). In Valle d’Aosta a Cogne, 3-4 ottobre La Devétéya (qui), discesa a valle del bestiame e marcatino di prodotti tipici (Sabato 3 ottobre sfilata delle mandrie nel centro del paese, fiera dei prodotti locali. Domenica 4 premiazione concorsi “Comune Fiorito” e Video contest Summer 2015, benedizione delle mandrie e chiusura manifestazione).

Ci sono poi sicuramente altre manifestazioni, io vi segnalo queste, voi… se volete, mandatemi le foto di dove siete stati, se vi fa piacere vederle pubblicate qui!


“Le più belle massesi di tutto il Frignano”

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Oggi lascio che sia qualcun altro a raccontare. Mi ha scritto una “vecchia” conoscenza, Riccardo, che si è trovato in Appennino per lavoro e, anche là, ha incontrato dei pastori. “Ho conosciuto Renzo Nizzi di Fiumalbo, ti ho scritto un post come resoconto della giornata e ti ho anche messo delle altre foto delle sue pecore che ho fatto alcuni giorni dopo quando ho fatto un altro giro sull’Appennino e sono passato a trovarlo a casa sua. Lui non sapeva di te e di quello che scrivi, ma adesso ti segue anche lui (e soprattutto i figli).” Cedo così a lui la parola.

(foto R. Dellosta)

Dopo aver sentito parlare a lungo dell’alpe del Cimone, un giorno un po’ per curiosità e un po’ per sfuggire alla calura della bassa decido di farci un giro. Salendo osservo i pascoli già bruciati dal caldo che quest’anno è salito fin quassù, le uniche chiazze verdi sono di nardo che in molti punti, soprattutto quelli più freschi, ha preso completamente il sopravvento sulle altre specie, segno che un tempo questi pascoli sono stati molto sfruttati, ma ad oggi l’erba non sembra mangiata e non ci sono molte tracce degli animali.

(foto R. Dellosta)

Proseguo la salita su un ripido sentiero fino alla vetta dove il panorama è meraviglioso, nelle giornate più limpide si riescono a vedere i due mari, addirittura il Monviso ed il Monte Rosa, ma oggi si alza la foschia dalla pianura, così mi limito ad osservare le montagne circostanti così diverse dalle Alpi, con pochi prati solo sulla cima e le Apuane ripide e rocciose, quasi senza un filo d’erba. In lontananza si sentono dei campanacci, quindi decido di incamminarmi verso dove sembra provenire il suono, e, camminando comincio a scorgere in un vallone un piccolo gregge, proseguo affrettando il passo fino a raggiungerlo.

(foto R. Dellosta)

All’arrivo saluto il pastore, iniziamo a parlare, gli mostro sul cellulare alcune foto di pecore biellesi, faccio apprezzamenti sulle sue: questa è giovane, questa sembra che deve partorire … lui mi interrompe: “Ma allora tu sei un pastore? perché sai distinguere una recchia  da una pecora adulta, guarda che qui di gente ne passa, ma solo uno una volta si è fermato e sapeva queste cose, era uno che aveva fatto il pastore”, No dico, ho la passione per gli animali, non sono un pastore, ma in due minuti già abbiamo fatto amicizia.

(foto R. Dellosta)

Il gregge di Renzo non è particolarmente grande, il giusto numero per degli animali da latte, ma davvero ben tenuto, solo una pecora molto in là con l’età è un po’ tirata “sai quella la tengo perché ci sono affezionato, ma le altre, nemmeno una zoppa, era successo un anno che l’avevano presa, poi le ho curate per bene e adesso sono tutte perfette”. La passione e l’attaccamento ai suoi animali traspare da ogni suo gesto “le pecore sono la mia droga, non credo che riuscirei mai a smettere di allevarle” noi la chiamiamo la malattia gli dico, “ no no sono una droga, sei anni fa sono riuscito a smettere di fumare, non è mica facile sai …, ma non togliermi le pecore, non riuscirei proprio a farne a meno”.

(foto R. Dellosta)

“Guardale le mie massesi, purtroppo ci sono quelle bianche in mezzo, sono di mio figlio, non le posso proprio vedere quelle macchie bianche nel mio branco, ma sai … sono costretto a tenerle, non ci fosse lui che fa tutto in cascina” questione di punti di vista penso, “qui danno i contributi per le cornelle, per le massesi no, solo in Toscana, ma la Toscana è li a duecento metri, possibile che non si rendono conto, li danno a chi pianta i lamponi e non a noi pastori che ci stiamo estinguendo. Ma fin che posso tengo le massesi. Addirittura ho preso il premio per il migliore montone alla fiera, ma ho dovuto prima darlo  ad un altro perché noi emiliani non possiamo partecipare, poi lui mi ha dato a me la coppa, ma io sono già contento così ”.

(foto R. Dellosta)

È mezzogiorno, il sole picchia forte nonostante le nuvole che si addensano sulle cime e le pecore si raggruppano per sfuggire alla calura. Noi ne approfittiamo per un veloce pranzo seduti sul prato,  in cui assaggio il suo formaggio accompagnato con le pere ed un sorso di vino, una delizia! Parliamo della sua razza, a lui piacciono le nere, nemmeno troppo le bigie, ma devono assolutamente avere le corna, mi racconta di quando ne aveva addirittura che assomigliavano alle capre girgentane “erano uno spettacolo, anche se purtroppo ho perso la razza”, gli parlo dei pastori in Piemonte che in genere le corna non le vogliono vedere. Questione di punti di vista, dopotutto il vero pastore seleziona anche per la bellezza, non solo per la resa ed ognuno ha la sua razza.

Mentre mangiamo la discussione prosegue “sai ho anche un’altra passione io: le campane, ne ho di tutti i tipi quelle di ottone, di bronzo, di acciaio, dalla Sicilia, della Sardegna. Quando viene qui il campanaro facciamo sempre degli scambi, ne ho persino di legno del Marocco. Poi i collari li faccio io con la pelle di vacca” gli parlo dei rudun e delle campane che si usano in Piemonte, lui ovviamente ne ha anche di piemontesi e valdostane, addirittura mi spiega mostrandomele che quelle di una nota ditta valgono solo se prodotte prima di una certa data. Nel gregge si notano diverse pecore con più di una campana al collo, alcune hanno addirittura una grilliera cioè un collare tutto pieno di campanelle.

Renzo nel gregge tiene solo un cane da conduzione “due sono troppi, invece di lavorare si intralciano tra di loro”.  Gli chiedo se ha mai pensato di prendere dei maremmani visto che qui ci sono molti lupi  “il maremmano  buono deve sempre stare nel gregge … se ne avessi avuto uno non ti saresti potuto avvicinare, li regalavano ma non li ho voluti, non si sa mai con i turisti giù in paese …”. Parlando di lupi mi racconta del recinto per la notte “ne avevano fatti di fissi con i soldi della regione, ma li dovevano fare con la rete elettrosaldata come gli ho detto io, non con la rete normale che alla prima neve si sono piegati tutti”. Lui alla sera fa un recinto un po’ particolare con i pannelli di rete elettrosaldata e all’esterno la rete con la batteria, un’ulteriore accortezza per non che si impigliano con le corna anche se un recinto così richiede più tempo e soprattutto tanta fatica per essere montato.

(foto R. Dellosta)

 

“Le vedi quelle montagne laggiù? Una volta erano tutti pascoli, poi campi di segale e grano più a valle, adesso tutti abeti e larici, non sono piante di queste parti, li hanno piantati e adesso sono tutti malati, poi quando arriva la neve scirocca  li rompe tutti” La montagna pian piano si sta rimboschendo, “mi dovrebbero addirittura pagare perché porto le pecore qui, da altre parti so che lo fanno, non come noi che dobbiamo pagare per il pascolo”. Lui è l’ultimo pastore del suo paese, una volta faceva il pascolo vagante giù in pianura fino in Veneto dalle parti di Chioggia, ora d’inverno resta a casa e gli animali stanno in stalla. In paese ci sono altri che le tengono per passione o per prendere qualche contributo ma nulla più, mi racconta di un giovane pastore che ha cominciato e poi dopo pochi anni ha smesso ed è andato in un’altra regione a lavorare con le vacche, di un altro che anziano non trovando più manodopera ha dovuto vendere tutto.

(foto R. Dellosta)

Quest’anno il clima non è buono, è andata bene per il fieno, ma le temperature sono troppo alte e c’è siccità, le sorgenti sono ormai asciutte e le pecore patiscono il caldo. Ci spostiamo un po’ più a valle alla ricerca di erba più tenera, qui oltre il nardo che si propaga sempre di più anche grazie ai cavalli del rifugio vicino che mangiano la spiga e lo disseminano ovunque, non è rimasto molto da mangiare.

(foto R. Dellosta)

Riflettiamo sui problemi della pastorizia che qui come altrove non sono solo i lupi o la manodopera che non si trova, nemmeno il clima o la siccità che ha seccato anzitempo l’erba, i problemi sono la burocrazia e le leggi che ti ostacolano in tutto anche qui sull’alpe, le spese che aumentano sempre più, ma soprattutto la gente che ormai ha cambiato le abitudini. “mi chiedo tutti i giorni che cosa mangiano. Pazienza l’agnello che lo devono cucinare … ma il formaggio? No, nemmeno quello, anche i turisti che vengono qui comprano la ricotta al supermercato. Meno male che ci sono tanti toscani, a quelli piace mangiare bene, ma gli altri … sono stretti come la foglia del ginepro, se gliela regali è buona ma non la comprano mica eh!”.

Si fa tardi, io devo incamminarmi lungo il sentiero del ritorno e Renzo deve riportare gli animali più in basso per la mungitura, qui non ci sono strutture sull’alpe e le pecore, anche quelle asciutte da quando c’è il lupo, scendono ogni sera vicino alla cascina. Ci salutiamo dunque con la promessa di rivederci in un’altra occasione. Al mio ritorno in pianura, parlando con un altro pastore originario di queste parti ho saputo di aver visto le “più belle massesi di tutto il Frignano”

(foto R. Dellosta)

P.S.: Alcuni giorni dopo al ritorno da un’altra gita da quelle parti ho rincontrato Renzo con il suo gregge mentre si avviava verso casa, ecco alcune foto.

(foto R. Dellosta)

(foto R. Dellosta)

(foto R. Dellosta)

(foto R. Dellosta)

(foto R. Dellosta)


Questi giorni sul web

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I tempi cambiano, nessuno una volta, dalla pianura, immaginava neanche lontanamente cosa accadesse lassù in montagna. Nei testi dove sono raccolte testimonianze del passato, sono innumerevoli i racconti delle transumanze in mezzo alla neve. Erano davvero altri tempi, quando non si conoscevano in anticipo le previsioni meteo. Oggi si sa sia che arrivano le perturbazioni, sia… Tutto ciò che accade, in tempo reale, viene messo in rete. La gente continua a non immaginare quale sia la vita di pastori e margari, ma grazie ad internet ha maggiori possibilità di vedere qualche immagine!

(foto S.Basso)

E così ieri, comodamente seduti davanti ai nostri computer, spaziavamo da transumanze innevate a transumanze sotto la pioggia, un po’ in giro per tutto il Piemonte e non solo. La perturbazione di questi giorni ha costretto la maggior parte di quelli che erano ancora in alpeggio a scendere. In pochi resistono ancora, soprattutto con le pecore. Qui la prima neve ad Elva (CN) il 29 settembre, gregge di Simone Basso.

(foto G.Cairus)

Altro gregge, altra valle. Sempre il 29 settembre, alla Conca del Prà, Val Pellice (TO). Di lì ieri sono scese le vacche. Gianpaolo invece diceva: “E’ tornata la neve…“.

(foto G.Martini)

(foto G.Martini)

Qualcuno è sceso appena in tempo. Giusi mi ha mandato un paio di immagini della discesa dall’alpeggio, avvenuta giovedì 1 ottobre ad Acceglio (CN).

(foto A.Cucciola)

Ieri qualcuno diceva che era ora di scendere, ma fortunatamente non aveva ancora la neve fuori dalla porta della baita. Questa bella immagine arriva dalla Valsesia e l’ha pubblicata, sempre su Facebook, Alessia. Il gregge in questi giorni tornerà a valle e domenica parteciperà alla Fiera di Campertogno (VC).

(foto D.Anderlini)

Scendeva invece in Val Formazza (VB) il gregge di Ernestino e Renza, accolto da un benvenuto alla frutta molto gradito dagli animali. Dorina come sempre testimonia il passaggio degli animali e dei loro pastori. Pioveva e continua a piovere anche stamattina, la speranza è che il tempo sia più clemente oggi pomeriggio per la festa a Cadarese (Tempo di Migrar).

(foto R.Cilenti)

Pioveva anche in Val d’Ayas (AO), sulla transumanza di Andrea. Roberto, grande appassionato di fotografia, ha pubblicato dei magnifici scatti del cammino del gregge.

(foto M.Allione)

Altrove invece nevicava, eccome se nevicava! La famiglia Allione doveva scendere il giorno prima dalle Grange Tibert (Valle Maira – CN), ma nebbia e maltempo avevano impedito di trovare tutti gli animali. Così… ieri queste erano le condizioni in cui si affrontava la transumanza.

(foto P.Richard)

Pierina, da Bellino (Val Varaita – CN), ci dice: “Noi per quest’anno salutiamo l’alpeggio…

(foto M.Tribolo)

(foto A.Tribolo)

A Pragelato, Alpe Chezal (Val Chisone – TO) i fratelli Tribolo postano foto della mandria nella neve. “Risveglio nella neve“, scrive Massimo. “Oggi va così“, completa Aurelio.

(foto I.Zomer)

Si scende dal Piccolo Moncenisio (Francia) verso la Val di Susa con la famiglia Listello. Gli amici vanno a dare una mano, Ilaria scatta le foto e le pubblica on-line: “Luciano, Lucia e Luca tornano a casa… E la famiglia Gulli non può mancare…“.

(foto G.Agù)

(foto G.Agù)

Si scende anche dalle alte quote di Valfredda (Bardonecchia – TO), in un paesaggio decisamente invernale. Nonostante le cattive condizioni meteo, Giovanni e famiglia non hanno rinunciato ai rudun! Altrimenti non è una vera transumanza! “Ciao Valfredda, arrivederci al prossimo anno…“.

Queste immagini sono uno dei motivi per cui ritengo che i social network, se utilizzati correttamente, sono utili e davvero favoriscono i contatti tra le persone, tra “mondi” diversi. Stamattina leggevo commenti alle foto e c’era chi si stupiva che avesse nevicato, chiedeva ragguagli sul posto, come se fosse un fenomeno impossibile, a questa stagione. Adesso probabilmente le temperature risaliranno, magari ci sarà un autunno mite, ma ormai chi è sceso… la montagna la rivedrà la prossima primavera!


Un passo indietro

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Finalmente il sito delle immagini sembra aver ripreso a funzionare a dovere, quindi anche i vecchi post dovrebbero avere di nuovo tutte le foto al loro posto! Oggi facciamo un passo indietro, vi ho mostrato le discese dall’alpeggio con pioggia e neve, ma ho ancora in arretrato immagini delle settimane precedenti. Nei prossimi giorni invece vi mostrerò gli scatti presi alle varie fiere e vi segnalerò gli appuntamenti (moltissimi!) per il fine settimana.

Queste foto le avevo scattate a fine settembre in Val d’Aosta. Stavo facendo due passi quando, più in basso della strada che stavo percorrendo, ho visto l’inconfondibile chiazza chiara di un gregge. Così sono scesa e l’ho raggiunto. Gli animali erano nel recinto, era poco prima di mezzogiorno, probabilmente erano stati messi al pascolo prima, dato che erano tutti fermi, tranquilli, a ruminare.

Di questo gregge avevo sentito parlare il mese prima quando ero stata a trovare Andrea, il pastore Biellese, a Gressoney. Credo infatti che sia il gregge di un pastore valdostano che, anni fa, era stato nel Bellunese e la cui foto compare nel libro “Transumanze” dell’amico Adolfo Malacarne. Non c’era nessuno in zona, quindi non ho potuto chiedere conferme. Era comunque un gregge con pecore di razze diverse, anche qualche Rosset/incroci ed un buon numero di capre.

Altrove, sempre in Vallée, lungo la strada ho fatto numerosi altri incontri. Più che normale, da queste parti, dove comunque l’allevamento è ancora molto praticato. Siamo a mezza quota, non è alta montagna. Guai non ci fossero gli animali, mancherebbe qualcosa alla vista, all’udito e il paesaggio sarebbe molto molto diverso.

Non mi stancherò mai di ripetere che gli animali selvatici sicuramente possono regalarci grandi emozioni, quando riusciamo ad avvistarli. Ma che dire di quelli domestici che, per di più, sono alla portata di tutti? Questo quadretto era lì, bordo strada, salendo verso il Col di Joux. Mi è bastato accostare, scendere dall’auto e scattare le foto!

A volte mi sembra di essere ripetitiva, ma poi continuo a leggere certi commenti, ascoltare certi discorsi, e allora capisco che bisogna proseguire nello spiegare che questa montagna, la montagna “bella da vedere”, non nasce così. Il paesaggio lo modella l’uomo, lo può fare per esigenze turistiche, di svago, certo, ma il paesaggio che piace, quello che “sembra” naturale, è un bosco che però viene tagliato perodicamente per il legname o, ancora di più, un prato che viene sfalciato, un pascolo che viene utilizzato dagli animali.

Prima della neve ero anche andata a fare una gita in Valle Maira. C’era già stata una prima spruzzata alle quote più alte e quasi me lo sentivo che sarebbe stata l’ultima camminata lassù. L’autunno stava iniziando a dare i suoi primi segnali e molti margari erano già scesi, altri avevano gli animali in basso, per finire l’erba prima di partire.

A questa stagione un giorno c’è un sole splendido, cielo blu e aria ancora tiepida, ma basta poco affinchè tutto cambi rapidamente. I bovini di razza Piemontese mi osservano passare accanto a loro, proprio all’inizio del sentiero. Poco oltre scavalco di nuovo il filo elettrificato del recinto, più a monte non incontrerò nessuno, la stagione d’alpeggio è finita.

Solo il silenzio, lassù. C’è la prima neve, l’erba è ormai bruciata dal secco e dal freddo, dove non batte il sole il terreno è già gelato. Solo ogni tanto i fischi delle marmotte, che si godono l’ultimo sole prima del lungo letargo. Vedo anche un branco di camosci e, per qualche minuto, osservo un ermellino curioso che gioca a nascondino a pochi metri da me.

Anche sul versante francese non c’è più nessuno. Del gregge restano solo le tracce, l’erba brucata, gli escrementi secchi, i sentieramenti sui pendii. Vento e silenzio, la montagna è vuota. La montagna atteneva la neve a coprire i pascoli, a rifornire le falde che alimenteranno i laghi, i torrenti, per la prossima stagione.

Proseguo il cammino, di nuovo in Italia, scendendo in un altro vallone. Mi sembra di sentire una campanella da qualche parte, poi l’abbaiare di un cane. Dovrebbe esserci un gregge, un pastore, in questo alpeggio, ma pensavo fossero già scesi. Trovo tracce inequivocabili della loro presenza, ma risalgono a pochi giorni prima. Alla baita c’è in effetti ancora il recinto, un cane da guardiania, una pecora con gli agnelli…

Ecco, sulla vecchia strada militare che risale dal fondovalle, un’ennesima versione di cartello che segnala la presenza di cani da guardiania, questo è bilingue, in Italiano e Inglese. Ora di togliere anche questo e metterlo da parte per la prossima stagione.

Il gregge doveva essere sceso forse anche solo quel mattino, o il giorno precedente, infatti si trovava sul versante opposto, nei pascoli che utilizza ad inizio e fine stagione. Pascoli aridi, magri, ma adatti per le pecore, un po’ come quelli che si incontrano in Francia.

Ecco ancora uno scorcio panoramico che immediatamente identifica la testata della Val Maira, con il profilo caratteristico della Rocca Provenzale a monte dell’abitato di Chiappera. Guardando questa foto mi viene da chiedermi come poteva essere  il paesaggio qui in tempo, quando sicuramente c’era gente che rimaneva in montagna con gli animali tutto l’anno, non come ora che mandrie e greggi salgono dalla pianura. Quei tempi in cui tutti avevano qualche bestiola, una vacca forse, due pecore, due capre…


Un weekend impegnativo, ma il prossimo…

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Amici appassionati di zootecnia e, soprattutto, delle fiere, siete pronti per una serie di weekend in cui vi sarà sempre più difficile scegliere dove andare? E’ dura, è dura davvero! Già solo qui in Piemonte, dove andare? O dove andare prima?? Questo fine settimana è molto ricco, ma il prossimo sarà ancora meglio!

Iniziamo da questo venerdì 9 ottobre. Sarò a Condove (TO), Val di Susa, a presentare il mio romanzo “Lungo il sentiero” e il libro fotografico “Pascolo vagante 2004-2014”, ore 21:00 presso la Biblioteca Comunale. Nell’ambito della serata gli agronomi Gianpaolo Bruno e Valentina Andrea illustreranno lo studio per la valorizzazione dei pascoli comunali.

Questa serata si inserisce nel ricco calendario della “Fiera della Toma” di Condove. Tutto il programma della manifestazione lo trovate qui sul sito, a partire dal primo appuntamento di questa sera. Sabato 10 e domenica 11 XXVI Fiera della Toma, con bancarelle dei produttori, degustazioni e molto altro ancora.

Sabato 10 l’appuntamento è a Bellino (CN), Val Varaita. Può cadere ovviamente in qualsiasi giorno della settimana, ma la Fiero dei Des… è al dieci! Mostra zootecnica, fiera, bancarelle, tutto nel meraviglioso paesaggio d’alta quota di Pian Melezé.

Per domenica 11 ottobre, altri appuntamenti sono a Corio per gli appassionati di capre e di battaglie, mentre per chi prederisce le pecore, la lana e le transumanze, a Ternengo (BI) c’è la Festa della Lana, con il passaggio di un gregge nel centro del paese (al pomeriggio, ore 15:00). Qui il programma. Voi dove andrete? Io… non ve lo dico, lo scoprirete vedendo le foto su facebook e i post qui sul blog. Comunque… Non ditemi che non vi segnalo per tempo gli appuntamenti!!


Per salvarsi, bisogna differenziare

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Avrei numerose riflessioni da fare. Leggo sull’Eco del Chisone che il prezzo del latte alla stalla è precipitato del 20% in un anno (vi rendete conto che gli allevatori percepiscono intorno a 30-32 centesimi al litro?!?). Allevatori di montagna mi parlano dell’esperienza a Cheese, dove la differenza tra gli incassi e il costo della piazza per 4 giorni è stata di… 200 euro. Gente che va in alpeggio mi spiega che dovrà affrontare un investimento di diverse decine di migliaia di euro per adeguare il caseificio (utilizzato poco più di 2 mesi all’anno), perchè quello che c’era non basta più, adesso si richiedono altri locali, come quello per lavare i bidoni, non lo si può più fare all’aperto alla fontana come prima. Spendi in alpe, spendi in fondovalle, come e quando riuscirai a ripagarti tutto, quando i prodotti poi non rendono come dovrebbero, anche se sono di qualità? Altri ancora si lamentano di quanto hanno incassato vendendo animali al macello: pecore, vacche, capre, poche decine di euro, quando di carne comunque quegli animali sulle ossa ne avevano…

Tutto ciò mi porta ad anticipare ad oggi in post che, in ordine cronologico, avrebbe dovuto seguire altri che devo ancora pubblicare. Sono stata a trovare Mauro Olivero, allevatore, presidente de La Granda, il consorzio che si occupa del rilancio della razza Piemontese e della valorizzazione della carne di qualità. Non sono andata da lui per chiacchierare di queste cose, ma per tutt’altri motivi (pensate un po’… gli ho portato un gatto!). Una volta raggiunta la sua cascina, ovviamente era inevitabile fare un giro dell’azienda ed ascoltare la sua storia.

Non siamo di fronte ad una realtà immensa, ma proprio questa è la filosofia sua e dei soci de La Granda. L’allevamento non è un’industria, la carne di qualità viene da animali allevati in un certo modo, alimentati in maniera corretta, senza integrazioni, ma curando la produzione dei foraggi. Per saperne di più, intanto vi segnalo il sito de La Granda e questo articolo, dove viene riportata un’intervista a Mauro realizzata nello scorso mese di marzo. Mauro mi racconta la sua storia, nato in questa cascina nella pianura cuneese, splendida vista sull’arco alpino e sul Monviso, da giovane si allontana dall’agricoltura per dedicarsi allo sport raggiungendo anche buoni livelli. Un incidente interrompe la sua carriera e torna al settore agricolo, prima lavorando in Coldiretti, poi presso un grosso vivaio. “Giravo per le aziende a consegnare le piante, vedevo tante realtà, mi piaceva, ma ad un certo punto mi sono chiesto perchè, avendo un’azienda a casa, io lavoravo sotto padrone. Erano gli anni della BSE, la carne era in crisi, bisognava fare qualcosa.

Mauro adesso è Presidente dell’associazione, un rinnovamento dedicato ai giovani, per andare avanti, un ruolo che gli piace, ma che ovviamente comporta impegno e responsabilità. Inoltre non è facile tenere uniti gli allevatori, categoria (come molte altre nel settore agricolo e non solo) dov’è facile vedere le cose positive a casa d’altri e quelle negative nella propria. “Adesso c’è la fila di gente che vorrebbe associarsi, ma facciamo un’accurata selezione, perchè sono tutti attirati dal prezzo che riusciamo a spuntare vendendo gli animali, superiore rispetto alla media del mercato, ma c’è dietro tutto un lavoro ed un disciplinare. Come Associazione poi ci autofinanziamo, una piccola somma ogni animale macellato, sia da parte dei soci, sia da parte delle macellerie, una cifra che serve giusto per pagare le spese, la segretaria che segue tutta la burocrazia.

Mi spiega dei progetti con l’università, sui foraggi, mi racconta l’alimentazione che viene fornita agli animali: “Allevo femmine e castrati, al momento produciamo solo carne. Come associazione macelliamo un 210 capi al mese. In Piemonte purtroppo solo due macellerie prendono la nostra carne (vedi elenco punti vendita), le altre non hanno accettato per il prezzo. Buona parte della produzione è assorbita dai vari punti vendita di Eataly.” Mi racconta anche una vicenda assurda riguardante le etichette: oltre a quanto previsto dalla legge, sulle loro etichette erano state inserite informazioni aggiuntive e sono stati bloccati (e multati) per questo.

Continuiamo il giro dell’azienda, la “sala parto”, il toro, gli animali di varie età. Tutto è mandato avanti da Mauro e suo papà. “Da quando ho fatto la scelta della stalla nuova organizzata così, anche per mia mamma è stato un altro carico di lavoro.” Nella Granda aderiscono aziende di contadini anche piccole e piccolissime, con una decina di capi in stalla. Nessun margaro, ma ci sono animali che vengono mandati in alpeggio d’estate, affidati in guardia.

Nonostante tutto, non è facile. Mauro, come tanti sui colleghi di storie che vi ho già raccontato, ci mette una grande, immensa passione. Ovviamente crede in quello che fa, ma non vi sto parlando di una realtà priva di problemi. Si cerca di sopravvivere attraverso questa strada, si fa fatica, si spendono ore a far quadrare i conti, a studiare come migliorare l’azienda. Si dedica anche tempo ed energie per gli altri: nel pomeriggio infatti, tramite Slow Food e Terra Madre, arriveranno in azienda degli allevatori del Burundi, a visitare questa realtà. In serata parleranno ai soci de La Granda della razza allevata al loro paese, uno scambio di conoscenze, punti di vista, esperienze.


A Barcelonnette per la fiera

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Andare o non andare a Barcelonnette? Ci avevo pensato su parecchio, già immaginavo che non avrei trovato molti animali, quest’anno, però… Alla fine è sempre un bel posto, i mercati francesi mettono allegria ed è un’occasione per vedere qualcosa di diverso dal solito.

E così sono partita, in un bel sabato di fine settembre, luci e colori autunnali. Il viaggio è comunque lungo, c’è da raggiungere Cuneo, risalire la Valle Stura e poi scendere fino alla cittadina di Barcelonnette, dove c’è già un bel po’ di traffico. Tutte le vie sono invase dalle bancarelle del mercato, poi si arriva alla piazza centrale, dove ci sono gli animali. Da una parte bovini, qualche cavallo, strane pecore dalle lunghe corna che qualcuno mi dice essere di origine ungherese.

Pecore, agnelloni, montoni, ecc. sono nella parte centrale della fiera. Effettivamente non ci sono tanti animali, sempre di meno rispetto agli anni precedenti, ma c’è un motivo molto semplice. La festa del Sacrificio è appena avvenuta, tutti gli agnelloni sono stati venduti in quell’occasione. Evidentemente anche qui in Francia le fiere zootecniche stanno perdendo di importanza e non è più tanto questo il posto dove si contratta, si vende, si acquista.

Ci sono pastori, ci sono contadini, allevatori. La fiera è comunque il luogo dove ci si incontra, si chiacchiera, si commenta. Forse all’estero più che “in casa”, ci si può aggirare per le fiere annusando quest’atmosfera particolare, come semplici osservatori, cogliendo attimi di vita.

Non mancano le campane e chi le acquista, ovviamente prevalgono quelle per pecore e capre, con tanto di canaule in legno. I prezzi non sono economici, ci sono anche pastori italiani che sollevano, fanno suonare, ascoltano, valutano. Ce n’è per tutte le tasche, ovviamente dipende dall’uso che si vuole fare della campana, se se ne cerca una da utilizzare al pascolo o una più importante.

Si può comprare una campana per qualcun altro? E’ una cosa molto difficile, la scelta di una campana è così personale! Non è solo il suono di quella singola campanella, ma è anche il pensarla inserita nella sinfonia, nell’armonia delle altre campane che già si hanno nel gregge. L’orecchio si forma man mano, crescendo, di pari passo con la passione.

In giro per la fiera si possono fare acquisti di ogni tipo, oppure anche solo girare tra le bancarelle ammirando, lasciandosi riempire gli occhi dai colori, il naso dai profumi. Ci sono anche qui, come in Italia, bancarelle di abbigliamento dozzinale e prodotti alimentari industriali, ma anche molto, moltissimo artigianato e aziende agricole. Ci sono pure tocchi etnici e multiculturali.

Qui il cibo da strada è anche questo stand dove in enormi padelle si cucina la paella, la pasta ai frutti di mare o si friggono seppie e calamari. Alla fine della giornata non ci saranno che pochi avanzi, nel fondo delle padelle. Molti comprano per portare a casa, altri mangeranno da qualche parte sulle panchine, in giro per Barcelonnette.

Sono anche moltissimi quelli che vanno a pranzare nei numerosi locali sparsi per l’intero paese, nelle vie e sulle piazze. Fuori tutti hanno lavagnette con il menù del giorno, si può mangiare anche all’aperto, l’aria fresca del mattino ha lasciato il posto ad un bel sole caldo di inizio autunno.

Ancora un giro per la fiera, sono finiti i discorsi ufficiali dal palco, la gente sta pranzando, così si riescono a fotografare meglio le bancarelle. Formaggi, salumi, miele, dolci, frutta, verdura. Qui sono molto comuni dei grossi blocchi di gelatina di frutta, che vengono tagliati sul posto, e forme di torrone morbido ricoperte da frutta secca. Come sempre, noto che in Francia le normative sul confezionamento e vendita degli alimenti sono meno restrittive rispetto a quanto accade da noi.

La dimostrazione di tosatura è già avvenuta, qualcuno dei passanti allunga la mano a toccare un ciuffo di lana. Nel primo pomeriggio si inizierà a caricare gli animali per riportarli al pascolo, nelle varie aziende più o meno lontane.

In quel momento sono tutti in paziente attesa. Chissà se ci sono stati vendite e acquisti? Alcuni credo che siano commercianti, altri allevatori. Gli Italiani che incontro commentano sulla qualità non elevata degli animali presenti quest’anno, sia come pecore, sia come montoni, a parte qualche eccezione.

Permettetemi un appunto sulla “pecora italiana” in questo box. Il confine non è lontano… Non si tratta di un animale esotico, avrebbero potuto scrivere la razza e poi, sotto, aggiungere Italia.

Lascio la fiera e riprendo la via del ritorno. Ogni paesino meriterebbe una sosta e tante foto ai panorami, ai dettagli, ai colori dell’autunno, ma il viaggio è lungo e le giornate si fanno via via più corte. Non riesco a resistere almeno a fotografare qualche piccolo gregge al pascolo accanto ai villaggi. Le grosse greggi sono ormai quasi tutte scese dagli alpeggi, restano qui le pecore “residenti”, che affronteranno l’inverno alpino in stalla.

Quando ero passata al colle (della Maddalena per gli Italiani, di Larche per i Francesi) avevo visto delle reti tirate lungo la strada, al mattino. Adesso però, in queste reti, c’è ancora un gregge al pascolo. Cani da guardiania non ce ne sono, il “recinto” è ampio, così non riesco a resistere ed entro nelle reti. Mi muovo piano, con circospezione, affinchè gli animali non si spaventino per la mia presenza, e infatti continuano a pascolare indisturbati.

Il colore di queste pecore si confonde con il panorama, con l’erba secca. Ormai c’è più poco da mangiare, ma il gregge bruca avidamente e gli animali sono in buon stato, più belli di molti di quelli appena visti alla fiera. Sole, vento, cielo in cui si rincorrono le nuvole, il gregge tutto intorno, potevo rimanere lì ore a guardare gli animali e scattare foto.

C’è anche un grosso montone con un rudun dal suono grave. Sulla schiena ha la floucà, probabilmente è un castrato, il suo ruolo è quello di guida e di capo-gregge, infatti anche lì nelle reti le pecore si spostano ora avanti, ora indietro, sempre pascolando, seguendo i suoi movimenti.

Non manca un buon numero di capre, soprattutto di razza Rove, belle grasse e con il pelo lucido. Questi animali, visti in Francia, sembrano sempre particolarmente possenti, mentre in Italia danno l’impressione di avere una taglia inferiore. Forse la ragione è da vedere nel fatto che oltralpe svettano sopra al gregge di merinos, di taglia inferiore rispetto alle Biellesi o alle Bergamasche.

Ancora qualche minuto con il gregge, poi bisogna ripartire. Ci sono pecore anche in Italia, numerosi greggi, uno accanto alla strada composto da moltissimi agnelli e le loro mamme. Passato il confine però cambia il tempo, appena oltre il colle il sole svanisce, le nuvole prendono il sopravvento e, appena inizio la discesa tra i tornanti, inizia pure a piovere, così non mi fermo più a scattare altre foto. Tornerò in Francia magari per la Fiera di Guillestre, in ottobre, il 19…



Il weekend più impegnativo dell’anno

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Il prossimo (ma anche il successivo non scherza!) sarà un altro weekend molto impegnativo. Anche questa settimana vi segnalo con sufficiente anticipo gli appuntamenti, affinché possiate prendere nota e decidere dove andare. Da dove iniziare? Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Valsesia, frazione Doccio di Quarona (VC), XXI edizione della Fiera Valsesiana d’Ottobre, domenica 18 ottobre. Val Pellice, Villar Pellice (TO), Fiera d’Autunno, sempre domenica 18 ottobre. Per quest’anno a Villar si prevedono 350 bovini, oltre a capre e pecore. Aosta, stessa data, finale della Battaglia delle Reines all’arena della Croix Noire. Valle Po, a Paesana (CN), rassegna dell’artigianato, agricoltura, zootecnia e piccoli frutti, 17° edizione. Dal 17 al 19 ottobre, Fiera di San Luca a Guillestre (Francia). La rassegna zootecnica e il mercato agricolo si tengono lunedì 19. Sempre in Francia, a la Brigue, domenica 18 Festa della pecora Brigasca (qui).

A Lanzo (TO), si terrà Animalanzo. In questa occasione vi sarà anche la seconda finale regionale del Confronto delle capre (7° edizione). Qui tutto il programma.

Bassa Val di Susa (TO), Almese, frazione Milanere, 2° Fiera Agricola Zootecnica. Qui il programma.

A Coazze (TO), Valsangone, XV Festa rurale del Cevrin di Coazze, domenica 18 ottobre. Qui potete scaricare l’intero programma della manifestazione. Vi ricordo, sabato sera (17 ottobre), ore 21:00, presso il Palafeste nel Parco Comunale, presentazione del mio romanzo “Lungo il sentiero”. Domenica, oltre alla mostra mercato, mostra della razza bovina Barà e mostra caprina. Sul depliant leggo razza “Camosciata delle Alpi”, ma a quanto ne so io e a quanto vedo anche nelle foto del depliant, sugli alpeggi di Coazze salgono dei bellissimi esemplari di capre di razza Valdostana. Andrò a controllare di persona e vi dirò! La sfilata e la premiazione degli animali è in programma per le ore 17:30.


Fiera di Sampeyre

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Fiere, fiere, fiere. Non faccio in tempo a segnalarvi quelle che ci saranno e raccontarvi quelle a cui ho partecipato! Torniamo alla fine di settembre, quando si è tenuta a Sampeyre, val Varaita (CN), la Fiera di San Michele, Sagra delle Raviole.

C’ero già stata quasi per caso lo scorso anno. Quest’anno invece ero presente anche con la mia bancarella, tentando di vendere libri, ma alle fiere evidentemente il pubblico preferisce il genere agro-alimentare. In effetti non mancavano frutta e verdura di stagione, in tutte le forme e colori.

La nuova tendenza delle fiere, ultimamente, vede spesso la partecipazione di questi animali dal lungo pelo, bovini della razza Highland. Non c’è vallata dove non vi sia almeno un allevamento e, ovviamente, alle fiere riscuotono un buon successo, almeno dal punto di vista della curiosità. Sempre così, con le cose nuove!

Pian piano vengono allestite le bancarelle. Questo signore l’avevo già incontrato lo scorso anno, è un appassionato artigiano, uno dei produttori di campane che ancora portano avanti, in modo hobbystico, questa tradizione e passione.

Gli animali iniziano ad occupare i vari spazi a loro destinati. Qui in Val Varaita per gli equini la tradizione vuol dire cavalli Merens. Poi c’è anche qualche asino, che riscuote simpatia e apprezzamento anche dei bambini. Il tempo pian piano migliora e sembra scongiurato il rischio di pioggia, che invece si temeva al mattino presto.

Nel parco giochi sono anche ospitati gli animali più piccoli. Conigli, galline e capre. Mancano le pecore, ma quelle arriveranno sfilando nel centro del paese più tardi, subito dopo l’inaugurazione ufficiale della fiera. Le capre invece scendono da mezzi appositi… ed altri meno, ma il viaggio non è stato lungo, tutte le aziende partecipanti sono locali.

Gran parte della fiera è dedicata a ciò che offre il territorio in tutti i settori dell’artigianato. La Valle Varaita è anche la valle del legno e dei mobili rustici.

Da segnalare lo stand del progetto GESTALP, con i trasformati a base di carne locale. Questo progetto (qui qualche informazione in più) è stato ideato per valorizzare in modo sostenibile le risorse del territorio, legname e carne in particolar modo.

Continuando a girare per Sampeyre (la fiera coinvolge un po’ tutto il centro del paese), si possono via via ammirare gli animali in rappresentanza delle varie razze allevate sul territorio. In questo caso si tratta delle Pezzate Rosse dell’azienda Martino di Becetto, collocata stabilmente in valle tutto l’anno.

Anche quest’anno era stato organizzato il triathlon del boscaiolo, manifestazione forestal-sportiva che vedeva impegnati diversi professionisti del settore, accanto all’area espositiva dedicata a tutte le attrezzature forestali. Le diverse sfide avrebbero premiato sia la velocità, sia l’abilità e precisione dei partecipanti.

Nella piazza centrale invece veniva data dimostrazione di abilità e arte, con la realizzazione di sculture lignee utilizzando la motosega. Sicuramente l’unione di più attività e aspetti della vita in valle era gratificante per il pubblico, oltre a dimostrare come, da queste parti, sia sempre di più la multifunzionalità a tenere in vita le aziende, la gente che ancora cerca di lavorare e investire in montagna.

Gli Highland brucano pacificamente il loro fieno. La loro proprietaria mi spiega che, in inverno, l’azienda si trasferisce in periferia di Torino, sulle pendici del Monte Musinè. Qui hanno affittato dei terreni abbandonati, che pian piano vengono recuperati con il pascolamento di questi “strani” animali, molto rustici ed adatti alla vita all’aria aperta.

Adesso però è ora di veder arrivare gli animali! Vado a cercare il gregge, che sta pascolando in una frazione sopra a Sampeyre. A dire la verità le greggi sono due, di due proprietari diversi. Attendono l’invito a partire, prima devono terminare i discorsi ufficiali in piazza, poi ci si mette in marcia.

La maggior parte delle persone attende in centro, ma il bello è accompagnare gli animali mentre passano tra le case. Per quante volte uno possa aver visto e vissuto questi momenti, sono sempre e comunque emozionanti.

Nel centro di Sampeyre però le pecore si spaventano per la troppa gente presente, così si bloccano e non vogliono più andare avanti. Bisognerà faticare un po’ per convincerle e far riprendere loro il cammino, poi ripartiranno di corsa verso il recinto che le ospiterà fino alla fine della fiera.

Silano gli animali, ma continuano anche a sfilare, apparendo qua e là, degli allegri giovani musicisti, in modo da animare la manifestazione. Arriva l’ora di pranzo, si va a mangiare raviole, poi riprenderà l’afflusso del pubblico, in attesa del passaggio della mandria al pomeriggio.

Ormai in sempre più manifestazioni di questo tipo si sta scegliendo la formula della “sfilata” degli animali, transumanza vera o fittizia. In questo caso coincide veramente con la discesa dall’alpeggio di questa mandria. E’ un momento di lavoro, ma è anche un’attrazione per tutti, per la gente del paese e per i turisti venuti alla fiera.

Si passa nel centro del paese con i rudun e tutti escono a vedere. Anche grazie a queste iniziative la transumanza torna ad essere una vera festa. Penso a quei paesi dove invece si costringono gli allevatori a fare dei lunghi giri per evitare il passaggio nel centro abitato, perchè gli animali sporcano, perchè è un disagio.

Qui invece si cammina tra due ali di folla, nella speranza che la gente capisca che questo non è un gioco, non è solo uno spettacolo, ma è un bel momento di tradizione e lavoro. Da sempre la transumanza è una festa, sia quando si sale, sia quando si scende dalla montagna, e questo deve poter avvenire a testa alta, senza essere trattati come dei delinquenti solo perchè si osa “invadere” le strade asfaltate.

La transumanza attraversa tutto il centro, poi via via passa oltre, gli animali verranno poi caricati sui camion e torneranno in fondovalle, in pianura, in cascina. Alla prossima fiera, allora! Ormai bene o male le transumanze sono concluse, ma il mese di ottobre e quello di novembre sono ancora molto ricchi di appuntamenti per tutti gli appassionati della zootecnia e dei suoi prodotti.


Ormai è pascolo vagante

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Da quando il pascolo vagante è, per me, solo un far visita agli amici e non un’attività quotidiana, ovviamente ve ne parlo meno che un tempo. Ma tutto continua, per i pastori. Ci sono state le transumanze, chi a piedi, chi con i camion, e le greggi bene o male ormai sono quasi tutte in pianura.

Anche il Pastore è sceso, pecore e capre sono arrivate nei prati e nelle stoppie della pianura. Sappiamo come l’estate non sia stata proprio delle migliori per quanto riguarda la qualità dell’erba. E in pianura, cosa c’è quest’autunno? Sappiamo come i pastori siano facilmente inclini alla lamentela… E infatti sembrano non essere soddisfatti di quello che incontrano, per lo meno in alcune zone.

Il caldo, la siccità, hanno fatto sì che inizialmente la terra fosse dura, così dura che si faticasse persino a piantare i picchetti delle reti. E l’erba? Tanto baraval, (setaria in Italiano), un’erba con una spiga dura e sgradita agli animali. Un pascolo quindi non di buona qualità. Le pecore mangiano solo ciò che piace loro e poi, per saziarle, occorre dare un altro pezzo. Quindi i prati “durano poco”, se ci fosse erba buona, in ciascuno il gregge pascolerebbe più a lungo.

Nonostante le lamentele estive, alla fine il gregge è sceso bello, come sempre. Ci saranno pecore più in forma ed altre meno, ma la media degli animali fa bella figura. Qualcuna poi è particolarmente in carne, ma con questo gregge si va sul sicuro!

Ci sono anche le pecore con gli agnelli, in un gregge separato, magari in prati con erba un po’ migliore, perchè queste pecore devono avere il latte per crescere i piccoli. Come sempre, il lavoro si fa con un occhio in basso, al pascolo, ed un in alto, rivolto verso il cielo, per sapere se pioverà e le cose si complicheranno ancora di più, oppure farà bello.

A volte fa fin troppo bello, con un caldo che non sembra appartenere all’autunno. Non solo cielo limpido, ma pure temperature elevate. Hai persino paura a svestirti, non sembra il caso di essere in maglietta al mese di ottobre, in fondo al mattino c’era la nebbia… Ma a tener la maglia o la camicia si suda e c’è il rischio di ammalarsi.

Come sarà l’autunno? E l’inverno? Il Pastore, ma non solo lui, continua a dire che arriverà tanta neve, farà molto freddo. Chissà se sarà vero… Si vedrà. Ma intanto bisogna far mangiare bene le pecore. Se poi occorrerà fermarle, quello si vedrà al momento. Adesso c’è il sole, fa caldo, e allora via in un altro pezzo.

Questa è la quotidianità del pascolo vagante, come sempre, anno dopo anno. Ognuno più o meno la sua zona, ritrovare i contadini che aspettano l’arrivo del pastore, oppure quelli che, già li si conosce, non vogliono le pecore nei loro prati. Il Pastore però generalmente è ben visto e c’è tutto un giro di casinè che lo accoglie, ce n’è sempre qualcuno che viene a chiacchierare con lui mentre è al pascolo.

Le montagne sono già innevate, c’è stata una prima nevicata che, come sappiamo, ha fatto scendere molti di quelli che erano ancora su. Poi ne seguiranno altre. L’autunno generalmente non è un problema per i pastori, a parte quando piove troppo e si è in terreni di pianura dove l’acqua ristagna. Poi seguirà l’inverno…


Tutto a piedi

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Sabato scorso ho preso parte ad una tappa di una transumanza. E non parlo di un gregge, di un pastore vagante che si avvicina alla pianura pian piano pascolando mentre ridiscende la valle. Sono stata invitata da dei margari a vedere il passaggio della loro mandria nel centro del paese, ultima tappa per raggiungere la loro cascina. Però perchè andare in pianura? Se la transumanza era tutta a piedi, era la montagna che avrei preferito vedere!

Così sabato scorso raggiungo il Colle di Sampeyre, tra la Val Varaita e la Val Maira, senza badare troppo alle previsioni meteo non ottimali. La transumanza era iniziata il giorno prima quando, dai pascoli dell’alpeggio di Elva, si era appunto raggiunto un luogo dove fare sosta lungo l’antica strada militare che percorre tutto lo spartiacque tra le sue vallate. C’era ancora un minimo di visibilità, il maltempo e il freddo già avevano caratterizzato il primo tratto di cammino e la nottata.

Si inizia attaccando un po’ di campanacci. Si sostituiscono quelli “da pascolo” con quelli per la transumanza. Fa freddo e le nuvole si stanno abbassando. La stagione è già decisamente avanzata, per queste quote. Terminato il lavoro, c’è giusto il tempo per un sorso di qualcosa di caldo, un pezzo di cioccolato, poi inizia a piovere.

La pioggia però gira subito in neve. Fa freddo, è ottobre, si è oltre i 2000 metri. La speranza è che non sia una nevicata di lunga durata, sia per la transumanza, sia per venire la sera a recuperare le auto che rimangono lì. Ci si incammina, inizialmente le vacche non sembrano molto convinte di riprendere la strada.

Questo percorso avrebbe potuto essere molto panoramico, è un luogo molto bello. Con il sole, i colori dell’autunno, le montagne innevate sullo sfondo, qui ci sarebbero state da scattare infinite foto. Invece un po’ il freddo, un po’ la pioggia, la neve, la mancanza di panorama, tutto contribuisce ad avanzare quasi meccanicamente, pensando innanzitutto a scaldarsi un po’.

Qua e là ci sono ancora accumuli di neve dei giorni scorsi, di quella prima nevicata che ha fatto scendere la maggior parte di quelli che erano ancora in alpeggio. Adesso sta cadendo nuova neve, che si ferma sulla terra dura, gelata, e sull’erba ingiallita. Qui non c’è più nessuno da tempo, nè bovini, nè il gregge di pecore che pascola questi versanti.

La strada si abbassa un po’ di quota o forse si alzano le temperature, comunque smette di nevicare e piove soltanto più. Gli animali rallentano dove il fondo è più sassoso, il cammino prosegue a passo regolare. Chiedo a Federica se tutti gli anni scendono a piedi in questo modo. “Siamo a Elva da quattro anni, i primi due abbiamo caricato, poi lo scorso anno… Abbiamo pensato di andare giù a piedi. La strada del Vallone adesso è chiusa, fare il giro dall’altra parte a piedi è comunque lungo, prima di arrivare ad un posto dove puoi caricare sui camion. Qui c’è questa strada dove passi senza dar fastidio a nessuno. Abbiamo trovato dei posti dove fare tappa e così…

E così si cammina. Partenza al venerdì, arrivo al martedì, ovviamente ogni giorno bisogna sia spostarsi, sia riuscire a far pascolare gli animali. Si scambia versante, smette di piovere, ma la nebbia resta fitta. I passi percorsi iniziano ad essere tanti, gli animali hanno anche fame, le foglie dei lamponi lungo la strada li attraggono irresistibilmente.

Nel rivedere le foto a distanza di una settimana sembra un po’ di osservare dei quadri, con i colori dell’autunno nel momento migliore della loro bellezza. Quando però uno era lì a camminare nell’umidità, nel freddo, con la stanchezza e la fame che aumentavano, tutto era meno romantico e bucolico.

Anche nel resto della valle il tempo non è migliore, ma almeno abbassandosi di quota si può godere di un po’ di panorama. A modo suo è pittoresco anche questo e, come ho detto molte volte, spiace lasciare la montagna quando sembra che ci possano ancora essere belle giornate per rimanere su. Però Federica e Luana mi raccontano dell’anno scorso, quando faceva così bello, quando si stava in maglietta tanto faceva caldo…

Si vede la meta, finalmente. Sembra vicina, ma tornante dopo tornante, la strada è ancora lunga. Per quel giorno si percorrerà una quindicina di chilometri, dicono i margari. Io questa strada la conoscevo bene dai tempi in cui la frequentavo in mountain bike e l’avevo pedalata sia in salita, sia in discesa. E’ la prima volta invece che la vedo come scenario di una transumanza.

Quasi al colle invece finalmente ecco parte dello spettacolo che si sarebbe potuto ammirare nel corso di tutta la giornata, con le creste, le montagne, i pendii. Ci sono dei motociclisti tedeschi (la Val Maira e le sue strade sono molto amate dagli stranieri) che si affrettano a riprendere la scena e scattare numerose foto.

E’ inevitabile pensare alle transumanze di un tempo, alle transumanze in cui per forza si andava a piedi. Ma non si passava in alta quota, si percorreva qualsiasi strada, perchè erano i percorsi in cui naturalmente transitavano gli animali. I mezzi a motore sono arrivati dopo, ma le strade sono (quasi) solo più loro. Non tutti sono contenti del fatto che una transumanza passi nel centro del paese, emergono mille problematiche nuove, responsabilità, paura che qualcuno di lamenti perchè gli animali “sporcano”.

L’ultimo tratto di cammino per quel giorno. La strada corre in piano, le vacche camminano in fila, cercando di evitare sassi e ghiaia, che già ne hanno pestati a sufficienza. L’asfalto non sarebbe stato meglio. E il viaggio sui camion? Lo stress del salire e scendere sulle pedane, sui piani degli autotreni? Molto meglio questo cammino naturale, anche se lungo.

Sono le 14:00 quando la mandria lascia la strada e sale nel bosco, per uscire nella radura. Sembra tutto giallo e secco, ma dopo qualche istante le vacche abbasseranno la testa ed inizieranno a pascolare. C’è anche una vasca e dell’acqua per farle bere. Per quel giorno il cammino è finito, non si andrà oltre.

Dal pick up vengono scaricati fili e picchetti. La modernità permette di non dover rimanere lì a sorvegliare gli animali al pascolo mentre si va a mangiare un boccone. Appena l’ampio recinto sarà stato fatto, si attaccherà la batteria per la corrente e si potrà andare al coperto a mangiare un meritato boccone di pranzo. Sì, sono le tre del pomeriggio, ma le transumanze e il lavoro non hanno orari definiti.

Finalmente poi arriverà un po’ di bel tempo, quello che si attendeva fin dal mattino. La speranza per i margari è di avere condizioni migliori per i successivi giorni di transumanza, visto che le prime due tappe hanno visto pioggia, neve e nebbia.

Quando c’è il sole, l’autunno e la montagna regalano scorci di rara bellezza, dove gli animali al pascolo aggiungono quella nota di vita che niente altro può dare. Presto la montagna sarà totalmente silenziosa, muggiti e campanacci risuoneranno solo alle quote inferiori, laddove c’è ancora qualcuno che alleva qualche animale. Poi inizierà l’inverno.

Ecco, per concludere, la foto ricordo di tutte le persone che hanno accompagnato la transumanza quel giorno. Ogni tappa vedrà un susseguirsi di amici, di accompagnatori che verranno a dare una mano o anche solo a percorrere qualche chilometro con la mandria, fino alla conclusione con il passaggio attraverso il paese di Busca.


Un passo indietro

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Finalmente il sito delle immagini sembra aver ripreso a funzionare a dovere, quindi anche i vecchi post dovrebbero avere di nuovo tutte le foto al loro posto! Oggi facciamo un passo indietro, vi ho mostrato le discese dall’alpeggio con pioggia e neve, ma ho ancora in arretrato immagini delle settimane precedenti. Nei prossimi giorni invece vi mostrerò gli scatti presi alle varie fiere e vi segnalerò gli appuntamenti (moltissimi!) per il fine settimana.

Queste foto le avevo scattate a fine settembre in Val d’Aosta. Stavo facendo due passi quando, più in basso della strada che stavo percorrendo, ho visto l’inconfondibile chiazza chiara di un gregge. Così sono scesa e l’ho raggiunto. Gli animali erano nel recinto, era poco prima di mezzogiorno, probabilmente erano stati messi al pascolo prima, dato che erano tutti fermi, tranquilli, a ruminare.

Di questo gregge avevo sentito parlare il mese prima quando ero stata a trovare Andrea, il pastore Biellese, a Gressoney. Credo infatti che sia il gregge di un pastore valdostano che, anni fa, era stato nel Bellunese e la cui foto compare nel libro “Transumanze” dell’amico Adolfo Malacarne. Non c’era nessuno in zona, quindi non ho potuto chiedere conferme. Era comunque un gregge con pecore di razze diverse, anche qualche Rosset/incroci ed un buon numero di capre.

Altrove, sempre in Vallée, lungo la strada ho fatto numerosi altri incontri. Più che normale, da queste parti, dove comunque l’allevamento è ancora molto praticato. Siamo a mezza quota, non è alta montagna. Guai non ci fossero gli animali, mancherebbe qualcosa alla vista, all’udito e il paesaggio sarebbe molto molto diverso.

Non mi stancherò mai di ripetere che gli animali selvatici sicuramente possono regalarci grandi emozioni, quando riusciamo ad avvistarli. Ma che dire di quelli domestici che, per di più, sono alla portata di tutti? Questo quadretto era lì, bordo strada, salendo verso il Col di Joux. Mi è bastato accostare, scendere dall’auto e scattare le foto!

A volte mi sembra di essere ripetitiva, ma poi continuo a leggere certi commenti, ascoltare certi discorsi, e allora capisco che bisogna proseguire nello spiegare che questa montagna, la montagna “bella da vedere”, non nasce così. Il paesaggio lo modella l’uomo, lo può fare per esigenze turistiche, di svago, certo, ma il paesaggio che piace, quello che “sembra” naturale, è un bosco che però viene tagliato perodicamente per il legname o, ancora di più, un prato che viene sfalciato, un pascolo che viene utilizzato dagli animali.

Prima della neve ero anche andata a fare una gita in Valle Maira. C’era già stata una prima spruzzata alle quote più alte e quasi me lo sentivo che sarebbe stata l’ultima camminata lassù. L’autunno stava iniziando a dare i suoi primi segnali e molti margari erano già scesi, altri avevano gli animali in basso, per finire l’erba prima di partire.

A questa stagione un giorno c’è un sole splendido, cielo blu e aria ancora tiepida, ma basta poco affinchè tutto cambi rapidamente. I bovini di razza Piemontese mi osservano passare accanto a loro, proprio all’inizio del sentiero. Poco oltre scavalco di nuovo il filo elettrificato del recinto, più a monte non incontrerò nessuno, la stagione d’alpeggio è finita.

Solo il silenzio, lassù. C’è la prima neve, l’erba è ormai bruciata dal secco e dal freddo, dove non batte il sole il terreno è già gelato. Solo ogni tanto i fischi delle marmotte, che si godono l’ultimo sole prima del lungo letargo. Vedo anche un branco di camosci e, per qualche minuto, osservo un ermellino curioso che gioca a nascondino a pochi metri da me.

Anche sul versante francese non c’è più nessuno. Del gregge restano solo le tracce, l’erba brucata, gli escrementi secchi, i sentieramenti sui pendii. Vento e silenzio, la montagna è vuota. La montagna atteneva la neve a coprire i pascoli, a rifornire le falde che alimenteranno i laghi, i torrenti, per la prossima stagione.

Proseguo il cammino, di nuovo in Italia, scendendo in un altro vallone. Mi sembra di sentire una campanella da qualche parte, poi l’abbaiare di un cane. Dovrebbe esserci un gregge, un pastore, in questo alpeggio, ma pensavo fossero già scesi. Trovo tracce inequivocabili della loro presenza, ma risalgono a pochi giorni prima. Alla baita c’è in effetti ancora il recinto, un cane da guardiania, una pecora con gli agnelli…

Ecco, sulla vecchia strada militare che risale dal fondovalle, un’ennesima versione di cartello che segnala la presenza di cani da guardiania, questo è bilingue, in Italiano e Inglese. Ora di togliere anche questo e metterlo da parte per la prossima stagione.

Il gregge doveva essere sceso forse anche solo quel mattino, o il giorno precedente, infatti si trovava sul versante opposto, nei pascoli che utilizza ad inizio e fine stagione. Pascoli aridi, magri, ma adatti per le pecore, un po’ come quelli che si incontrano in Francia.

Ecco ancora uno scorcio panoramico che immediatamente identifica la testata della Val Maira, con il profilo caratteristico della Rocca Provenzale a monte dell’abitato di Chiappera. Guardando questa foto mi viene da chiedermi come poteva essere  il paesaggio qui in tempo, quando sicuramente c’era gente che rimaneva in montagna con gli animali tutto l’anno, non come ora che mandrie e greggi salgono dalla pianura. Quei tempi in cui tutti avevano qualche bestiola, una vacca forse, due pecore, due capre…


Un weekend impegnativo, ma il prossimo…

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Amici appassionati di zootecnia e, soprattutto, delle fiere, siete pronti per una serie di weekend in cui vi sarà sempre più difficile scegliere dove andare? E’ dura, è dura davvero! Già solo qui in Piemonte, dove andare? O dove andare prima?? Questo fine settimana è molto ricco, ma il prossimo sarà ancora meglio!

Iniziamo da questo venerdì 9 ottobre. Sarò a Condove (TO), Val di Susa, a presentare il mio romanzo “Lungo il sentiero” e il libro fotografico “Pascolo vagante 2004-2014”, ore 21:00 presso la Biblioteca Comunale. Nell’ambito della serata gli agronomi Gianpaolo Bruno e Valentina Andrea illustreranno lo studio per la valorizzazione dei pascoli comunali.

Questa serata si inserisce nel ricco calendario della “Fiera della Toma” di Condove. Tutto il programma della manifestazione lo trovate qui sul sito, a partire dal primo appuntamento di questa sera. Sabato 10 e domenica 11 XXVI Fiera della Toma, con bancarelle dei produttori, degustazioni e molto altro ancora.

Sabato 10 l’appuntamento è a Bellino (CN), Val Varaita. Può cadere ovviamente in qualsiasi giorno della settimana, ma la Fiero dei Des… è al dieci! Mostra zootecnica, fiera, bancarelle, tutto nel meraviglioso paesaggio d’alta quota di Pian Melezé.

Per domenica 11 ottobre, altri appuntamenti sono a Corio per gli appassionati di capre e di battaglie, mentre per chi prederisce le pecore, la lana e le transumanze, a Ternengo (BI) c’è la Festa della Lana, con il passaggio di un gregge nel centro del paese (al pomeriggio, ore 15:00). Qui il programma. Voi dove andrete? Io… non ve lo dico, lo scoprirete vedendo le foto su facebook e i post qui sul blog. Comunque… Non ditemi che non vi segnalo per tempo gli appuntamenti!!


Per salvarsi, bisogna differenziare

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Avrei numerose riflessioni da fare. Leggo sull’Eco del Chisone che il prezzo del latte alla stalla è precipitato del 20% in un anno (vi rendete conto che gli allevatori percepiscono intorno a 30-32 centesimi al litro?!?). Allevatori di montagna mi parlano dell’esperienza a Cheese, dove la differenza tra gli incassi e il costo della piazza per 4 giorni è stata di… 200 euro. Gente che va in alpeggio mi spiega che dovrà affrontare un investimento di diverse decine di migliaia di euro per adeguare il caseificio (utilizzato poco più di 2 mesi all’anno), perchè quello che c’era non basta più, adesso si richiedono altri locali, come quello per lavare i bidoni, non lo si può più fare all’aperto alla fontana come prima. Spendi in alpe, spendi in fondovalle, come e quando riuscirai a ripagarti tutto, quando i prodotti poi non rendono come dovrebbero, anche se sono di qualità? Altri ancora si lamentano di quanto hanno incassato vendendo animali al macello: pecore, vacche, capre, poche decine di euro, quando di carne comunque quegli animali sulle ossa ne avevano…

Tutto ciò mi porta ad anticipare ad oggi in post che, in ordine cronologico, avrebbe dovuto seguire altri che devo ancora pubblicare. Sono stata a trovare Mauro Olivero, allevatore, presidente de La Granda, il consorzio che si occupa del rilancio della razza Piemontese e della valorizzazione della carne di qualità. Non sono andata da lui per chiacchierare di queste cose, ma per tutt’altri motivi (pensate un po’… gli ho portato un gatto!). Una volta raggiunta la sua cascina, ovviamente era inevitabile fare un giro dell’azienda ed ascoltare la sua storia.

Non siamo di fronte ad una realtà immensa, ma proprio questa è la filosofia sua e dei soci de La Granda. L’allevamento non è un’industria, la carne di qualità viene da animali allevati in un certo modo, alimentati in maniera corretta, senza integrazioni, ma curando la produzione dei foraggi. Per saperne di più, intanto vi segnalo il sito de La Granda e questo articolo, dove viene riportata un’intervista a Mauro realizzata nello scorso mese di marzo. Mauro mi racconta la sua storia, nato in questa cascina nella pianura cuneese, splendida vista sull’arco alpino e sul Monviso, da giovane si allontana dall’agricoltura per dedicarsi allo sport raggiungendo anche buoni livelli. Un incidente interrompe la sua carriera e torna al settore agricolo, prima lavorando in Coldiretti, poi presso un grosso vivaio. “Giravo per le aziende a consegnare le piante, vedevo tante realtà, mi piaceva, ma ad un certo punto mi sono chiesto perchè, avendo un’azienda a casa, io lavoravo sotto padrone. Erano gli anni della BSE, la carne era in crisi, bisognava fare qualcosa.

Mauro adesso è Presidente dell’associazione, un rinnovamento dedicato ai giovani, per andare avanti, un ruolo che gli piace, ma che ovviamente comporta impegno e responsabilità. Inoltre non è facile tenere uniti gli allevatori, categoria (come molte altre nel settore agricolo e non solo) dov’è facile vedere le cose positive a casa d’altri e quelle negative nella propria. “Adesso c’è la fila di gente che vorrebbe associarsi, ma facciamo un’accurata selezione, perchè sono tutti attirati dal prezzo che riusciamo a spuntare vendendo gli animali, superiore rispetto alla media del mercato, ma c’è dietro tutto un lavoro ed un disciplinare. Come Associazione poi ci autofinanziamo, una piccola somma ogni animale macellato, sia da parte dei soci, sia da parte delle macellerie, una cifra che serve giusto per pagare le spese, la segretaria che segue tutta la burocrazia.

Mi spiega dei progetti con l’università, sui foraggi, mi racconta l’alimentazione che viene fornita agli animali: “Allevo femmine e castrati, al momento produciamo solo carne. Come associazione macelliamo un 210 capi al mese. In Piemonte purtroppo solo due macellerie prendono la nostra carne (vedi elenco punti vendita), le altre non hanno accettato per il prezzo. Buona parte della produzione è assorbita dai vari punti vendita di Eataly.” Mi racconta anche una vicenda assurda riguardante le etichette: oltre a quanto previsto dalla legge, sulle loro etichette erano state inserite informazioni aggiuntive e sono stati bloccati (e multati) per questo.

Continuiamo il giro dell’azienda, la “sala parto”, il toro, gli animali di varie età. Tutto è mandato avanti da Mauro e suo papà. “Da quando ho fatto la scelta della stalla nuova organizzata così, anche per mia mamma è stato un altro carico di lavoro.” Nella Granda aderiscono aziende di contadini anche piccole e piccolissime, con una decina di capi in stalla. Nessun margaro, ma ci sono animali che vengono mandati in alpeggio d’estate, affidati in guardia.

Nonostante tutto, non è facile. Mauro, come tanti sui colleghi di storie che vi ho già raccontato, ci mette una grande, immensa passione. Ovviamente crede in quello che fa, ma non vi sto parlando di una realtà priva di problemi. Si cerca di sopravvivere attraverso questa strada, si fa fatica, si spendono ore a far quadrare i conti, a studiare come migliorare l’azienda. Si dedica anche tempo ed energie per gli altri: nel pomeriggio infatti, tramite Slow Food e Terra Madre, arriveranno in azienda degli allevatori del Burundi, a visitare questa realtà. In serata parleranno ai soci de La Granda della razza allevata al loro paese, uno scambio di conoscenze, punti di vista, esperienze.



A Barcelonnette per la fiera

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Andare o non andare a Barcelonnette? Ci avevo pensato su parecchio, già immaginavo che non avrei trovato molti animali, quest’anno, però… Alla fine è sempre un bel posto, i mercati francesi mettono allegria ed è un’occasione per vedere qualcosa di diverso dal solito.

E così sono partita, in un bel sabato di fine settembre, luci e colori autunnali. Il viaggio è comunque lungo, c’è da raggiungere Cuneo, risalire la Valle Stura e poi scendere fino alla cittadina di Barcelonnette, dove c’è già un bel po’ di traffico. Tutte le vie sono invase dalle bancarelle del mercato, poi si arriva alla piazza centrale, dove ci sono gli animali. Da una parte bovini, qualche cavallo, strane pecore dalle lunghe corna che qualcuno mi dice essere di origine ungherese.

Pecore, agnelloni, montoni, ecc. sono nella parte centrale della fiera. Effettivamente non ci sono tanti animali, sempre di meno rispetto agli anni precedenti, ma c’è un motivo molto semplice. La festa del Sacrificio è appena avvenuta, tutti gli agnelloni sono stati venduti in quell’occasione. Evidentemente anche qui in Francia le fiere zootecniche stanno perdendo di importanza e non è più tanto questo il posto dove si contratta, si vende, si acquista.

Ci sono pastori, ci sono contadini, allevatori. La fiera è comunque il luogo dove ci si incontra, si chiacchiera, si commenta. Forse all’estero più che “in casa”, ci si può aggirare per le fiere annusando quest’atmosfera particolare, come semplici osservatori, cogliendo attimi di vita.

Non mancano le campane e chi le acquista, ovviamente prevalgono quelle per pecore e capre, con tanto di canaule in legno. I prezzi non sono economici, ci sono anche pastori italiani che sollevano, fanno suonare, ascoltano, valutano. Ce n’è per tutte le tasche, ovviamente dipende dall’uso che si vuole fare della campana, se se ne cerca una da utilizzare al pascolo o una più importante.

Si può comprare una campana per qualcun altro? E’ una cosa molto difficile, la scelta di una campana è così personale! Non è solo il suono di quella singola campanella, ma è anche il pensarla inserita nella sinfonia, nell’armonia delle altre campane che già si hanno nel gregge. L’orecchio si forma man mano, crescendo, di pari passo con la passione.

In giro per la fiera si possono fare acquisti di ogni tipo, oppure anche solo girare tra le bancarelle ammirando, lasciandosi riempire gli occhi dai colori, il naso dai profumi. Ci sono anche qui, come in Italia, bancarelle di abbigliamento dozzinale e prodotti alimentari industriali, ma anche molto, moltissimo artigianato e aziende agricole. Ci sono pure tocchi etnici e multiculturali.

Qui il cibo da strada è anche questo stand dove in enormi padelle si cucina la paella, la pasta ai frutti di mare o si friggono seppie e calamari. Alla fine della giornata non ci saranno che pochi avanzi, nel fondo delle padelle. Molti comprano per portare a casa, altri mangeranno da qualche parte sulle panchine, in giro per Barcelonnette.

Sono anche moltissimi quelli che vanno a pranzare nei numerosi locali sparsi per l’intero paese, nelle vie e sulle piazze. Fuori tutti hanno lavagnette con il menù del giorno, si può mangiare anche all’aperto, l’aria fresca del mattino ha lasciato il posto ad un bel sole caldo di inizio autunno.

Ancora un giro per la fiera, sono finiti i discorsi ufficiali dal palco, la gente sta pranzando, così si riescono a fotografare meglio le bancarelle. Formaggi, salumi, miele, dolci, frutta, verdura. Qui sono molto comuni dei grossi blocchi di gelatina di frutta, che vengono tagliati sul posto, e forme di torrone morbido ricoperte da frutta secca. Come sempre, noto che in Francia le normative sul confezionamento e vendita degli alimenti sono meno restrittive rispetto a quanto accade da noi.

La dimostrazione di tosatura è già avvenuta, qualcuno dei passanti allunga la mano a toccare un ciuffo di lana. Nel primo pomeriggio si inizierà a caricare gli animali per riportarli al pascolo, nelle varie aziende più o meno lontane.

In quel momento sono tutti in paziente attesa. Chissà se ci sono stati vendite e acquisti? Alcuni credo che siano commercianti, altri allevatori. Gli Italiani che incontro commentano sulla qualità non elevata degli animali presenti quest’anno, sia come pecore, sia come montoni, a parte qualche eccezione.

Permettetemi un appunto sulla “pecora italiana” in questo box. Il confine non è lontano… Non si tratta di un animale esotico, avrebbero potuto scrivere la razza e poi, sotto, aggiungere Italia.

Lascio la fiera e riprendo la via del ritorno. Ogni paesino meriterebbe una sosta e tante foto ai panorami, ai dettagli, ai colori dell’autunno, ma il viaggio è lungo e le giornate si fanno via via più corte. Non riesco a resistere almeno a fotografare qualche piccolo gregge al pascolo accanto ai villaggi. Le grosse greggi sono ormai quasi tutte scese dagli alpeggi, restano qui le pecore “residenti”, che affronteranno l’inverno alpino in stalla.

Quando ero passata al colle (della Maddalena per gli Italiani, di Larche per i Francesi) avevo visto delle reti tirate lungo la strada, al mattino. Adesso però, in queste reti, c’è ancora un gregge al pascolo. Cani da guardiania non ce ne sono, il “recinto” è ampio, così non riesco a resistere ed entro nelle reti. Mi muovo piano, con circospezione, affinchè gli animali non si spaventino per la mia presenza, e infatti continuano a pascolare indisturbati.

Il colore di queste pecore si confonde con il panorama, con l’erba secca. Ormai c’è più poco da mangiare, ma il gregge bruca avidamente e gli animali sono in buon stato, più belli di molti di quelli appena visti alla fiera. Sole, vento, cielo in cui si rincorrono le nuvole, il gregge tutto intorno, potevo rimanere lì ore a guardare gli animali e scattare foto.

C’è anche un grosso montone con un rudun dal suono grave. Sulla schiena ha la floucà, probabilmente è un castrato, il suo ruolo è quello di guida e di capo-gregge, infatti anche lì nelle reti le pecore si spostano ora avanti, ora indietro, sempre pascolando, seguendo i suoi movimenti.

Non manca un buon numero di capre, soprattutto di razza Rove, belle grasse e con il pelo lucido. Questi animali, visti in Francia, sembrano sempre particolarmente possenti, mentre in Italia danno l’impressione di avere una taglia inferiore. Forse la ragione è da vedere nel fatto che oltralpe svettano sopra al gregge di merinos, di taglia inferiore rispetto alle Biellesi o alle Bergamasche.

Ancora qualche minuto con il gregge, poi bisogna ripartire. Ci sono pecore anche in Italia, numerosi greggi, uno accanto alla strada composto da moltissimi agnelli e le loro mamme. Passato il confine però cambia il tempo, appena oltre il colle il sole svanisce, le nuvole prendono il sopravvento e, appena inizio la discesa tra i tornanti, inizia pure a piovere, così non mi fermo più a scattare altre foto. Tornerò in Francia magari per la Fiera di Guillestre, in ottobre, il 19…


Il weekend più impegnativo dell’anno

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Il prossimo (ma anche il successivo non scherza!) sarà un altro weekend molto impegnativo. Anche questa settimana vi segnalo con sufficiente anticipo gli appuntamenti, affinché possiate prendere nota e decidere dove andare. Da dove iniziare? Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Valsesia, frazione Doccio di Quarona (VC), XXI edizione della Fiera Valsesiana d’Ottobre, domenica 18 ottobre. Val Pellice, Villar Pellice (TO), Fiera d’Autunno, sempre domenica 18 ottobre. Per quest’anno a Villar si prevedono 350 bovini, oltre a capre e pecore. Aosta, stessa data, finale della Battaglia delle Reines all’arena della Croix Noire. Valle Po, a Paesana (CN), rassegna dell’artigianato, agricoltura, zootecnia e piccoli frutti, 17° edizione. Dal 17 al 19 ottobre, Fiera di San Luca a Guillestre (Francia). La rassegna zootecnica e il mercato agricolo si tengono lunedì 19. Sempre in Francia, a la Brigue, domenica 18 Festa della pecora Brigasca (qui).

A Lanzo (TO), si terrà Animalanzo. In questa occasione vi sarà anche la seconda finale regionale del Confronto delle capre (7° edizione). Qui tutto il programma.

Bassa Val di Susa (TO), Almese, frazione Milanere, 2° Fiera Agricola Zootecnica. Qui il programma.

A Coazze (TO), Valsangone, XV Festa rurale del Cevrin di Coazze, domenica 18 ottobre. Qui potete scaricare l’intero programma della manifestazione. Vi ricordo, sabato sera (17 ottobre), ore 21:00, presso il Palafeste nel Parco Comunale, presentazione del mio romanzo “Lungo il sentiero”. Domenica, oltre alla mostra mercato, mostra della razza bovina Barà e mostra caprina. Sul depliant leggo razza “Camosciata delle Alpi”, ma a quanto ne so io e a quanto vedo anche nelle foto del depliant, sugli alpeggi di Coazze salgono dei bellissimi esemplari di capre di razza Valdostana. Andrò a controllare di persona e vi dirò! La sfilata e la premiazione degli animali è in programma per le ore 17:30.


Fiera di Sampeyre

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Fiere, fiere, fiere. Non faccio in tempo a segnalarvi quelle che ci saranno e raccontarvi quelle a cui ho partecipato! Torniamo alla fine di settembre, quando si è tenuta a Sampeyre, val Varaita (CN), la Fiera di San Michele, Sagra delle Raviole.

C’ero già stata quasi per caso lo scorso anno. Quest’anno invece ero presente anche con la mia bancarella, tentando di vendere libri, ma alle fiere evidentemente il pubblico preferisce il genere agro-alimentare. In effetti non mancavano frutta e verdura di stagione, in tutte le forme e colori.

La nuova tendenza delle fiere, ultimamente, vede spesso la partecipazione di questi animali dal lungo pelo, bovini della razza Highland. Non c’è vallata dove non vi sia almeno un allevamento e, ovviamente, alle fiere riscuotono un buon successo, almeno dal punto di vista della curiosità. Sempre così, con le cose nuove!

Pian piano vengono allestite le bancarelle. Questo signore l’avevo già incontrato lo scorso anno, è un appassionato artigiano, uno dei produttori di campane che ancora portano avanti, in modo hobbystico, questa tradizione e passione.

Gli animali iniziano ad occupare i vari spazi a loro destinati. Qui in Val Varaita per gli equini la tradizione vuol dire cavalli Merens. Poi c’è anche qualche asino, che riscuote simpatia e apprezzamento anche dei bambini. Il tempo pian piano migliora e sembra scongiurato il rischio di pioggia, che invece si temeva al mattino presto.

Nel parco giochi sono anche ospitati gli animali più piccoli. Conigli, galline e capre. Mancano le pecore, ma quelle arriveranno sfilando nel centro del paese più tardi, subito dopo l’inaugurazione ufficiale della fiera. Le capre invece scendono da mezzi appositi… ed altri meno, ma il viaggio non è stato lungo, tutte le aziende partecipanti sono locali.

Gran parte della fiera è dedicata a ciò che offre il territorio in tutti i settori dell’artigianato. La Valle Varaita è anche la valle del legno e dei mobili rustici.

Da segnalare lo stand del progetto GESTALP, con i trasformati a base di carne locale. Questo progetto (qui qualche informazione in più) è stato ideato per valorizzare in modo sostenibile le risorse del territorio, legname e carne in particolar modo.

Continuando a girare per Sampeyre (la fiera coinvolge un po’ tutto il centro del paese), si possono via via ammirare gli animali in rappresentanza delle varie razze allevate sul territorio. In questo caso si tratta delle Pezzate Rosse dell’azienda Martino di Becetto, collocata stabilmente in valle tutto l’anno.

Anche quest’anno era stato organizzato il triathlon del boscaiolo, manifestazione forestal-sportiva che vedeva impegnati diversi professionisti del settore, accanto all’area espositiva dedicata a tutte le attrezzature forestali. Le diverse sfide avrebbero premiato sia la velocità, sia l’abilità e precisione dei partecipanti.

Nella piazza centrale invece veniva data dimostrazione di abilità e arte, con la realizzazione di sculture lignee utilizzando la motosega. Sicuramente l’unione di più attività e aspetti della vita in valle era gratificante per il pubblico, oltre a dimostrare come, da queste parti, sia sempre di più la multifunzionalità a tenere in vita le aziende, la gente che ancora cerca di lavorare e investire in montagna.

Gli Highland brucano pacificamente il loro fieno. La loro proprietaria mi spiega che, in inverno, l’azienda si trasferisce in periferia di Torino, sulle pendici del Monte Musinè. Qui hanno affittato dei terreni abbandonati, che pian piano vengono recuperati con il pascolamento di questi “strani” animali, molto rustici ed adatti alla vita all’aria aperta.

Adesso però è ora di veder arrivare gli animali! Vado a cercare il gregge, che sta pascolando in una frazione sopra a Sampeyre. A dire la verità le greggi sono due, di due proprietari diversi. Attendono l’invito a partire, prima devono terminare i discorsi ufficiali in piazza, poi ci si mette in marcia.

La maggior parte delle persone attende in centro, ma il bello è accompagnare gli animali mentre passano tra le case. Per quante volte uno possa aver visto e vissuto questi momenti, sono sempre e comunque emozionanti.

Nel centro di Sampeyre però le pecore si spaventano per la troppa gente presente, così si bloccano e non vogliono più andare avanti. Bisognerà faticare un po’ per convincerle e far riprendere loro il cammino, poi ripartiranno di corsa verso il recinto che le ospiterà fino alla fine della fiera.

Silano gli animali, ma continuano anche a sfilare, apparendo qua e là, degli allegri giovani musicisti, in modo da animare la manifestazione. Arriva l’ora di pranzo, si va a mangiare raviole, poi riprenderà l’afflusso del pubblico, in attesa del passaggio della mandria al pomeriggio.

Ormai in sempre più manifestazioni di questo tipo si sta scegliendo la formula della “sfilata” degli animali, transumanza vera o fittizia. In questo caso coincide veramente con la discesa dall’alpeggio di questa mandria. E’ un momento di lavoro, ma è anche un’attrazione per tutti, per la gente del paese e per i turisti venuti alla fiera.

Si passa nel centro del paese con i rudun e tutti escono a vedere. Anche grazie a queste iniziative la transumanza torna ad essere una vera festa. Penso a quei paesi dove invece si costringono gli allevatori a fare dei lunghi giri per evitare il passaggio nel centro abitato, perchè gli animali sporcano, perchè è un disagio.

Qui invece si cammina tra due ali di folla, nella speranza che la gente capisca che questo non è un gioco, non è solo uno spettacolo, ma è un bel momento di tradizione e lavoro. Da sempre la transumanza è una festa, sia quando si sale, sia quando si scende dalla montagna, e questo deve poter avvenire a testa alta, senza essere trattati come dei delinquenti solo perchè si osa “invadere” le strade asfaltate.

La transumanza attraversa tutto il centro, poi via via passa oltre, gli animali verranno poi caricati sui camion e torneranno in fondovalle, in pianura, in cascina. Alla prossima fiera, allora! Ormai bene o male le transumanze sono concluse, ma il mese di ottobre e quello di novembre sono ancora molto ricchi di appuntamenti per tutti gli appassionati della zootecnia e dei suoi prodotti.


Ormai è pascolo vagante

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Da quando il pascolo vagante è, per me, solo un far visita agli amici e non un’attività quotidiana, ovviamente ve ne parlo meno che un tempo. Ma tutto continua, per i pastori. Ci sono state le transumanze, chi a piedi, chi con i camion, e le greggi bene o male ormai sono quasi tutte in pianura.

Anche il Pastore è sceso, pecore e capre sono arrivate nei prati e nelle stoppie della pianura. Sappiamo come l’estate non sia stata proprio delle migliori per quanto riguarda la qualità dell’erba. E in pianura, cosa c’è quest’autunno? Sappiamo come i pastori siano facilmente inclini alla lamentela… E infatti sembrano non essere soddisfatti di quello che incontrano, per lo meno in alcune zone.

Il caldo, la siccità, hanno fatto sì che inizialmente la terra fosse dura, così dura che si faticasse persino a piantare i picchetti delle reti. E l’erba? Tanto baraval, (setaria in Italiano), un’erba con una spiga dura e sgradita agli animali. Un pascolo quindi non di buona qualità. Le pecore mangiano solo ciò che piace loro e poi, per saziarle, occorre dare un altro pezzo. Quindi i prati “durano poco”, se ci fosse erba buona, in ciascuno il gregge pascolerebbe più a lungo.

Nonostante le lamentele estive, alla fine il gregge è sceso bello, come sempre. Ci saranno pecore più in forma ed altre meno, ma la media degli animali fa bella figura. Qualcuna poi è particolarmente in carne, ma con questo gregge si va sul sicuro!

Ci sono anche le pecore con gli agnelli, in un gregge separato, magari in prati con erba un po’ migliore, perchè queste pecore devono avere il latte per crescere i piccoli. Come sempre, il lavoro si fa con un occhio in basso, al pascolo, ed un in alto, rivolto verso il cielo, per sapere se pioverà e le cose si complicheranno ancora di più, oppure farà bello.

A volte fa fin troppo bello, con un caldo che non sembra appartenere all’autunno. Non solo cielo limpido, ma pure temperature elevate. Hai persino paura a svestirti, non sembra il caso di essere in maglietta al mese di ottobre, in fondo al mattino c’era la nebbia… Ma a tener la maglia o la camicia si suda e c’è il rischio di ammalarsi.

Come sarà l’autunno? E l’inverno? Il Pastore, ma non solo lui, continua a dire che arriverà tanta neve, farà molto freddo. Chissà se sarà vero… Si vedrà. Ma intanto bisogna far mangiare bene le pecore. Se poi occorrerà fermarle, quello si vedrà al momento. Adesso c’è il sole, fa caldo, e allora via in un altro pezzo.

Questa è la quotidianità del pascolo vagante, come sempre, anno dopo anno. Ognuno più o meno la sua zona, ritrovare i contadini che aspettano l’arrivo del pastore, oppure quelli che, già li si conosce, non vogliono le pecore nei loro prati. Il Pastore però generalmente è ben visto e c’è tutto un giro di casinè che lo accoglie, ce n’è sempre qualcuno che viene a chiacchierare con lui mentre è al pascolo.

Le montagne sono già innevate, c’è stata una prima nevicata che, come sappiamo, ha fatto scendere molti di quelli che erano ancora su. Poi ne seguiranno altre. L’autunno generalmente non è un problema per i pastori, a parte quando piove troppo e si è in terreni di pianura dove l’acqua ristagna. Poi seguirà l’inverno…


Tutto a piedi

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Sabato scorso ho preso parte ad una tappa di una transumanza. E non parlo di un gregge, di un pastore vagante che si avvicina alla pianura pian piano pascolando mentre ridiscende la valle. Sono stata invitata da dei margari a vedere il passaggio della loro mandria nel centro del paese, ultima tappa per raggiungere la loro cascina. Però perchè andare in pianura? Se la transumanza era tutta a piedi, era la montagna che avrei preferito vedere!

Così sabato scorso raggiungo il Colle di Sampeyre, tra la Val Varaita e la Val Maira, senza badare troppo alle previsioni meteo non ottimali. La transumanza era iniziata il giorno prima quando, dai pascoli dell’alpeggio di Elva, si era appunto raggiunto un luogo dove fare sosta lungo l’antica strada militare che percorre tutto lo spartiacque tra le sue vallate. C’era ancora un minimo di visibilità, il maltempo e il freddo già avevano caratterizzato il primo tratto di cammino e la nottata.

Si inizia attaccando un po’ di campanacci. Si sostituiscono quelli “da pascolo” con quelli per la transumanza. Fa freddo e le nuvole si stanno abbassando. La stagione è già decisamente avanzata, per queste quote. Terminato il lavoro, c’è giusto il tempo per un sorso di qualcosa di caldo, un pezzo di cioccolato, poi inizia a piovere.

La pioggia però gira subito in neve. Fa freddo, è ottobre, si è oltre i 2000 metri. La speranza è che non sia una nevicata di lunga durata, sia per la transumanza, sia per venire la sera a recuperare le auto che rimangono lì. Ci si incammina, inizialmente le vacche non sembrano molto convinte di riprendere la strada.

Questo percorso avrebbe potuto essere molto panoramico, è un luogo molto bello. Con il sole, i colori dell’autunno, le montagne innevate sullo sfondo, qui ci sarebbero state da scattare infinite foto. Invece un po’ il freddo, un po’ la pioggia, la neve, la mancanza di panorama, tutto contribuisce ad avanzare quasi meccanicamente, pensando innanzitutto a scaldarsi un po’.

Qua e là ci sono ancora accumuli di neve dei giorni scorsi, di quella prima nevicata che ha fatto scendere la maggior parte di quelli che erano ancora in alpeggio. Adesso sta cadendo nuova neve, che si ferma sulla terra dura, gelata, e sull’erba ingiallita. Qui non c’è più nessuno da tempo, nè bovini, nè il gregge di pecore che pascola questi versanti.

La strada si abbassa un po’ di quota o forse si alzano le temperature, comunque smette di nevicare e piove soltanto più. Gli animali rallentano dove il fondo è più sassoso, il cammino prosegue a passo regolare. Chiedo a Federica se tutti gli anni scendono a piedi in questo modo. “Siamo a Elva da quattro anni, i primi due abbiamo caricato, poi lo scorso anno… Abbiamo pensato di andare giù a piedi. La strada del Vallone adesso è chiusa, fare il giro dall’altra parte a piedi è comunque lungo, prima di arrivare ad un posto dove puoi caricare sui camion. Qui c’è questa strada dove passi senza dar fastidio a nessuno. Abbiamo trovato dei posti dove fare tappa e così…

E così si cammina. Partenza al venerdì, arrivo al martedì, ovviamente ogni giorno bisogna sia spostarsi, sia riuscire a far pascolare gli animali. Si scambia versante, smette di piovere, ma la nebbia resta fitta. I passi percorsi iniziano ad essere tanti, gli animali hanno anche fame, le foglie dei lamponi lungo la strada li attraggono irresistibilmente.

Nel rivedere le foto a distanza di una settimana sembra un po’ di osservare dei quadri, con i colori dell’autunno nel momento migliore della loro bellezza. Quando però uno era lì a camminare nell’umidità, nel freddo, con la stanchezza e la fame che aumentavano, tutto era meno romantico e bucolico.

Anche nel resto della valle il tempo non è migliore, ma almeno abbassandosi di quota si può godere di un po’ di panorama. A modo suo è pittoresco anche questo e, come ho detto molte volte, spiace lasciare la montagna quando sembra che ci possano ancora essere belle giornate per rimanere su. Però Federica e Luana mi raccontano dell’anno scorso, quando faceva così bello, quando si stava in maglietta tanto faceva caldo…

Si vede la meta, finalmente. Sembra vicina, ma tornante dopo tornante, la strada è ancora lunga. Per quel giorno si percorrerà una quindicina di chilometri, dicono i margari. Io questa strada la conoscevo bene dai tempi in cui la frequentavo in mountain bike e l’avevo pedalata sia in salita, sia in discesa. E’ la prima volta invece che la vedo come scenario di una transumanza.

Quasi al colle invece finalmente ecco parte dello spettacolo che si sarebbe potuto ammirare nel corso di tutta la giornata, con le creste, le montagne, i pendii. Ci sono dei motociclisti tedeschi (la Val Maira e le sue strade sono molto amate dagli stranieri) che si affrettano a riprendere la scena e scattare numerose foto.

E’ inevitabile pensare alle transumanze di un tempo, alle transumanze in cui per forza si andava a piedi. Ma non si passava in alta quota, si percorreva qualsiasi strada, perchè erano i percorsi in cui naturalmente transitavano gli animali. I mezzi a motore sono arrivati dopo, ma le strade sono (quasi) solo più loro. Non tutti sono contenti del fatto che una transumanza passi nel centro del paese, emergono mille problematiche nuove, responsabilità, paura che qualcuno di lamenti perchè gli animali “sporcano”.

L’ultimo tratto di cammino per quel giorno. La strada corre in piano, le vacche camminano in fila, cercando di evitare sassi e ghiaia, che già ne hanno pestati a sufficienza. L’asfalto non sarebbe stato meglio. E il viaggio sui camion? Lo stress del salire e scendere sulle pedane, sui piani degli autotreni? Molto meglio questo cammino naturale, anche se lungo.

Sono le 14:00 quando la mandria lascia la strada e sale nel bosco, per uscire nella radura. Sembra tutto giallo e secco, ma dopo qualche istante le vacche abbasseranno la testa ed inizieranno a pascolare. C’è anche una vasca e dell’acqua per farle bere. Per quel giorno il cammino è finito, non si andrà oltre.

Dal pick up vengono scaricati fili e picchetti. La modernità permette di non dover rimanere lì a sorvegliare gli animali al pascolo mentre si va a mangiare un boccone. Appena l’ampio recinto sarà stato fatto, si attaccherà la batteria per la corrente e si potrà andare al coperto a mangiare un meritato boccone di pranzo. Sì, sono le tre del pomeriggio, ma le transumanze e il lavoro non hanno orari definiti.

Finalmente poi arriverà un po’ di bel tempo, quello che si attendeva fin dal mattino. La speranza per i margari è di avere condizioni migliori per i successivi giorni di transumanza, visto che le prime due tappe hanno visto pioggia, neve e nebbia.

Quando c’è il sole, l’autunno e la montagna regalano scorci di rara bellezza, dove gli animali al pascolo aggiungono quella nota di vita che niente altro può dare. Presto la montagna sarà totalmente silenziosa, muggiti e campanacci risuoneranno solo alle quote inferiori, laddove c’è ancora qualcuno che alleva qualche animale. Poi inizierà l’inverno.

Ecco, per concludere, la foto ricordo di tutte le persone che hanno accompagnato la transumanza quel giorno. Ogni tappa vedrà un susseguirsi di amici, di accompagnatori che verranno a dare una mano o anche solo a percorrere qualche chilometro con la mandria, fino alla conclusione con il passaggio attraverso il paese di Busca.


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